La gentilezza

La gentilezza

La gentilezza è una chiave che permette di relazionarci non solo con gli altri, ma con la vita stessa, e come tale è parte integrante del percorso spirituale.

Molti di noi – ne sono profondamente convinto – seguono la scoscesa vita spirituale con una fedeltà senza pari. Giocano il loro ruolo di padri e madri, di mariti e mogli, di figli, di studenti; e, dentro, un geroglifico insistente, infiammato li affascina e attrae, nei suoi significati, sovente inespressi in modo integrale alla loro consapevolezza esteriore…

Sovente, per varie, ovvie ragioni, la vostra strada è difficile. Conciliare gli interessi sociali, personali, che vi sono propri, e le vostre innumerevoli attività; armonizzarvi con chi vi sta vicino; ed accordare, pure, il desiderio di perfezione che, a volte, si alza nel vostro orizzonte interiore, con la fiammella che continua ad ardere, non è, di solito, facile.

Ma, forse, il difetto di noi – donne e uomini di questo secolo, e di questa razza planetaria – continua ad essere un desiderio, estremamente premuto, verso il perfezionismo accentuato, verso una vita che, in fin dei conti, vorremmo rendere diversa dalla semplicità integrale, che possiede la levigatezza e la forma cosmica del semplice uovo: simbolo efficace e completo dell’esistenza perfetta.

Continuiamo a credere che la divinità esiga – lungo il sentiero – delle atroci forme di sacrificio personale, dei salti evolutivi rapidi ed improvvisi, ed esprima delle torturanti esigenze, per decidersi, infine, a rendere terso quel nostro famoso e famigerato ego, sì da fargli percepire le Radici di cui è parte; e, di conseguenza, darci la gioia ultima della fusione con l’universale.

È stancante, allora, lo stress che ne risulta. E diviene responsabile di un ritardo ed impaccio lungo la nostra quotidianità di jiva in evoluzione.

Parliamo, allora, della gentilezza.

Questo atteggiamento umano, questa forma di naturale approccio verso le persone e le cose, può essere paragonato – senza alcun stridore simbolico – all’olio che siamo abituati ad aggiungere nel motore della nostra auto, nella sua periodica manutenzione. E lo vedremo. Privo di olio, il motore entra – presto – nell’usura dei suoi componenti; e, alla fine, si rovina in modo irrimediabile, e viene posto da parte.

Mettendo a fuoco la carenza di gentilezza generale di un individuo, riusciremo ad isolare, nella nostra mente, l’importanza vitale – e non esagero! – di tale abitudine soggettiva, capace di costituire una potente chiave, nei rapporti umani di ognuno di noi: la chiave che rende felice il nostro impatto con il cosmico.

La gentilezza è una delle tante e poliedriche forme di quell’amore verso cui ci spingono le Sacre Scritture di ogni tempo, e le esortazioni di ogni Guida dell’umanità. Solo che non ci si pensa, a causa della presunta ovvietà del concetto.

Se comprendiamo che la gentilezza, sinceramente espressa e sentita nell’animo, non ha nulla di diverso dalla tanto decantata manifestazione di tenerezza verso il prossimo, ci renderemo conto del come sia – poi, e in definitiva – molto facile e gradevole la strada dell’evoluzione. Questo sentimento è la manifestazione di fusione democratica più sociale che esista. È una via a doppio senso. È rivolta ad ogni aspetto della rete sociale che ci coinvolge. Si dirige – con eguale diritto e dovere – all’umile sconosciuto, ed al grande affetto personale e quotidiano – che vive sotto il nostro medesimo tetto. E rigenera qualunque tipo di rapporto, che si fosse infeltrito e consunto.

Un uomo ed una donna, naturalmente e spontaneamente gentili, attraggono l’intera umanità che contattano, per tutto il tempo della loro esistenza in questa terra. La gentilezza non fa due pesi e due misure. Non si rivolge solo agli estranei. Se spontanea, nel proprio cuore, si esprime anche verso la propria moglie e verso il proprio marito; di mattino, appena levati; di giorno; e di sera, prima di addormentarsi.

E, in effetti – fateci caso – è solo grazie ad essa che molti matrimoni si perpetuano, costantemente rinnovati; o, anche, sono capaci di rigenerarsi. Il Sentiero è fatto – come ci insegna il nobile Taoismo – di piccole scaglie dorate. Spesso, ho notato che dei fratelli e delle sorelle più avanzati, lungo la strada evolutiva, adoperano un modo autorevolmente brusco e lapidario per esporre i loro commenti e i loro consigli a neofiti, ovviamente meno pratici di cose spirituali. Essi probabilmente pensano che il loro debba essere un codice tradizionale, di chi faccia parte dell’Enigma Primordiale.

In tal caso prevalgono una serie di complessi di un particolare subconscio raffinato: quello dello spiritualista. Nei quali, per il momento, non vorremmo mettere il naso. Una cosa è certa. Nessuno di noi – di fronte alla Natura Assoluta che serviamo quotidianamente – può presumere di pontificare, nel variegato modo a cui facciamo riferimento.

E, comunque, che l’istruttore, non gentile nei suoi interventi, dà più valore a quanto dice, che all’animo di chi ha di fronte. Questo, è un altro esempio di necessità alla gentilezza; questo, non è amore. La gentilezza con tutti, e con se stessi, porta, in tempi brevi, all’armonia soggiacente alle cose.

Chi è gentile, è amico di Dio. E Dio – annidato in ogni suo delicato rapporto con gli altri – non manca di rispondere indicibilmente all’appello. Avete mai notato come siete attratti da una persona di indole gentile? Vi sentite rispettati, amati, considerati. E ciò vi basta, per stabilire un nesso di natura superiore con quell’uomo e quella donna. In definitiva, ciò vuole la natura universale. Che i suoi frammenti si saldino tra di loro.

Un atto di gentilezza, una volta espresso, lascia un incantevole alone elettromagnetico attorno a sé, che costituisce una fiorente benedizione occulta per coloro che ne sono il soggetto e l’oggetto.

Una qualunque manifestazione non gentile, sdrucisce qualcosa nella vita interiore di chi la esprime – e di chi non sa difendersi da essa; e ci vorrà qualche tempo per recuperare l’equilibrio interiore, necessario a tutti per attingere alla creatività personale ed all’armonia innata della vita.

Ora, noi ci lasceremo. E ognuno di noi tornerà nel gioco abituale dei suoi rapporti umani. Quante persone incontreremo? Proviamola, questa chiave! Essa non contiene, nella propria natura, nulla di smielato, o di artefatto.

La gentilezza nasconde l’originale rapporto tra Dio e gli individui, e tra gli individui, con loro stessi. Una persona che non conoscesse nulla dei Grandi Misteri Elesiaci, ma che – comunque – vivesse un costante, tenero e sincero rapporto con i suoi simili, raggiungerebbe – senza alcun dubbio – la meta riservata ad ogni ciclo umano: l’armonia definitiva con il Tutto.

Note
Estratto da “Le Chiavi Mistiche dello Yoga”, dello stesso autore..

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