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45. IL VERDE RIFIUTATO

19/06/18

Che il verde abbia valenza terapeutica per eccellenza, date le sue frequenze simili a quelle emesse dal nostro organismo a riposo, è risaputo. Il colore della natura, dell’equilibrio, come cerniera tra l’estroversione delle tinte calde e l’introversione di quelle fredde, della giovinezza, della speranza, della fratellanza e in particolare dell’amore, non può che essere rassicurante.

Al contrario del rosso, che segnala pericolo e proibizione, ci comunica un’idea di spazio e di libertà, il permesso di muoverci anche agli incroci con sicurezza, da quando, a partire dal XIX secolo, fu adottato dalla segnaletica internazionale prima per le navi, poi per i treni e infine per le auto. Nella nostra società è diventato sinonimo di pulizia, di ecologia (“zone verdi”, “benzina verde”, “treni verdi”), di garanzia della naturalità e della freschezza di prodotti alimentari e persino di gratuità (“numero verde”). Le inchieste demoscopiche sui colori preferiti lo danno in seconda posizione dopo il blu.

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Dal punto di vista psicologico, poi, rafforza non solo la calma e i buoni sentimenti, favorendo l’empatia, ma anche l’autostima, la volontà di azione e di affermazione con una carica di costanza, tenacia e perseveranza tale da generare fierezza e degenerare talora in ostinazione. Chi predilige il verde è in genere una persona onesta, che ama la tranquillità e la stabilità, anche se non esita a essere competitivo e non troppo collaborativo.

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Eppure anche questo colore benefico e rassicurante non può sottrarsi al principio della bivalenza dei simboli. Ogni colore, infatti, ha una valenza simbolica primaria, generalmente positiva, e una secondaria negativa, nel quadro più vasto della logica binaria o dualità che caratterizza la nostra percezione del mondo.

Ne consegue che un’analisi più approfondita rivela che il verde desta nel nostro inconscio reazioni contrastanti, tra cui un’istintiva associazione a qualcosa di brutto, di ostile e persino angosciante, probabilmente a causa dell’ambiguità di questo colore intermedio tra il giallo e il blu. Sta di fatto che nell’immaginario collettivo, dai serpenti ai draghi, dai demoni medievali fino ai marziani, ha sempre rappresentato il colore della minaccia, dell’insidia racchiusa in qualcosa di viscido, come ramarri e rospi, o di mortale, come la muffa e in particolare il veleno.

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Un’altra causa di questa reazione potrebbe essere l’instabilità che lo caratterizza: da sempre nei tessuti e nelle pitture si è riscontrato il progressivo affievolirsi del verde, suggerendo perciò l’idea di imprevedibilità e di cambiamento, associabile al caso, alla fortuna, al tappeto dei tavoli da gioco e in definitiva al destino di ogni essere umano.

D’altro canto non è da escludere il richiamo metaforico alla povertà: ancora oggi si usa l’espressione “restare al verde”, derivata dal tempo in cui si faceva luce con le candele, che avevano il fondo colorato di verde e perciò, quando la fiamma arrivava a quel punto, in mancanza di un ricambio, si era letteralmente giunti a “toccare il fondo”.

Fantasie di alieni e antiche realtà di veleni a parte, la negatività del verde si estende al campo dell’editoria, dove c’è ancora chi crede che una copertina verde possa compromettere il successo di un libro, e parimenti a quello del teatro, dove un abito di scena verde non è considerato di buon auspicio, forse in ricordo di Molière, che così vestito morì sul palco. Che dire poi della credenza che lo smeraldo porti sfortuna? Quanto alla salute, malgrado la “freschezza” del verde, è innegabile che la sua comparsa nel corpo umano sia un sintomo di grave malattia. Il verde scuro è considerato simbolo di morte, mentre al verde oliva si attribuiscono effetti malsani a livello psicofisico e una certa tonalità viene addirittura chiamata “verde marcio”. Inoltre occorre ricordare che diventare “verdi di rabbia o di invidia” esprime sentimenti non solo negativi ma anche estremamente dannosi alla salute.

Ma il rifiuto del verde assume un significato più profondo e personale a livello psicologico, quando la persona sente una repulsione verso quel colore e, come spesso capita, non sa spiegarsene la ragione. La scoperta della motivazione inconscia, in genere diversa da quella che il soggetto ipotizza, può avvenire tramite la cosiddetta “psicologia funzionale”, un metodo di analisi basato sulle teorie che correlano la scelta del colore al tipo di personalità.

Il più noto è il test cromatico di Lüscher che, partendo dal presupposto del significato universale dei colori, permette di determinare, nella sua versione più semplice, la “funzione” che un colore rappresenta per una persona in base all’ordine progressivo di preferenza tra otto colori.

Dal test di Lüscher risulta che più il verde viene collocato in fondo alla serie (dalla sesta all’ottava posizione) rispetto agli altri colori, più il soggetto evidenzia un senso di oppressione, avvertibile o comunque destinato a manifestarsi anche a livello fisico (difficoltà di respirazione o disturbi cardiaci), a causa del mancato riconoscimento delle proprie qualità e della frustrazione dei propri desideri.

Il verde rifiutato allora segnala il venir meno della resistenza e della tenacia di fronte alle difficoltà esterne, la paura di perdere prestigio, dando di conseguenza la colpa agli altri, e l’ansia di liberarsi da queste tensioni.

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Questo disagio spinge la persona a prediligere un colore, mettendolo in prima posizione, per un’istintiva compensazione del verde rifiutato. La scelta del blu assume allora il significato di un intenso bisogno di pace e di liberazione dalla tensione, mentre quella del giallo esprime un vero e proprio tentativo di fuga dalla situazione opprimente, magari tramite distrazioni ricercate in viaggi e nuovi hobby. Talora lo stato di tensione e di irritazione si manifesta con la scelta del rosso, un colore eccitante che suggerisce l’idea di poter in qualche modo dare sfogo alla rabbia repressa.

I colori ci parlano di noi, dei moti profondi del nostro animo, ma non sempre è facile decifrarne il messaggio. Anche l’amore per il verde, per esempio, tipico di chi è sicuro di sé, non bisognoso di cambiamenti, potrebbe nascondere una paura del mondo, avvertito come minaccioso (rosso), e perciò un tentativo di fuga e di riparo nel grembo materno della natura.

Il verde, dunque, amato o rifiutato, assume il colore della speranza che ci sorride o della rabbia per la speranza che ci delude. In qualità di colore intermedio può elevarci alla pace del blu o precipitarci nelle insidie del giallo, perché ha il volto enigmatico della Natura, che Leopardi nelle Operette morali definì «mezzo tra bello e terribile» (Dialogo della Natura e di un Islandese).

Cesare Peri

 

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