Navigando nelle infinite possibilità dell'essere

20. IL SENSO DELLA FELICITÀ

04/09/14

È prevedibile, a questo punto, l’opinione di moltissimi: «Accorgersi? Ma per potermi accorgere, dovrei veramente dare ascolto soltanto a me stesso. E da quando sono nato, tutti, tutti senza eccezione mi hanno spiegato che ci sono e ci sono stati tanti altri molto più intelligenti e più colti di me, e che dovevo imparare da loro. Mi sono talmente disabituato, ormai, a far caso a quel che penso io, e non saprei proprio da che parte ricominciare…» Giustissimo. Appunto perciò le Scritture (e non solo i Vangeli) insistono tanto sulla grande e coraggiosa impresa di ridiventare bambini. Di riconquistare, diciamo pure, la propria ignoranza. Non c’è altra via.

 «In verità vi dico: se non imparerete a metanoein e non diventerete come i bambini, non entrerete mai nel regno dei cieli. Perciò, chiunque diventerà piccolo come un bambino sarà il più grande nel regno dei cieli.» (Matteo 18,3-4)

Per crescere bisogna saper essere piccoli, nuovi: «figli dell’uomo», dicono i Vangeli, cioè figli di quegli uomini adulti che ora siamo, e successori del periodo evolutivo in cui ora ci troviamo. È risaputo (nonostante le opinioni dei freudiani) che i bambini hanno qualità molto più numerose e intense di quelle degli adulti. Amano di più, compatiscono di più, inventano, creano, giocano, si divertono di più. E hanno soprattutto quel senso della felicità che l’adulto non ha più.

La felicità, infatti, checché ne dicano gli adulti, è appunto un senso, proprio come l’olfatto, il gusto, il tatto, l’udito, l’odorato. E come i cinque sensi consueti servono a proteggerci da ciò che è fetido, o ustiona, o ci minaccia in vario modo, così anche la felicità è semplicemente quel senso che ci fa sentire bene quando facciamo, pensiamo, diciamo ciò che è bene per noi, e ci dà sensazioni sgradevoli o deprimenti in caso contrario. Non vi è, non vi sarebbe guida migliore nella vita d’ogni giorno.

Ma da millenni, generazione dopo generazione gli adulti addestrano i piccoli a reprimere questo senso della felicità, e a sostituirlo con il senso del dovere – con l’omaggio cioè alle convenienze dei «molti». Durante questo addestramento la tua integrità si spezza, il tuo autentico io comincia a diventarti estraneo, e si insinua in te il pensiero di essere e valere troppo poco per poter dare ascolto a te stesso.

Ridiventare bambini, come dicono le Scritture, è risalire questa china, ripercorrere questo deserto, verso una Terra Promessa che è rimasta da qualche parte dentro di te, abbandonata, perché gli adulti non la gradivano, la temevano, e dovevano soffocarla. In quella tua Terra Promessa si trova anche la fiducia in te stesso, che è indispensabile per metanoein: e si distingue talmente poco dal senso della felicità, da far venire il sospetto che si tratti della medesima cosa.

Igor Sibaldi

 

(Continua)

 

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