’Ay‘a’el

aleph-yod-ayin

Io vedo al di là delle apparenze

Dal 19 al 24 febbraio

Hanno assoluta necessità di una vetta, e di starci sopra da soli: il loro sguardo deve poter spaziare libero su tutto l’orizzonte, a tu per tu con il cielo. Da lassù i guai, i pensieri, i progetti di tutti (anche i loro stessi) appaiono talmente piccoli da sorriderne; e solo le altre vette, lontane, sembrano meritare attenzione. George Washington scolpito sul picco del Monte Rushmore: ecco un ’Ay‘a’el perfettamente realizzato, immortalato nell’espressione e nel luogo a lui più congeniali. O anche Copernico, che medita sul sistema solare voltando le spalle alla terra che non lo capisce; o Chopin che, lontano dalla Polonia, cesella metafisici valzer, vertiginosamente inadatti a chi voglia ballare: anche questi furono ’Ay‘a’el fedelissimi alla consegna.

Ma altrettanto profonda, in tutti gli ’Ay‘a’el, è l’esigenza di scendere e comunicare, agli altri mortali, almeno un po’ di ciò che si impara là in cima. Senza grande entusiasmo, è vero, e soprattutto senza aspettarsi gran che dalla valle, ma un loro senso del dovere sociale non li lascerebbe in pace se tentassero di fare soltanto i solitari

E tutta la loro sorte dipende dall’equilibrio che riescono a stabilire tra queste direzioni dell’animo. Non è facile, e molti non reggono. A valle si sentono invischiati, soffocati, incompresi: in parte lo sono davvero; in parte architettano loro stessi, senza accorgersene, situazioni che li deludano e che giustifichino il loro ritorno sulle amate vette, via dalla gente che non merita. Dispongono, a tale scopo, di un loro repertorio di tecniche infallibili: possono per esempio eccedere nell’idealismo, e misurare tutti quanti (anche i famigliari) con un metro troppo severo; oppure esagerano nella generosità, per poi potersi sentire mal ripagati; o anche, nei casi più drammatici, riescono a boicottare le loro stesse realizzazioni, a mandare in rovina un’opera notevole o una carriera – appunto perché li faceva sentire troppo imprigionati nel mondo consueto. La loro congenita incapacità di ascoltare le critiche li asseconda perfettamente, in tale specie di perversioni. Fu per questa via che l’imbronciato, sdegnosissimo ’Ay‘a’el Arthur Schopenhauer arrivò a teorizzare la ragionevolezza del suicidio come metodo per sottrarsi alle illusioni e alle inerzie del mondo. E nel brusco finale di carriera dell’’Ay‘a’el Bettino Craxi ebbe una parte notevole, io credo, anche un irresistibile impulso alla fuga, da ’Ay‘a’el esasperato. Anche la sua scelta della Tunisia come luogo d’esilio è, quanto a questo, significativa: non è necessario che una vetta sia proprio in montagna, a volte basta che sia semplicemente a distanza, e che guardando verso l’orizzonte si veda lontano – come là in Tunisia, tra i deserti e il mare.

Frequenti, purtroppo, tra gli ’Ay‘a’el di minore respiro sono anche altre «vette» più facilmente raggiungibili: alcol, droga. Peter Fonda era nato il 23 febbraio: e i motociclisti del suo film Easy Rider erano molto ayaelici, i loro chopper erano modelli tecnologici di vette semoventi, con lo scintillio, come di nevi, dei tubi cromati, e tutt’intorno le sconfinate highways; è triste, ma in perfetta coerenza con il suo Angelo, il fatto che poi Peter non abbia più fatto nulla: come se più di tanto non fosse necessario, per uno che ama stare da solo. Oltre ai narcotici e agli eccitanti, gli ’Ay‘a’el possono scegliere come forma di isolamento dal mondo anche la depressione: Johnny Cash, per esempio, uno dei massimi cantanti country statunitensi, riuscì a collezionare tutte e tre le varietà di guai; fu una reazione, si disse, ai traumi dell’adolescenza e a un amore infelice: ma è altrettanto probabile che fosse semplicemente fretta e approssimazione nel trovare sollievo ai bisogni che il suo Angelo gli aveva assegnato.

Un po’ di equilibrio, ripeto, un po’ di pazienza: è tutto lì il segreto perché la vita sorrida a questi eremiti a metà. Un buon punto di equilibrio può essere, per loro, una qualsiasi forma di podio: il palcoscenico d’un teatro, un ufficio da dirigente, o una cattedra – universitaria possibilmente, poiché gli ordini di scuole inferiori impegnano troppo; e meglio di tutto in filosofia: l’’Ay‘a’el Benedetto Croce vi si trovò comodissimo, per decenni. Anche un pulpito può fare al caso, tanto più che raramente gli ’Ay‘a’el sono tagliati per il matrimonio e la paternità; o una passione costante per qualche mistica illustre e raffinata; o anche soltanto un’automobile un po’ più ricercata, che li faccia sentire speciali nel traffico urbano o nell’irrimediabile banalità di un’autostrada. In mancanza d’altro, anche un senso imperterrito della propria dignità può bastare – purché, certo, sia garantito un weekend contemplativo, dovunque sia ma lontano e in silenzio.

 

Testo per gentile concessione di Igor Sibaldi, estratto dal Libro degli Angeli

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