Navigando nelle infinite possibilità dell'essere

24. GARBAGE PATCH – L’ISOLA CHE NON C’E’…

Sono numerosi gli autori che nei loro libri, come nelle nostre interviste, tengono molto a ribadire il fondamentale concetto

– comune alle più svariate discipline – dell’unità del tutto: come siamo tutti correlati e interdipendenti, e come ogni nostra azione provochi una reazione che necessariamente, nel tempo, avrà una qualche ripercussione sulla nostra vita e modificherà di riflesso, a livelli più o meno percettibili e consapevoli, il contesto di relazioni e le dinamiche in cui ci ritroviamo inseriti.

A rischio di scadere nel banale applicando questo principio all’ambito dell’ecologia, vogliamo illustrarvi, nel post di oggi, una questione spinosa che forse non è ancora presente a tutti, rimanendo sempre fedeli al nostro ambizioso obiettivo di fornirvi costanti spunti di riflessione, aprire gli occhi e risvegliare le coscienze: si tratta dell’ennesimo, lampante esempio di come una politica di industrializzazione a oltranza e di sfruttamento ambientale perseguita sistematicamente per almeno sessant’anni a livello planetario – Stati Uniti in testa, e oggi anche con l’inquietante caso della Cina – ci stia portando sempre più rapidamente verso conseguenze irreparabili.

24_garb2Lo sapete cos’è la garbage patch? E’ un’isola grande due volte il Texas, cinque volte l’Italia, situata nel bel mezzo dell’oceano Pacifico, fra Guadalupe e il Giappone, a due passi dalle isole Hawaii. Ma è un’isola molto particolare: ha infatti la capacità di spostarsi continuamente, in balia di uno strano gioco di correnti circolari. Perfino le sue dimensioni

– attualmente un diametro di circa 2500 chilometri e una singolare profondità di 30 metri – tendono a espandersi. E’ molto probabile chetutti i governi del mondo ne conoscano l’esistenza, ma fingano di non sapere e non vedere, anche se su internet l’argomento è oggetto di vivo interesse su svariati fronti. No, non stiamo esattamente parlando dell’isola magica della serie Lost, bensì di un immenso agglomerato galleggiante di tonnellate e tonnellate (più di 4 milioni, si stima) di rifiuti di plastica e altre sostanze non biodegradabili, un concentrato tossico dalla consistenza melmosa, quasi come una zuppa, destinato a vagare in superficie per anni e anni senza mai sparire. Tutto quel che può succedere è che l’azione del mare e gli agenti atmosferici frantumino nel tempo questa mostruosa, gigantesca macchia di bottiglie e buste di plastica, contenitori di shampoo, palloni da pallavolo, impermeabili plastificati, tubi catodici di vecchi televisori, reti da pesca e quant’altro in pezzi e particelle sempre più piccole, le quali andranno poi in pasto a creature marine e volatili destinati ovviamente a morire avvelenati poco dopo, lasciando la propria carcassa a marcire al sole su un letto informe di poliestere.

24_garb3E’ stato il ricercatore Charles Moore, con il suo battello per ricerche marine Alguita, il primo temerario ad avventurarsi attraverso il North Pacific Subtropical High, un enorme vortice di correnti lente e venti leggeri che in passato raccoglieva sostanze organiche come tronchi, erbe e alghe e dal 1950 ha invece iniziato a concentrare in un solo punto l’inquietante “residuo” della nostra sfrenata, rampante ed egoistica corsa al successo e a un benessere prettamente consumistico.

Il punto qual è? E’ renderci conto una volta di più che eco-compatibilità ed eco-sostenibilità non sono più concetti astratti di cui possiamo fare a meno delegando la nostra responsabilità a utopiche azioni governative, ma principi che devono costituire parte integrante non solo della nostra coscienza critica in quanto cittadini, ma soprattutto della nostra vita quotidiana: un modus operandi fatto di piccoli accorgimenti e maggior consapevolezza nella scelta dei consumi, nel riciclaggio dell’immondizia, nel ricorso a forme di energia pulita, nell’abitudine a privilegiare carburanti “verdi”, nell’attenzione alla nostra alimentazione e, fondamentalmente, nell’adozione di uno stile di vita rispettoso degli equilibri ambientali. Forse non basterà, è vero, e i risultati non saranno immediati, ma è importante capire che siamo noi a dover cominciare a muoverci nel nostro piccolo per ottenere un futuro migliore. Sarà una rivoluzione silenziosa, dunque, fatta di passi quasi impercettibili, ma irreversibili, verso una maggior consapevolezza del nostro ruolo, della nostra responsabilità, della nostra singolare posizione e importanza nel mondo…

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