A me gli occhi

L’ipnoterapia, cioè l’uso della ipnosi per fini terapeutici, affonda la sua validità nelle molteplici capacità della mente, non ultima quella di raffigurarsi gli eventi immaginati allo stesso modo di quelli vissuti…

I fenomeni ipnotici sono noti da secoli (se ne trova traccia già nell’antico Egitto) e sono stati utilizzati, quali pratiche magiche e mistiche, in diversi periodi nel corso della storia. Essi infatti appartengono alla natura dell’uomo, tanto quanto ne fanno parte altre caratteristiche come il pensiero e l’istinto.

Tuttavia lo studio e l’impiego dell’ipnosi come disciplina a sé nasce e si sviluppa in Europa a partire dal 1700. Tra i nomi più noti vi è F. A. Mesmer (1734-1815), brillante quanto controverso studioso, divenuto famoso grazie a numerose ed inspiegabili guarigioni da lui attuate in diverse città. D’altro canto, il suo tentativo di varcare la soglia della scientificità rimane tale e solo gradualmente, nel mondo medico ottocentesco, si consolidano nuovi traguardi ad opera di altri personaggi tra i quali J. M. Charcot, H. Bernheim, P. Janet e Freud (1856-1939). Quest’ultimo è indubbiamente il più conosciuto anche per la divulgazione nella letteratura popolare e nei film e per essere stato il “padre” della psicanalisi.

Comunque, anche questa importante ripresa di interesse per l’ipnosi finisce per assopirsi e lascia il fenomeno in una situazione di stallo, ancora imbrigliato tra le maglie del mistero e dell’esoterismo. Bisogna infatti attendere l’opera di Milton Erickson, psichiatra americano vissuto dal 1901 al 1980, per vedere l’evoluzione scientifico-terapeutica dell’ipnosi nonché la revisione di antichi concetti e pregiudizi, quali l’idea di ipnosi come “sonno” che permette di agire sulla volontà della persona rendendola soggetto passivo e suggestionabile nelle mani di un prestigiatore o di un guaritore.

In realtà l’ipnosi, nella sua accezione più moderna, supportata cioè dal progresso delle conoscenze nell’ambito della psicologia e delle neuroscienze, è intesa come uno stato modificato della coscienza che tutti noi sperimentiamo quotidianamente in modo spontaneo (Erickson parlava di “comune trance quotidiana”). Si tratta di quei “momenti di assenza” in cui siamo assorti in qualcosa ed i legami con la realtà esterna vengono temporaneamente allentati (ad es. quando leggiamo un libro o siamo assorbiti dai nostri pensieri o, addirittura, mentre guidiamo l’auto). Tale condizione, se viene opportunamente indirizzata, permette di approfondire la percezione di se stessi e stimola la realizzazione delle proprie potenzialità.

Ma cerchiamo di capire meglio come ciò possa avvenire. Nella cosiddetta “trance” predomina l’attività del nostro emisfero destro ovvero di quella parte del cervello che è maggiormente collegata alle emozioni, all’immaginazione ed all’inconscio. Quest’ultimo è visto da Erickson come un “magazzino” contenente le esperienze e le risorse personali (sotto forma di ricordi, percezioni, apprendimenti sperimentati nel corso degli anni per ovviare ai propri disagi). Rappresenta dunque qualcosa di fondamentalmente positivo, un terreno fertile potenzialmente in grado di orientare la persona verso il proprio benessere psico-fisico.

L’approccio terapeutico mediante ipnosi non è finalizzato solo alla riduzione del sintomo o alla sua remissione, bensì alle cause più profonde del disturbo e ad un riequilibrio psicologico della persona. Ciò che ci limita è dato soprattutto dalle strutture di riferimento della mente conscia, spesso eccessivamente rigide e razionali: convinzioni, atteggiamenti ed aspettative che determinano, sovente a nostra insaputa, le scelte che compiamo ed il modo di interpretare la realtà. L’apertura all’inconscio tramite l’ipnosi ci offre maggiore ricchezza di dati e nuove prospettive per espandere gli orizzonti dell’esperienza.

La classica frase “a me gli occhi” potrebbe allora diventare “a me le orecchie” ovvero: ascolta quello che ti insegno. Il terapeuta infatti parla alla mente inconscia del paziente al fine di evocare esperienze quanto più simili a quelle che la persona vorrebbe vivere nella sua vita quotidiana. Così facendo, rinforza la consapevolezza del soggetto di possedere e di poter usare le risorse che gli servono per agire nel modo desiderato.

A prima vista, può forse apparire strano il fatto che certe esperienze prodotte nella mente, e quindi virtuali, abbiano un effetto anche nella realtà concreta. Tuttavia, recenti scoperte scientifiche hanno evidenziato che nella corteccia cerebrale umana avvengono, durante l’immaginazione, processi analoghi a quelli che si osservano nella percezione del mondo esterno. In pratica, ciò che viene fantasticato può essere vissuto come reale ed è ipotizzabile che questo conduca gradualmente a modificazioni stabili della propria “realtà” interna sino ad influire sul comportamento e sugli eventi esteriori.

L’ipnosi dunque nella sua applicazione terapeutica, pur restando argomento di indubbia complessità – come peraltro tutto ciò che attiene alla psiche umana -, può oggi collocarsi a pieno titolo tra gli strumenti a disposizione del medico e dello psicologo per migliorare la qualità della vita di chi vi ricorre..

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