Navigando nelle infinite possibilità dell'essere

15. VIAGGIO INIZIATICO DI UN PICCOLO RIBELLE – PARTE 3

Continua dalla parte 2

Riprese fiato, poi lentamente si alzò e si guardò intorno.

Sembrava magico quel frammento di bosco, dove nell’aria turchina galleggiavano piccole sfere, opalescenti come perle al chiaro di luna. Provava sensazioni nuove, mai sperimentate, commoventi e bellissime. Se guardava le stelle sentiva di essere una stella, se accarezzava l’erba era un filo d’erba. Era gli alberi, la rugiada, e anche i sassi, umidi e brillanti come pepite d’argento. Udiva persino le voci delle perle che danzavano nell’aria, e il canto del vento, e la musica degli astri…

Ora ricordava le istruzioni scritte nel libro del piccolo esploratore e osservò il cielo: riconobbe Venere nella stellina accanto alla luna. Sapeva che nell’ora del tramonto l’astro brilla a ovest, e quella era la direzione da seguire per tornare indietro, dai genitori. Per fortuna il papà gli aveva mostrato una mappa del parco naturale, completa di punti cardinali, e la zona del picnic per i visitatori si trovava appunto a ovest.

Tuttavia era stremato e non se la sentiva di attraversare di nuovo il bosco, al buio, con il rischio di perdersi ancora una volta e incontrare di nuovo le tre fiere. Era più saggio riposare e riprendere il cammino con la luce del giorno. Dunque disegnò in terra, con alcuni sassi, l’esatta direzione di Venere, perché il mattino dopo non avrebbe potuto vederla e quindi nemmeno orientarsi.

Decise anche di accendere un fuoco, faceva un freddo del diavolo quella notte! Aveva nelle tasche gli strumenti adatti, ma ci sarebbe riuscito? Ripercorse a mente le istruzioni del libro e si accucciò nell’angolo più asciutto della radura. Strappò i fogli di carta del taccuino, li appoggiò a terra, poi cominciò a sfregare la lama del suo piccolo coltello da esploratore contro un sasso asciutto, raccolto e messo in tasca prima di avventurarsi nel bosco. L’attrito della lama contro il sasso doveva creare scintille che avrebbero incendiato la carta. L’impresa non era per nulla semplice e ci vollero tanto tempo, forza e determinazione. Gli facevano male le mani e le braccia dallo sforzo, e le gambe gli formicolavano per la posizione accucciata, ma sapeva che non doveva arrendersi, e alla fine riuscì creare il fuoco. Lo alimentò con cautela grazie alle matite colorate, non poteva usare gli umidi rami della radura, e mentre preparava un letto di foglie accanto al piccolo falò, si sentiva orgoglioso del miracolo compiuto. Era un uomo forte che sapeva difendersi dagli animali selvaggi e vincere la paura, dominare gli elementi e cavarsela da solo. Era un guerriero, e come tale dormì, con in pugno la sua arma, il bastone che aveva raccolto.

5 ALBA NELLA FORESTA

Alle prime luci dell’alba si svegliò, bevve gocce di rugiada raccolte da calici di fiori e foglie, e seguì con passo svelto la direzione stabilita la sera precedente, indicata dal pianeta Venere.

I colori del bosco, sotto la luce rosa dell’aurora, erano dolci carezze, e lui si sentiva bene. Le chiome degli alberi costruivano un fitto intreccio, un tetto che nascondeva il cielo, e i raggi del sole vi penetravano come pioggia dorata. La terra rossa e bruna sembrava diaspro, i verdi delle foglie scintillavano come smeraldi, e il profumo intenso di muschio inebriava l’aria. Nel silenzio trasognato del luogo, solo agli uccellini, agli insetti e alle foglie mosse dal vento era permesso parlare. Rapito da tanta bellezza, sentiva di nuovo il suo legame con tutte le cose, respirava insieme alla foresta, ne faceva parte, e una sensazione d’indescrivibile felicità gli colmò il cuore.

Era sereno, più niente lo preoccupava: né la punizione esemplare che avrebbe sicuramente ricevuto, né la difesa dalla terapia antifelicità, e nemmeno la quotidiana lotta contro le idee che il prossimo voleva imporgli. Aveva conquistato la più grande forza conosciuta: la fede in se stesso. Non voleva confidare in nessun altro al mondo. Nessuno, dall’esterno, avrebbe mai potuto dargli quella gioia, perché proveniva da dentro, l’origine era lui!

Dopo due ore di cammino raggiunse la radura del picnic; trovò la mamma ad aspettarlo, pallida come un morto e con la faccia gonfia per le tante lacrime versate. Il papà stava invece perlustrando il bosco insieme alla polizia forestale.

La reazione dell’uomo, una volta di fronte al figlio ritrovato, fu la pretesa di spiegazioni: «Perché hai fatto una cosa simile? Siamo quasi morti di paura! Pensavamo che fossi annegato nel lago!»

6 ARIEL TORNA DALLA MAMMA

La polizia forestale incalzava: «I bambini cattivi li arrestiamo, lo sai?»

La mamma invece era talmente contenta per l’esito felice di tutta la situazione, che aveva solo voglia di abbracciare il suo bambino.

Quando il momento sembrò favorevole perché tutti erano più tranquilli, Ariel disse: «Non avevo intenzione di farvi preoccupare. Ho inseguito uno scoiattolo e mi sono perso».

Il suo sguardo era intenso, limpido, sincero. Esprimeva una tale autorità che disarmò tutti. La polizia disse ancora qualcosa e poi se ne andò, e i genitori replicarono solamente di non fare mai più una cosa del genere, se non voleva farli morire di un colpo e restare orfano!

Ariel non ricevette alcuna punizione, e da quel momento diventò più tranquillo. Aveva perduto la voglia di provocare il prossimo con le sue marachelle e di gridare quando rifiutava qualcosa; grazie a questo cambiamento ottenne il rispetto di chi sa imporsi con serena fermezza.

7 LUPO DI PEZZA HA MANGIATO LE MEDICINE DI ARIEL

Da quella notte nel bosco, imparò che è bene fidarsi del proprio intuito, e che non era caduto sul pianeta sbagliato, non era un alieno: semplicemente aveva una comprensione diversa delle cose.

Sembrava diventato davvero un’altro, e la mamma decise di interrompere la terapia. Naturalmente non sapeva che lui l’aveva sempre sputata: se avesse allargato la piccola scucitura sul fianco del lupetto di stoffa, le sarebbe caduta sui piedi una pioggia di pastiglie…

(Fine)

Grazia Catelli Siscar

Libro-Catelli-Principe-Mago

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