Navigando nelle infinite possibilità dell'essere

195. OGGI HO DECISO COSÌ

Una nostra lettrice condivide con noi il diario del primo giorno della sua “nuova vita”, quella che ha scelto di vivere dopo aver superato una grave malattia. Ci auguriamo che il racconto di questa rinascita possa essere di ispirazione per chi sta attraversando un momento difficile, che sia a causa di una malattia o a causa di un disagio interiore, quando si perde il senso delle cose. Rinascere da ciò che sembra volerci sopprimere è sempre possibile, se solo permettiamo a noi stessi di abbracciare il momento presente così com’è…

 

“Col passare del tempo ho imparato a non contare i giorni che passano ma a passare giorni che contano”.

Sabato 3 Ottobre 2015: il primo giorno della mia nuova vita

Ieri ho deciso di finire la mia prima vita. Oggi ho deciso di iniziare la mia nuova vita. Sono qui, seduta a un tavolino di un bar fronte stante quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno. Sola. Inesorabilmente sola. Si nasce soli, si vive soli, si muore soli. La mia testa è piena di domande dense alle quali cerco, invano, risposte arrovellandomi il cervello (e intanto non le trovo). A volte, invece, è vuota. Così vuota che se mi dovessi fermare un attimo ad ascoltarla, in silenzio, sentirei l’eco dentro.

Mi butto in tutte le situazioni senza mai dire: “No, grazie. Non posso. Questo non lo faccio, quell’altro non si fa, non me la sento.” Invece faccio tutto quello che mi viene in mente e che mi viene offerto di fare, senza limiti fisici o mentali. Esagero? Sì, forse. La mia testa corre e galoppa, e il mio corpo dietro di lei. È dura stargli dietro, ma io ce la faccio. Io corro e galoppo con loro perché un anno fa ho deciso di vivere. E oggi vivo come non ho vissuto mai.

Oggi vivo il presente, nel presente con tutto il bello e il brutto che mi regala la giornata. A volte felice per un nonnulla, a volte triste per una banalità. Ho deciso di vivere tutti i miei sentimenti in tutte le direzioni. Tutti i miei cinque sensi gioiscono.

Vivo d’olfatto quando mi alzo al mattino e mi metto su la caffettiera per godermi un buon caffè. Quando, camminando per strada, annuso un profumo, un odore, un aroma e decido di seguirlo nei suoi meandri imperscrutabili, intimi e segreti. Fantastico nelle pieghe dell’intimità di chi incrocia il suo percorso con il mio. Mi soffermo. Oggi, mi faccio rapire dai profumi dell’infanzia ogni qualvolta entro nella scuola di mia figlia e la memoria mi catapulta nella mia di infanzia. Ieri correvo a prenderla a scuola. Oggi cammino.

Vivo di tatto quando, sotto la doccia, mi lavo e, con irriverente e riacquisito consapevole coraggio, mi insapono le mani e le strofino sul seno sinistro che un paio d’anni fa mi ha fatto sprofondare in un baratro di terrore e incertezza. All’inizio le mie mani si facevano scudo di una spugna per non vedere; poi, scivolavano via velocemente per timore di dover scoprire ancora qualcosa… Pian piano che il tempo passava, le mie mani hanno iniziato ad acquisire maggior sicurezza in se stesse e si sono lasciate andare a più arditi movimenti circolari…

Oggi, sfacciatamente, le mie mani toccano perché hanno deciso di toccare, quasi in profondità, non nella certezza di non sentire più nulla, ma con la consapevolezza di guardare in faccia. Non più timorose del passato, non più preoccupate per il futuro, ma ben radicate nel presente. Le mie mani hanno deciso di non rimandare più niente a domani. Le mie mani lavano il mio seno, le mie mani sfiorano e accarezzano le mani di chi mi sta vicino, accettano le proposte più impertinenti di chi osa, si addentrano nelle loro intimità alla ricerca di ciò che fino a ieri sentivano solo epidermicamente ma non si soffermavano a capire e, una volta adempiti i loro doveri, si lavavano e scappavano a fare altro.

Quelle di oggi sono le stesse mani di ieri. L’unica differenza sta nel fatto che le vene delle mani di oggi sono più evidenti, più sporgenti di quelle di ieri. Quelle di oggi sono mani consapevoli. Mani che hanno deciso di capire.

Non ho mai pensato a quanto fosse importante assaporare anche un po’ d’acqua. L’anno scorso, anche berne un semplice bicchiere era problematico. L’acqua, che dovrebbe dissetare, a causa della mancanza di protezione del tubo digerente, era diventata fuoco e, ogni volta che avevo sete e avevo voglia di bere dopo la seduta di chemioterapia, vivevo con terrore il momento in cui il mio stomaco mi avrebbe presentato il conto. Era grottesco; bevevo acqua e avevo i sintomi di chi si fa cinque Negroni.

Ora mi sto bevendo un bel tè nero. Le mie papille gustative sono rinate; ancor più curiose di assaporare nuovi gusti, oppure ricordare i vecchi, ma con un nuovo sapore che non sarà mai più quello di prima. Sono di nuovo pronte a nuove pirotecniche avventure culinarie e amorose.

Beh… La vista… La vista forse fra tutti è il senso più ﹣ per così dire ﹣ importante, in quanto il più invalidante quando viene a mancare. Lo sa bene chi dipende da qualcuno semplicemente per poter vedere dove va quando cammina ed è costretto ad aggirare percorsi a ostacoli, a imparare a memoria la strada che porta dalla camera al bagno di casa propria.

Scopri quanto sia importante la vista quando sei costretto ad accantonare la macchina perché davanti a te tutto è offuscato. Tutto ha una luce diversa da prima. Dalla stanza dell’ospedale un anno e mezzo fa, vedevo, guardavo, osservavo la gente “normale” che passava sotto alla mia finestra e pensavo a quante volte quella gente sono stata io, che correvo inconsapevolmente da qualche parte nel mondo senza neppure pensare a dove dovevo o volevo andare. Osservavo la gente “normale” come ero stata io fino a poco tempo prima, e di “normale” ci vedevo poco. Mi rivedevo come in una retrospettiva dove io, simile a un automa, correvo in balia delle gambe che mi portavano. Li guardavo e li invidiavo perché volevo fare di nuovo parte anch’io di quella gente che correva e correva e correva verso qualsiasi cosa o chiunque.

Ripensandoci, a bocce ferme, tutto sommato la vista nella mia vecchia vita mi è servita a ben poco perché la utilizzavo solo per guardare. Talvolta solo per guardare e vedere solo ciò che volevo. Oggi mi sono riappropriata della vista. Mi sono appropriata di occhi nuovi. Solamente perdendola, nel corso della mia vita precedente, ho potuto riacquistarla.

Poi, un giorno, ho deciso di ascoltare solo quello che mi faceva stare bene. Solo ciò che mi avrebbe assicurato di poter portare a casa la pelle. I miei padiglioni auricolari avevano anche ascoltato troppo e, forse, erano diventati troppo stanchi per continuare a farlo e così, giustamente, mi avevano presentato il conto. Le uniche informazioni che desideravano ricevere erano quelle fornite dai medici inerenti al comportamento etico da adottare, per poter far sì che questo male si trasformasse in un bene. In un’opportunità di cambiamento per tutto il fisico e la mente.

E, così, i miei padiglioni auricolari iniziarono ad ascoltare solo chi, come chi incita un ciclista a bordo strada a spingere sui pedali per raggiungere la tappa e vincere la maglia rosa, faceva il tifo per me e credeva nella mia personale vittoria. Simili a valve di conchiglie che si chiudono appena le sfiori, loro si chiudevano automaticamente a ciò che non volevano più sentire. Oggi posso asserire, con una certa spavalda sicurezza, che i miei padiglioni auricolari sono stati veramente molto bravi perché sono riusciti a discernere e decidere chi e che cosa ascoltare.

Ieri, 2 Ottobre 2015, ho avuto la mia seconda visita di controllo. Posso dire che mi sento bene perché a questo giro mi è andata ancora una volta bene. Senza voltarmi indietro e pensare a ieri, o scrutare in avanti per carpire qualche imperscrutabile segreto, ma volgendo la vista, l’olfatto, il tatto, il gusto e l’udito… all’oggi e basta.

Oggi ho deciso così.

Roberta Calcagno

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1 commento su “195. OGGI HO DECISO COSÌ”

  1. Conosco Roberta, ho potuto seguire il suo percorso soltanto tramite telefono.
    Ci siamo frequentate nella sua prima vita e, nonostante l’avessi incontrata in momenti difficili e avessi sentito in lei il ruggire della rabbia e la forza della lotta e della determinazione davanti alla sofferenza, ebbene, nonostante questa conoscenza, non avrei immaginato che riuscisse in tempi tutto sommato brevi a riemergere alla vita.
    Tempi sicuramente brevi per chi vive lontano dalla battaglia, dal dolore, dall’annullamento di quello che ieri chiamavamo vita.
    Ebbene, nonostante questa conoscenza non avrei immaginato che Roberta potesse uscire così forte, così rinnovata, così aperta alla vita come dicono le parole che ha scritto.
    Tante volte si era teorizzato che solo davanti all’inevitabile o ti frantumi o rinasci, ma Roberta ha superato, anzi, è andata molto oltre e la sua esperienza è il regalo più bello che abbia potuto fare a se stessa e a tutti noi.
    La sua forza, il suo coraggio, la sua speranza possano essere la guida che ci indica la strada da percorrere nei giorni difficili che incontreremo nella nostra vita.
    Grazie roccia, un abbraccio
    Laura

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