Dhikr e Meditazione

Per accedere alla Conoscenza Spirituale occorre seguire la Via del cuore, e l’unico vero mezzo per percorrerla è attraverso i Riti, che non sono mere ripetizioni di parole o fatti, ma vere e proprie “formule iniziatiche”.

Nel Sufismo – che non è una corrente filosofica, né tanto meno una setta eretica propagatasi ai margini dell’Islam, ma è il cuore dell’Islam, anzi, è la Via del Cuore, la “via d’amore” aperta a tutti coloro che profondamente amano la Verità, il Giusto, il Bello, l’Assoluto – larealizzazione spirituale si consegue fondamentalmente con il dhikr.

Questa “tecnica operativa” non è una caratteristica esclusiva del Sufismo, poiché la si ritrova anche in altre Tradizioni Spirituali, come per esempio l’Esicasmo o lo Yoga (il “mantra”), però è particolarmente raccomandata e perseguita a motivo delle sua semplicità e della sua adattabilità.

Il Sufismo (“Taşawwūf” in arabo) è infatti la Via Iniziatica che continua la Tradizione religiosa dei grandi Santi e Maestri musulmani – qualcuno vissuto anche in Spagna ed in Sicilia (alla corte di Federico II) – e che si propone il “risveglio spirituale” – per chi ovviamente desidera la ricerca delle realtà ultime del Creato, la scoperta del vero significato della nostra vita, la “realizzazione” metafisica dell’essere umano – e poi la conquista degli stati superiori dell’Essere (1).

Analogamente al corpo, lo Spirito per “camminare” ha bisogno di essere alimentato ogni giorno. Il nutrimento dello Spirito è il dhikr, termine che si può tradurre con “richiamo”, poiché esso significa contemporaneamenteinvocazione e ricordo, ma implica pure il concetto di ripetizione. Ripetizione di che cosa? Delle “formule” iniziatiche – ovvero gli awrād (plurale di wird) che i Maestri insegnano ed assegnano ai “viaggiatori” – e, soprattutto, del Nome Divino. Tali formule vengono tradotte genericamente con il termine di “preghiere”: in realtà sono dei veri e propri riti: senza le “preghiere” non c’èTarīqah (= Via, Sentiero, spirituale).

L’aspetto più sorprendente del Sufismo è proprio questo: esso taglia corto con il “mentale”, e si proietta immediatamente nella dimensione spirituale: non c’è una meditazione, né una eccessiva attenzione al mondo psichico, ma subito si concentra sul risveglio della nostra natura teomorfa. La discontinuità nei riti infatti rallenta il viaggio, e procura disfunzioni, incertezze, ritardi, contraccolpi, ed è particolarmente rischiosa proprio nei momenti di difficoltà, di turbamento, di sofferenza e di dolore: ma, a che serve una bella automobile quando, non avendo “benzina”, deve restare chiusa in garage?

La lettura del Qorano, l’approfondimento dell’Islam, lo studio delle dottrine indubbiamente sono assai raccomandati; tuttavia, per quanto sia grande ed estesa, l’erudizione non può in nessun modo sostituire le preghiere, né può tanto meno ignorarle. Il “potere” dei Riti è spirituale, e non c’è nessuna “energia” psichica che possa prendere il loro posto: i Riti sono il “veicolo” delleinfluenze spirituali, le quali soltanto possono penetrare nel cuore, dove è la sede dell’Intelletto Divino. La Realizzazione Metafisica NON è la realizzazione mentale: il cervello infatti è solo la sede della “ragione” e della conoscenza “scientifica” o filosofica; per andare “oltre” e per accedere alla Conoscenza Spirituale è necessario rivolgersi al Cuore, “aprire il cuore”, e ciò è possibile unicamente con un’autentica “tecnica” spirituale sperimentata e permessa da un’Autorità Tradizionale.

I Riti (o “preghiere”) della Tarīqah non sono l’elaborazione personale di un santone, di uno pseudomaestro o di un gruppo più o meno misterioso (= ipotetico o inventato), ma sono l’eredità spirituale stessa della Confraternita che, nel corso dei secoli, l’ha conservata, trasmessa e adattata a beneficio dei suoi aderenti: la loro “forza” proviene dalla loro trascendenza, dalla loro indipendenza dagli individui e dalle contingenze mondane, dalla loro struttura intrinseca connessa direttamente alle realtà celesti; essa scaturisce dalla Sofia Perennis, cioè dalla Conoscenza (= Gnosi) dei Princìpi Immutabili ed Eterni.

La Dottrina sufica d’altronde, e comunque, non è misteriosa: al contrario, essa si conforma sia all’ignorante, all’individuo semplice, che alla persona colta, sapiente; è inesauribile, come lo è la Conoscenza. I riti invece sono segreti, perché interiori e proporzionati al livello spirituale di ciascuno. Ma chi trascura le “preghiere” è come se dormisse continuamente, come se dilapidasse uno scrigno di gemme ed oggetti preziosi per restare sempre in miseria: sono i Riti che permettono alla nostra pianta spirituale di crescere, che espandono impercettibilmente la nostra mente, leniscono i nostri affanni, riempiono il “vuoto” dell’esistenza, ci avvicinano ai Maestri, introducono il vero amore nel cuore e moltiplica la “barakah” (= benedizione) e il “madad” (= virtù).

La pratica del Sufismo non richiede doti particolari, ma solo la sincerità. Se non si è troppo condizionati da preconcetti prevenzioni (talvolta inconsce), o da “ostilità” indirettamente create dalla propaganda negativa (e artefatta) deiMassmedia, chi vuole umilmente e semplicemente scoprire la Spiritualità, potrà nel Sufismo trovare tutte le risposte.

Note
(1) Si tratta in pratica di quello che altre Tradizioni hanno rappresentato, per esempio, come l’Odissea (il percorso spirituale di Ulisse), la conquista del vello d’oro (da parte degli Argonauti e dell’eroe [= realizzato] Giasone), le Dodici fatiche (numero del Cosmo, il cui limite è definito dalle 12 costellazioni zodiacali) di Ercole, il pellegrinaggio a Santiago di Compostella, la Cerca del Santo Graal, la produzione della Pietra Filosofale, la Divina Commedia si Dante, e tanti altri racconti o illustrazioni simboliche dello stesso genere..

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