Navigando nelle infinite possibilità dell'essere

05.IL TEMPO DI CAMBIARE…

Continuiamo il nostro viaggio alla ricerca del Punto di Svolta, proponendovi un articolo scritto per anima.tv da Patrizio Tuminetto, un avvocato, un nostro lettore… che ha voluto passarci cosa ha vissuto e cosa lo ha spinto a cambiare, a trasformare la sua vita, quale è stato il suo “salto di dimensione”… in attesa di leggere anche le vostre esperienze…

Buona lettura!

Sono un semplice lettore, di libri, di giornali, ascolto anche la televisione e, soprattutto, ascolto molto le posizioni delle persone che parlano in materia di sviluppo sostenibile, di riforme, di libertà dalla fonti di energia inquinanti ecc.

Eppure tutto ciò mi sembra limitativo; pochi parlano del metodo che permetterebbe di iniziare ad invertire le storture di un mondo nel quale una ridottissima parte dell’umanità muore di indigestione e la stragrande maggioranza di fame.

Questo metodo è la capacità di comprendere quanto le cose che inseguiamo ci spingano a una vita contro natura e alla ricerca dell’infelicità.

Perché il fondare le proprie soddisfazioni sulle cose è quanto di più sbagliato esista; quanto tempo un oggetto attrae la nostra felicità?

Il tempo di averlo, di goderne gli effetti più o meno a lungo, poi esso perde il suo interesse e l’eterna insoddisfazione umana porta a cercare qualche cosa di nuovo che ha risvegliato in noi un maggiore interesse.

rifiutesQuesta spasmodica ricerca del nuovo ci spinge ad ignorare i costi indiretti delle nostre scelte, quanto cioè il loro indotto abbia un potenziale di danno per noi e per gli altri.

Sono rimasto colpito dai problemi della spazzatura a Napoli, come tutti immagino; eppure non mi ero reso conto che le statistiche parlano di una spazzatura creata per circa il 25% dai semplici contenitori degli oggetti che acquistiamo.

Una volta a Pasqua ho visto un alberello, ben costruito, inserito in una scatola di plastica trasparente, a sua volta inscatolata in una di cartone; il tutto per vendere sei cioccolatini!

Per carità, libertà di commercio, ma perché devo acquistare un valore oscillante tra il 20 e il 40% del prezzo per cose che non sono utilizzabili, che butterò e che alla collettività costeranno lo smaltimento?

Quell’albero è stato l’inizio delle mie riflessioni; da allora in poi ho cercato di avere una visione critica della utilità o meno di quanto acquistavo, del perché delle mie scelte, quanto esse fossero condizionate dalla martellante pubblicità, diretta o indiretta, che mi spingeva a crearmi delle necessità sempre maggiori, per soddisfare le quali avrei dovuto continuare a investire tempo e fatiche.

Fino al momento in cui ho deciso di analizzare a fondo quanto avessi veramente bisogno di avere per vivere e quali fossero le necessità effettive.

Sono rimasto abbastanza sconvolto verificando che al di fuori di una casa modesta, una automobile altrettanto modesta, da usare il meno possibile, qualche vestito e qualche buon libro, in realtà non avevo assolutamente bisogno di alcunché.

Il mantenimento quotidiano, consapevolmente ridotto, oltre ad essere un vantaggio economico lo è anche per la salute.

Tutto il resto era ed è assolutamente superfluo e l’ottenerlo, mi costringeva ad un impegno spropositato nei confronti del piacere che ne ritraevo.

Anche il contesto umano nel quale mi muovo mi creava cause di confronto, desideri inutili e sempre nuovi.

Pertanto ho deciso di ridurre tutto al minimo; cambio quello che mi si rovina e diventa inutilizzabile, evito accuratamente di farmi coinvolgere in attività perdi tempo e costose e, soprattutto, ho iniziato ad interrogarmi su cosa fare del tanto tempo libero che così recupero.

La risposta è stata nel cercare la felicità al mio interno, nella serenità dello spirito e della meditazione.

Ho compreso che la capacità di rinuncia è la vera ricchezza, perché nessuno ti può togliere la serenità interiore, tutti e tutto possono toglierti le cose che hai e alle quali aneli.

Il vedere, poi, la pressoché totale infelicità delle persone poste ad esempio dalla nostra cultura consumistica, mi ha rafforzato ancora di più in questa scelta; mi sono sentito improvvisamente ricchissimo, perché non desidero nulla che abbia una valenza di cosa.

Leggendo la autobiografia del Mahatma Gandhi, ho compreso la sua scelta della bramacharia e ritengo che essa sia la risposta alle disparità e ai problemi del mondo.

Fino a quando la cultura del possedere ci trascinerà a volere cose indipendentemente dal prezzo diretto ed indiretto delle stesse, continueremo con le differenze e le disparità.

La rinuncia consapevole, l’aiuto agli altri a comprendere questa scelta di liberazione potranno essere la chiave di un nuovo sviluppo economico, basato sulla capacità delle persone di discernere quello di cui hanno bisogno nei confronti di quello che gli viene presentato come bisogno.

Ora rifiuto il confronto con i ricchi, con gli uomini di successo, con la cultura dell’apparenza; quando vedo cose od oggetti costosi che fino a poco tempo fa mi interessavano, ora li guardo con il piacere di apprezzarne la fattura, se lo meritano, ma con il totale disinteresse di possederli.

La attuale crescita delle materie prime è frutto dell’egoismo di quei pochi che sono in grado di produrle e della stupidità dei tanti che non sono capaci di controbatterne gli aumenti rinunciando ad esse.

Si accetta il costo sociale dell’esistente per paura di cambiare e questa paura è quello che determina la ricchezza dei pochi e la miseria dei tanti.

Vogliamo le automobili ad energia verde? Perfetto togliamo i prodotti della terra per farne carburante, aumentiamone il prezzo e facciamo morire di fame qualche milione di persone.

Questo sviluppo non è accettabile in chiave globale, perché è egoismo che crea malessere e dolore; fermiamo questo modello di sviluppo, principalmente un modello che produce cose superflue e diamo la priorità alla risoluzione dei problemi di chi soffre e ha bisogno.

La soddisfazione della propria coscienza dà una gioia ben maggiore di un week end di vacanza.

In caso contrario, accettiamo di soffrire in un futuro non lontano, noi o i nostri figli, perché l’ingiustizia eletta a metodo di vita, determina sempre reazioni e il volano dell’errore richiede molto tempo prima di invertire il proprio corso…

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