Navigando nelle infinite possibilità dell'essere

121. SOLO DIO RESTA

Perché cerchiamo tutta la vita di rendere felice una persona inesistente? Sì, proprio una persona che in realtà non esiste: quel “me” che crediamo di essere è una concezione errata della mente, un pensiero, un’immagine, una storia.

Eppure lo sentiamo forte; il senso di identità preme con tutte le sue emozioni che sembra l’unica cosa veramente reale. Strano pensare che non sia vero.

C’è da approfondire. A essere reale, infatti, è quella percezione di essere, di esistere, molto naturale che ognuno già percepisce sempre. Il problema nasce quando a questa consapevolezza naturale di “essere e basta” si attacca il pensiero di me, mio nome e cognome, mia storia con un passato e futuro, e ci si identifica profondamente con quel pensiero fino a non riconoscere più la spontanea realtà preesistente.

Il credere a questo pensiero di me come individuo separato da tutto, con una sua precisa storia nel tempo, è l’origine della sofferenza.

La felicità o ancor meglio la libertà non accade a quell’io illusorio, ma accade proprio quando l’identificazione si rilassa, cede, svanisce, si dissolve nella propria vera natura del Sé.

La mente ordinaria si ribella a questa presa di coscienza perché si sente svanire, anche se a sparire sarà solo un’illusione, un pensiero identificato, un’immagine.

Il punto quindi non è ottenere qualcosa, raggiungere una meta, l’illuminazione, ma lasciar cadere l’interesse per i pensieri errati di identificazione a un io inesistente, finché la consapevolezza di Sé, sempre presente, apparirà in tutto il suo splendore.

Cosa c’è prima che nasca il pensiero “io”? Il Sé, quell’essere e basta che tutto è, Dio.

Il pensiero di me e la sua storia vive nel tempo, vive di passato e di futuro, mentre nell’adesso c’è solo il Sé. Finché l’attenzione si sposterà dall’attimo ci sarà sempre un io illusorio. Quindi quello che cerchiamo è ora o non può essere mai. E nell’ora c’è quell’essere e basta, quella consapevolezza di essere tutti quell’essere e basta, tutti Uno.

Tutti Uno, tutti un solo Dio… il cui sapore è Amore.

Guardo i miei 4 figli… Se porto l’attenzione sulle loro storie, sulla mia, su quella del mondo con tutta la sua dolorosa impermanenza, nasce paura. Paura della sofferenza, paura di ciò che dovranno affrontare, paura delle ingiustizie di questo sistema, paura di tutto il dolore che l’essere umano prova nella sua fragilità… e dalla paura nasce il controllo, quell’irrigidimento che non mi fa più fluire e che mi sposta solo nel “voglio, non voglio” non permettendomi più di Vivere ora.

C’è una scelta allora a priori che compio. Sulla storia, sulle tante e diverse storie mie e altrui, e quindi sui pensieri, pensieri e pensieri, oppure scelgo di portare l’attenzione su quella percezione di essere e basta, quello spazio infinito d’amore prima di ogni pensiero nel quale sparisce ogni separazione.

Se lasciamo che l’attenzione sia dolcemente e affettuosamente attratta dall’essere e basta fino a essere Quello, vedremo chiaramente che c’è solo Dio, null’altro, solo il Sé, solo Amore e quel Dio vive tutte le nostre vite, solo Lui, solo Amore infinito e intelligente.

Non ci sono figli, non ci sono madri, padri, non ci sono persone né storie, solo Dio, solo il Sé che attraverso l’esperienza di tutti i ruoli arricchisce se stesso di manifestazione.

Allora guardo i miei figli e non vedo altro che Dio… quel Dio che sorride consapevole del suo gioco e che non ha bisogno di me. Allora lascio anche me svanire nel Sé.

Solo Dio resta. Tutti siamo solo Quello.

 

Carlotta Brucco

Libro-Brucco-Telesca-Spirito-Fisica      Libro-Brucco-Cinque-Abbracci

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