La pecora, la tigre e l’inchiesta

C’era una volta un cucciolo di tigre che, rimasto orfano e cresciuto in mezzo a un gregge di pecore, si era convinto di essere uno di loro… Questa confusione d’identità non è rara, anzi, è la norma. Noi tutti viviamo in questa confusione di base rispetto alla nostra natura… Articolo di Avikal Costantino.

 

Probabilmente conosci la storia della tigre che credeva di essere una pecora; Osho (un mistico indiano) e molti altri maestri hanno usato questa parabola nei loro discorsi. È la storia di un cucciolo di tigre che, rimasto orfano, cresce in mezzo a un gregge di pecore convinto di essere uno di loro.

Questa confusione d’identità non è rara, anzi, è la norma. Noi tutti viviamo in questa confusione di base rispetto alla nostra natura. Abbiamo un nome, abbiamo un genere, siamo nati da qualche parte, abbiamo certi parenti e cultura e religione, abbiamo cose che ci piacciono e cose che non ci vanno, abbiamo “la nostra vita”, “la nostra storia personale” e crediamo, spesso anche dopo molti anni di meditazione, che quelle cose sono ciò che siamo. Parliamo con la voce delle pecore, ci vestiamo con abiti da pecora, abbiamo lavori da pecore e quando siamo nei guai andiamo a fare terapia per pecore e dove una pecora terapista ci dice che abbiamo un problema di identità e che se respiriamo di più o lasciamo andare un po’ le emozioni o facciamo qualche anno di analisi, alla fine, saremo pecore migliori e probabilmente risolveremo i nostri problemi di co-dipendenza con altre pecore. 

Quando niente funziona veramente, allora corriamo da una maga che ci legga i tarocchi o le stelle: qualunque cosa purché ci dicano cosa fare, dove siamo e soprattutto chi siamo. Così possiamo respirare di nuovo, almeno per un po’. Sfortunatamente, quel senso profondo di essere fuori posto, quella sensazione di non appartenenza e di isolamento non ci abbandonano, senza riguardo a quanti cerotti ci mettiamo sopra.

Da qualche parte nella profondità del nostro cuore abbiamo sempre saputo che c’è qualcosa di strano in questa storia di pecore, ma non abbiamo mai avuto il tempo o un’intenzione chiara di guardarci dentro, una volta per tutte. Sì, sappiamo che siamo stati condizionati, programmati, feriti, usati e abusati e tutte quelle altre cose che fanno parte dell’essere nati in una famiglia su questo pianeta, e abbiamo passato un sacco di tempo, e speso un sacco di soldi ed energia, a guardarci dentro e cercare di capire cos’è che non va e sì, le nostre vite sono forse più piene e soddisfacenti e abbiamo accettato un po’ ciò che siamo, ma… chi sono io?

È con questa domanda che tutto realmente inizia.

Quando posso guardare le mie storie e tutto ciò (incluso essere un “ricercatore”) che compone “la mia vita” e semplicemente riconoscere che non so, che non ho la benché minima idea di “chi sono io”, allora, proprio in quel momento il mio viaggio fa un salto quantico. La realizzazione che: “io non so chi sono” immediatamente implica che non so chi è l’altro, o la vita, o la libertà, o l’amore, o la verità e che sto vivendo con una falsa identità in mezzo ad altri che vivono nella stessa ignoranza, cercando di risolvere falsi problemi e trovando false soluzioni. Immediatamente arriva la comprensione che ciò che io credo essere “me” e la “mia vita” sono concetti più sottili dell’aria che stai respirando in questo momento. 

La storia continua con una vecchia tigre che, vedendo il tigrotto che si muove in mezzo al gregge, lo insegue e lo spinge a specchiarsi in un lago perché veda che lui e la vecchia tigre sono simili. Questo è ciò che fa il Maestro, con le sue parole e i suoi silenzi, con il suo toglierti tutti i tuoi ideali e concetti, con lo spingerti o il sedurti a guardare la tua immagine e la falsa personalità con cui ti vesti. 

E lo scopo finale di tutto ciò è portarci sul terreno fondamentale: “chi sono io?” Quando finalmente il non-sapere è riconosciuto e digerito allora l’inchiesta diviene la motivazione di ogni momento: un’apertura a quella che è la nostra esperienza qui/ora, libera, spontanea, piena d’innocenza. 

Inchiesta non è un’atteggiamento di analisi di tutto ciò che avviene cercando di capirne il senso, inchiesta è il succo della nostra presenza, è intrinseca al nostro essere presenti. È sorpresa e curiosità e un desiderio di essere così vicini a ciò che è, che non abbiamo bisogno di aggrapparci a pregiudizi, giudizi o posizioni, possiamo essere aperti e disponibili all’esperienza. Inchiesta non cerca risposte, sistemi, rivelazioni ultime, inchiesta ci apre all’esperienza diretta di chi siamo momento dopo momento e ci insegna a rilassarci e godere. Allora un profondo ruggito di soddisfazione nascerà dalla tua gola quando meno te lo aspetti. 

Una barzelletta…

Un affollato volo di Alitalia fu cancellato. Un’agente stava rivedendo le prenotazioni per una lunga coda di clienti. All’improviso un passeggero molto irato si fa strada fino al bancone e, sbattendovi sopra il suo biglietto esclama: “io devo essere su questo volo e deve essere in prima classe!”.

L’agente rispose:” Mi dispiace signore. Sarò molto contenta di accontentarla, appena finito con queste persone.” Il passeggero, per niente impressionato disse a voce alta, per essere sentito da tutti: “Ma lei lo sa chi sono io??”

Senza esitazione l’agente dell’Alitalia, sorridendo, afferrò il microfono per le comunicazioni pubbliche: “La vostra attenzione per favore! Abbiamo qui, all’uscita 14, un passeggero che non sa chi è. Se c’è qualcuno che può aiutarlo a trovare la sua identità, venga a questa uscita”.

Mentre la gente dietro di lui se la rideva a crepapelle, il passeggero disse tra i denti: “Vai a farti fott…”. Senza scomporsi la signorina sorrise e disse: “Mi spiace, signore, ma anche per questo dovrà mettersi in fila!”.

E la mia vita di ogni giorno? Cosa succede allora ai miei problemi, le mie tematiche, le mie passioni, il mio amore e i mie aneliti, le mie relazioni e tutto ciò che chiamo vita? Cosa succede a tutte quelle belle cose a cui sono tanto attaccato? La cosa strana è che tutte quelle cose diventano nostre amiche.

Quando io lentamente lascio andare le idee e i concetti su chi credo di essere e apertamente mi impegno nell’inchiesta, un sacco di pesantezza – quella che in momenti disperati chiamiamo “le mie schifezze” – scompare. Tutte queste cose che sembrano riempire la mia vita, tirandola qui e lì, cominciano ad apparire non più come ostacoli e impedimenti, ma piuttosto come opportunità e possibilità, porte che ci aprono una più profonda intimità con noi stessi.

Nell’esperienza vissuta del Vuoto che io sono, tutte queste cose divengono pietre che lastricano il tuo camino, fiori ai bordi della strada, cancelli verso nuove capacità, riflessi che l’Essere ci offre per conoscere noi stessi. E ognuna di esse è sconosciuta e di ognuna posso fare l’esperienza e ognuna è parte di quello/chi sono io in questo momento. 

Una grande integrazione avviene attraverso l’inchiesta. Un’integrazione che include la pecora e la tigre e qualunque cosa si manifesti. E tutto questo sono io, tu, noi. 

Avikal E. Costantino

 

Lunedì 7 novembre inizia il nuovo percorso “Autenticamente te stesso” condotto da Avikal Costantino, in diretta streaming. Per maggiori info vai a questo link. Ti aspettiamo!

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Lascia un commento con Facebook

Torna in alto