Perché il farmaco non può…

Perché il farmaco non può...

Perché il farmaco non può e non deve migliorare la qualità della vita

Appare evidente come in un’epoca come la nostra – caratterizzata prevalentemente da conflitti, crisi e separatismi – le problematiche che ne scaturiscono siano sostanzialmente di natura interiore. E’ sempre più radicata la tendenza ad affidarle all’interpretazione univoca di una realtà medico-scientifica che – per  formazione – ricerca le soluzioni nella farmacologia. I giovani – come denuncia  la campagna nazionale per la difesa del diritto alla salute promossa dal Comitato “Giù le mani dai bambini” – sono le prime vittime inconsapevoli.

Ancora una volta a fare tendenza è la società statunitense divenuta un modello di “società terapeutizzata”. E’ infatti in preoccupante aumento la tendenza –  anche da parte della  psicologia e della psichiatria – a medicalizzare tutto e tutti nell’intento di fare diagnosi al fine di individuare quale sindrome possa essere alla radice di un problema. Ogni comportamento concepibile (con il termine turba) può trovare posto nel DSM (Manuale Statistico e Diagnostico) e, conseguentemente,  diagnosticato come sintomo di una presunta malattia mentale. Tuttavia non è dimostrato – per gran parte delle malattie elencate nel DSM – nessun nesso causale con le alterazioni cerebrali che giustifichi la terapia farmacologica.

E’ proprio in base a questo criterio che – nel 1987 – l’associazione psichiatrica americana votò a favore della definizione della turba di iperattività e conseguente deficit dell’attenzione (ADHD) come di una malattia mentale. La cura di questa malattia è il Ritalin la cui produzione, vendita e devastanti effetti collaterali hanno avuto un aumento esponenziale nonostante non esistano prove mediche che comprovino una specifica affezione cerebrale. In quello stesso anno – a mezzo milione di bambini americani – è stata attribuita una diagnosi di ADHD.

Oggi, negli Stati Uniti,  vengono somministrati quotidianamente anfetamine e psicofarmaci ad oltre 11 milioni di bambini mentre, nelle scuole italiane, sono stati avviati programmi di screening di massa per individuare bambini sofferenti di problemi psicologici. E’ sufficiente che un bambino sia irrequieto ed indisciplinato per diagnosticare una sindrome da deficit di attenzione ed iperattività? Come può essere considerato scientifico un simile approccio se le sindromi non vengono valutate secondo criteri scientifici? Ed il rifiuto di una diagnosi del genere come viene interpretato?

L’ADHD è una possibilità, ma ce ne sono molte altre: per esempio insegnanti incompetenti e genitori disattenti. Altrettanto innegabile è l’esistenza di persone che hanno bisogno di medicinali o di essere curate in istituti psichiatrici perché pericolose per se stesse e per gli altri: ma non nelle percentuali indicate dalle statistiche statunitensi. Il disturbo da deficit dell’attenzione ed iperattività, il bullismo, l’infelicità personale, la criminalità diffusa, la violenza, non sono frutto di una società mentalmente malata, ma di un sistema in cui domina una politica incapace di una visione integrale della realtà e priva di virtù etiche.

Una politica che ritiene il progresso (essenzialmente inteso come profitto e potere) raggiungibile soltanto con la manipolazione e lo sfruttamento delle risorse della natura e degli esseri viventi è l’essenza della cultura della nostra contemporaneità. La nostra è una società di consumi, piena di contraddizioni, malata nell’anima perchè non sa più cogliere la magia e la poesia dell’esistenza, dell’affettività, della spontaneità: è il terreno su cui si forgia l’umano.

Per maggiori informazioni:
www.giulemanidaibambini.org

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