Hahewuyah

heth-he-waw

Io trovo sempre l’equilibrio tra la libertà e i divieti

Dal 18 al 23 luglio

Solo quando si accorgono della loro incredibile anima da Robin Hood, gli Hahewuyah cominciano veramente a vivere: e ciò può avvenire relativamente presto, come fu per l’Hahewuyah Ernest Hemingway, che a diciannove anni si sentiva un Robin fra le trincee del Piave, e a venti venne decorato al valore; oppure (ed è il caso più frequente) dopo i quaranta o ancora oltre. Ma all’età i protetti di questo Trono non attribuiscono alcun valore: in qualunque anno della loro vita si risveglino a se stessi, si scoprono vigorosi, ottimisti, impazienti e traboccanti di futuro come il più disobbediente dei bambini. E subito fanno della disobbedienza un’arte, una missione addirittura: portano nel mondo (sentono di essere nati per questo) un principio di libertà assoluta, indifferente a qualsiasi legge o consuetudine; ne danno l’esempio, la predicano anche con grande piacere, e si impegnano a convertire i loro amici alla scoperta dei grandi tesori che il filo spinato del senso di colpa proibisce ai più. Gli Hahewuyah conoscono varchi speciali in quel confine terribile. Sanno che il senso di colpa è il più contagioso dei disturbi della personalità, e che ogni individuo civilizzato se ne porta appresso quantità enormi: ma sanno anche di averne il vaccino, di essere anzi il vaccino loro stessi. Perciò sono tanto spesso esplosivi, esibizionisti: non è affatto egocentrismo, è altruismo, è l’urgenza di questi medicine-men di fare pubblicità a se stessi, alle virtù risanatrici della loro presenza.

Il loro messaggio è semplicissimo: sentirsi in colpa per un’azione commessa è una viltà, è solo una scusa per non crescere. Non è il passato che determina la tua vita, ma il futuro: tu sei più grande di te (di ciò che credi di essere), accorgitene, dimostralo a te stesso! Te lo impediscono soltanto le convinzioni altrui, ciò che gli altri credono di sapere di te, e di se stessi: ma anche loro sono più grandi di quel che sanno, e dunque impara a non lasciartene frenare. Tutto qui. All’atto pratico, ciò significa addestrarsi a perdonare se stessi innanzitutto, e gli altri di conseguenza: non chiedere conto, non imporsi né imporre punizioni o risarcimenti, non legarsi ai propri rancori, non fermarsi a contare e a sorvegliare i propri nemici, riconciliarsi non appena è possibile, e se è impossibile, dimenticarsene. L’enorme risparmio energetico che ne deriva per la nostra psiche si trasforma immediatamente in vitalità, creatività, potenza d’immaginazione e disponibilità alla gioia. Gli Hahewuyah risvegliati giurano che questa superiorità verso il passato è anche il culmine della sincerità verso se stessi, e l’unico modo di essere veramente sinceri con gli altri. Gli si potrebbe obiettare che una società ha comunque bisogno di leggi e di tutori dell’ordine sia interiori, sia esteriori; ma vi risponderebbero che una società ha bisogno di uomini liberi e sani, e che ognuno ha soprattutto bisogno di se stesso. È un’opinione condivisibile? A loro non importa il vostro parere, pensano soltanto che sia utile e urgente, e proseguono dritti per la loro strada, lasciando che il loro fascino, il loro coraggio, le loro opere parlino per loro. Alessandro Magno era un Hahewuyah, e così Petrarca, che pur essendo un ecclesiastico non si fece alcun problema a dedicare un palpitante Canzoniere alla signorina Laura de Sade; sono Hahewuyah provocatori celebri ed eroici come Nelson Mandela, Beppe Grillo e Marcuse, che trasse anche dal suo Angelo (lo sapesse o no) il suo capolavoro,Ragione e rivoluzione; e anche Cesare Zavattini, con la sua anarchia surreale, provocatoria e gioiosa (si pensi a Miracolo a Milano), e quella specie di Robin Hood dell’entertainment che è Robin Williams. Quale professione si trovino a esercitare gli Hahewuyah in contesti più tranquilli dei precedenti, non ha – neppure questo – alcuna importanza per loro. Sicuramente qualsiasi carica direttiva li fa sentire più a loro agio, e nelle pubbliche relazioni sono perfetti, ma non sono tipi da lasciarsi condizionare dalle regole dell’impiego: ovunque troveranno il modo di diventare leader, di crearsi un palcoscenico dal quale impressionare chi li circonda. Inoltre, hanno una grazia tutta particolare nel licenziarsi, appena un posto viene loro a noia, e non mancano mai della grinta per trovare poco dopo qualcosa di meglio. Sanno usare le circostanze, invece di venirne usati – e anche in questo non fanno che ribadire i punti essenziali del loro personale Vangelo.

Difetti, ne hanno moltissimi: ma in genere li portano con eleganza – e poi, più che di difetti veri e propri, si tratta di «deformazioni professionali», derivate dalla loro unica vera professione che è, appunto, quella di profetico agitatore della libertà individuale. Proprio in quanto tali, gli Hahewuyah sono spesso agitatissimi e iperattivi (se si mettono calmi hanno la sensazione di star perdendo tempo), eccentrici (per opporsi alle esistenze troppo quadrate che vedono intorno), emotivamente immaturi (bambini, come già dicevo). Solo se eccedono in tale immaturità possono risentirne qualche contraccolpo: nell’immaginarsi troppo «capibanda», e perciò responsabili delle persone che cominciano a credere in loro; nell’idealizzare qualcuno attribuendogli tutti i pregi possibili, come appunto fanno a volte i bambini con i loro idoli; o nell’innamorarsi della propria perenne curiosità e ansia di novità, fino a perdere la capacità di concentrarsi seriamente su qualcosa. Ma lo slancio con cui sanno superare ogni volta il loro passato li mette rapidamente al riparo dalle delusioni e dai problemi che potrebbero derivare dall’infantilismo: se li lasciano alle spalle («Ho sbagliato, e allora?») e proseguono nella loro opera di conversione universale, sempre segretamente protetti e guidati da superiori volontà, come avviene quando si sa di agire per il bene degli altri.

 

Testo per gentile concessione di Igor Sibaldi, estratto dal Libro degli Angeli.

Torna in alto