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06. LA FISICA DELL’IMMORTALITÀ

Nel corso dei secoli, dai vari ambiti e prospettive del sapere il tema dell’immortalità dell’anima, definita scientificamente coscienza, è stato oggetto di indagine e di dibattito, in quanto l’uomo ha sempre avvertito in sé un anelito di immortalità cercando di trovare risposta a questo intrinseco bisogno naturale.

“La coscienza non è una cosa tra le cose, ma è l’orizzonte che contiene ogni cosa” affermava in maniera lungimirante Edmund Husserl, noto filosofo e matematico di metà ‘800, padre della moderna fenomenologia. Ma Husserl era andato già molto oltre.

Attualmente il lavoro di ricerca sullo spettro della coscienza viene attuato a partire da ciò che è dimostrabile e verificabile empiricamente, e procede dal presupposto che la mente cosciente sia il risultato dell’attività biologica dei neuroni cerebrali. La ragione di ciò è che la maggior parte degli scienziati tradizionalisti considera la coscienza come un epifenomeno, ovvero come la risultante di numerosi processi elettro-chimici microscopici che avvengono a livello corticale.

Eppure la coscienza non è creata dal cervello e non è semplicemente il risultato di una reazione molecolare e di processi chimici, ma è il nucleo essenziale della natura, è ciò che i fisici quantistici chiamano Campo Unificato. La teoria del Campo Unificato identifica un singolo campo di intelligenza alla base di tutto: mente e materia.

Stando a ciò, i fisici teorici hanno notato che quanto più si spingevano nello studio profondo dell’universo, tanto più questo appariva astratto, puro essere, pura potenzialità, pura coscienza astratta consapevole di sé, che s’innalza in onde di vibrazione per dar vita alle particelle, alle persone, alle cose osservabili e a tutto ciò che ci circonda. Ciò significa che tutto ciò che esiste in natura fa parte della stessa fonte dell’esistenza, dell’Uno, da cui tutto si genera e prende avvio.

La coscienza esiste al di fuori degli usuali vincoli dello spazio/tempo e sfugge alla tradizionale comprensione delle leggi della fisica classica. Essa è energia non locale e il suo campo d’azione non va concepito entro i confini del corpo fisico ma al contrario, in modo esteso all’infinito, non esaurendosi a livello dell’interno, ma trovandosi ovunque.

Tale principio è ciò che anima le avveniristiche concettualizzazioni di “neurodinamica quantistica” di due scienziati di fama mondiale, lo studioso americano Stuart Hameroff e il fisico inglese Roger Penrose i quali, partendo dalla visione del nostro cervello come un computer biologico equipaggiato da una rete di informazione sinaptica composta da più di 100 miliardi di neuroni, sostengono che la nostra esperienza di coscienza sia il risultato di vibrazioni quantiche che avvengono nei microtubuli, ovvero strutture intracellulari che costituiscono l’ossatura dei nostri neuroni e che governano le funzioni cerebrali, collegando i processi neuronali ai processi di auto-organizzazione nella struttura quantica proto-cosciente della realtà. Questo processo è stato definito con il nome di “riduzione obiettiva orchestrata” (o teoria Orch OR, da Orchestred Objective Reduction) e spiega come si genererebbe un atto di coscienza sulla base di informazioni quantistiche.

Ciò starebbe a indicare che con la morte fisica i microtubuli perdono il loro stato quantico, ma le informazioni in essi contenute non vengono distrutte. In parole povere, quando il cuore smette di battere, l’informazione quantistica contenuta all’interno dei microtubuli non viene annullata, ma riconsegnata al cosmo, a quel Campo Unificato di Coscienza, a quella matrice che tesse le trame di un legame spirituale tra tutte le cose dell’universo, essendo tutti parte di quest’unica fonte di Intelligenza e Informazione Divina. Per esempio, se un paziente ritorna in vita dopo un’esperienza di coma, di arresto cardiocircolatorio o respiratorio, l’informazione quantistica torna a legarsi ai microtubuli, facendo avvertire alla persona le famose esperienze di premorte, meglio note in termini scientifici come Near Death Experience (NDE).

L’anima o coscienza, quel principio che ci rende presenti a noi, nel qui e ora della vita, è perciò molto più che il prodotto della semplice interazione dei neuroni nel cervello, ma è della stessa composizione vibrazionale dell’universo, una formazione naturale presente fin dall’inizio nella materia che arriva alla sua piena e completa essenza nell’uomo acquistando sempre più ordine e informazione, nell’interazione continua e costante con la sorgente della creazione a cui appartiene che altro non è che Amore. Questa è la vibrazione prima, l’elemento di base che penetra il tutto rendendoci parte inscindibile di quell’Uno da cui tutto prende forma e si genera.

L’amore è l’essenza della nostra anima, il flusso di fondo che permea tutto l’universo permettendogli di realizzarsi e manifestarsi in modo armonico e reale. Ed è proprio questo l’anelito fondamentale della nostra vita, quel legame potentissimo con la fonte stessa della creazione che ci conferisce quella scintilla di immortalità che non si spezza con la dipartita materiale, ma che continua a esistere e a realizzarsi oltre lo spazio e il tempo, seppur in una forma e su un piano dimensionale completamente diverso da quello concreto.

L’immortalità è racchiusa in ognuno di noi, manifestandosi costantemente, e possiamo godere della sua luce nel momento in cui ci voltiamo alla gioia. Gioia perché la vita è questo, gioia che è il continuum tra il qui e il lì, dove non esistono separazioni spazio-temporali, ma solo unione nell’energia di questa vibrazione potentissima che ci innalza verso l’infinito.

Carmen Di Muro

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