Equinozio d’Autunno – La speranza oltre la morte

Equinozio d’Autunno - La speranza oltre la morte

L’Equinozio d’Autunno sancisce il passaggio verso una stagione più buia e fredda, ma nel suo significato più profondo richiama la discesa nei mondi oscuri e invisibili, in cui occorre transitare per assecondare il ciclo di morte e rinascita che riguarda ogni aspetto della vita… così come il seme ha bisogno del buio e della fredda terra per poter poi generare nuova vita…

” L’Uomo nasce come il fiore dei campi, ma il vento lo sfiora ed esso scompare, né più si conosce il luogo dov’era”
(Salmi, 103, 15-16)

La celebrazione dell’Equinozio d’Autunno ha origini antichissime ed è una delle feste più significative dal punto di vista della storia delle religioni. Essa si celebra in tutto l’emisfero boreale al momento in cui il Sole precipita la sua discesa e di conseguenza le giornate si accorciano notevolmente.

I due punti Equinoziali segnano, lungo l’arco della corsa solare annua, i due punti in cui il giorno, cioè la luce, ha egual durata rispetto alla notte, cioè il buio. Mentre l’Equinozio di primavera che occorre intorno al 21 Marzo, segna il momento di equilibro lungo la corsa d’ascesa del Sole, cioè quando le giornate progressivamente si allungano fino alla massima estensione della luce che avviene durante il Solstizio estivo intorno al 21 Giugno, l’Equinozio di Autunno segna il punto in cui giorno e notte si equivalgono nel semiarco che va dal Solstizio estivo a quello invernale, e che segna la progressiva diminuzione della luce.

Passato questo punto d’equilibrio infatti il Sole, come già accennato, precipiterà la sua corsa e le giornate cominceranno progressivamente ad accorciarsi fino alla massima estensione del buio che avviene nel giorno del Solstizio invernale intorno al 21 dicembre passato il quale, il Sole stesso, ricomincerà un nuovo emiciclo ascensionale fino al suo trionfo che avverrà durante il successivo Solstizio estivo.

La diminuzione della luce durante l’arco dell’anno e il progressivo indebolirsi delle forme esterne della Natura ha creato da sempre nell’uomo una grande ansia rivolta a ciò che sarebbe potuto accadere se il Sole non fosse tornato e la Natura non fosse rinvigorita e rinata dopo la pausa invernale. Cosa provocava ma soprattutto garantiva il succedersi delle stagioni e il ritorno della luce e della prosperità?

I popoli agricoltori ed allevatori che popolavano le regioni dell’Europa e le fertili valli del Medioriente furono i primi ad associare la sacralità e i suoi relativi culti ai cicli agricoli. Siccome i cicli della fertilità della Terra erano connessi con i moti del Sole e della Luna, questi due astri furono i primi ad essere personificati come divinità portatrici di buona o cattiva sorte.

L’Agricoltura e l’Astrologia
furono da sempre strettamente legate e i culti degli dei astrali hanno sicuramente origine nell’osservazione dei mutamenti della Natura in connessione al ritorno di particolari asterismi nel Cielo.

Per ingraziarsi la benevolenza delle divinità che potevano garantire il ritorno della fertilità e il successivo raccolto l’uomo arcaico cominciò a maturare l’idea della necessità di dover sacrificare qualcosa. Questo sentimento sacrificale prese col tempo la forma di diversi culti e ritualità e permeò la sacralità dei popoli per millenni. Ancora oggi nelle pratiche delle attuali religioni, nelle credenze e nelle tradizioni popolari permangono ritualità connesse all’idea di sacrificio che hanno origine nei culti agrari e ancor prima nel sentimento d’incertezza che l’avvicinarsi del buio e dell’inverno generava sin dall’origine nell’uomo.

Il precipitare del Sole nella stagione invernale e il non poter prevedere o controllare direttamente il suo ritorno generò nell’uomo arcaico non solo l’ansia di ciò che poteva accadere ma anche il senso di forze cosmiche ed invisibili che governavano silenti il mondo fenomenico. Per questo molte delle cultualità che riguardano l’Equinozio d’Autunno hanno a che fare con la presa di coscienza del mondo invisibile e occulto che esiste parallelamente a quello visibile e tangibile e delle forze che lo governano. “Il mondo dei Morti” si fa dunque sempre più palese nella coscienza dell’uomo agricoltore man mano che l’inverno avanza e con esso l’incertezza della sussistenza della vita.

Diffuse nel periodo Equinoziale sono per questo tutte le operazioni e i rituali che riguardano altresì la previdenza e il bilancio. Tutte le celebrazioni che sono connesse con la ruota dell’anno, come le feste che si svolgono intorno agli equinozi e ai solstizi, hanno origini agricole.

L’Agricoltura stessa si configura sin dall’inizio come una serie di rituali attraverso i quali l’uomo prende coscienza prima del succedersi delle stagioni e delle forze invisibili che governano la fertilità del suolo, poi della possibilità di interagire con la terra stessa attraverso il lavoro agricolo. Con il suo lavoro l’uomo è cosciente sin dall’inizio di interagire con le forze della natura modificandole attraverso il proprio ingegno… perciò tutti i rituali che hanno carattere di sacrificio, e che si svolgono in special modo durante la fine del ciclo agricolo e durante il riposo invernale, hanno anche il significato di ringraziamento alla terra e alle divinità che governano il raccolto e possono garantire quello del ciclo successivo.

Numerose sono le usanze che ancora si tramandano nelle campagne associate a questo tipo di ringraziamento e di sacrificio e sono propiziatorie per ingraziarsi le potenze occulte che governano la fertilità del suolo. Ad esempio quello di lasciare qualche spiga sul terreno al termine dell’ultimo raccolto di agosto, di non consumare l’ultimo covone o di spargere un po’ di cereali a terra nel granaio durante l’immagazzinamento delle provviste.

Questi doni sono all’origine per la madre terra, per la divinità che governa il campo o per i morti e gli avi che possono interagire garantendo la prosperità del nuovo anno. Infatti anche i morti hanno lo stesso destino dei semi e a loro appartiene il mondo ctonio dove la vita finisce e ricomincia, essi lo conoscono perché come i semi vi sono stati deposti e possono intercedere per i vivi.

Tutte le cultualità che vanno dall’Equinozio di Autunno al Solstizio d’Inverno hanno a che fare con il mondo oscuro del buio, dei morti, dell’aldilà presso cui i vivi non possono agire direttamente se non con una presa di coscienza della dimensione invisibile che esiste parallelamente alla vita contingente. La celebrazione dell’Equinozio d’autunno ha perciò un carattere meditativo anche se non passivo, di bilancio e di presa di coscienza che ci proietta verso il ringraziamento, la speranza e l’attesa per un nuovo ciclo propizio.

Una delle celebrazioni più solenni che si effettuavano durante questo periodo riguarda i Misteri Eleusini antichissime ritualità che si svolgevano in Grecia e che avevano lo scopo di celebrare l’eterno ritorno della vita e della prossima primavera. Essi erano infatti direttamente associati al culto di Demetra e alla leggenda del rapimento della figlia Persefone da parte di Plutone, dio dell’Ade, vicenda che avrebbe dato origine al succedersi perenne della stagione luminosa e calda, e di quella buia e fredda.

In realtà questi culti rivelano anche come l’osservazione dei cicli naturali attraverso il lavoro agricolo avesse portato all’uomo una nuova speranza di vita oltre la morte. Scrive Mircea Eliade: “ (..) le più importanti sintesi mentali uscirono da questa rivelazione (l’agricoltura): la vita ritmica, la morte intesa come regressione. (..) Nella mistica agraria preistorica sta una delle principali radici dell’ottimismo soteriologico: precisamente come il seme nascosto nella terra, il morto può sperare in un ritorno alla vita sotto nuova forma.”

Associati all’idea di morte e di trasformazione delle forme vitali attraverso la loro rinascita sono poi tutti i rituali che riguardano o coinvolgono le operazioni di raccolta, spremitura, fermentazione del vino, analogia del ciclo vita-morte-trasmutazione o passaggio ad una nuova vita.

Il ciclo dell’uva e la trasformazione in vino ricordano infatti la vita transustanziata in nuove forme, per questo il vino ricorre spesso anche nella simbologia cristiana come sangue di Cristo, ovvero essenza che contiene lo spirito imperituro della vita. Proprio per questa connessione con le operazioni di produzione del vino, la vite venne già anticamente associata all’Albero della vita capace di collegare i due mondi e di attraversare le dimensioni garantendo lo scorrimento delle energie vitali.

Connessa ai significati dell’Equinozio è anche la festa dell’Arcangelo Michele ancora celebrata nelle campagne in molte regioni dell’Europa, specialmente nel sud dell’Italia. Arcangelo legato alla forza solare e al vigore marziale, Michele diviene sinonimo della volontà necessaria ad attraversare il buio della stagione invernale, della promessa e della speranza. Egli appare infatti nell’iconografia cristiana come difensore della Luce che con una spada in mano abbatte un mostro tellurico accasciato ai suoi piedi e simbolo delle forze ctonie del male. Nonostante dunque in questo momento dell’anno il vigore fisico della natura si affievolisca l’Arcangelo Michele, festeggiato il 29 settembre, è un appello al coraggio, alla forza, alla sconfitta della paura che cresce con l’approssimarsi del buio e della stagione fredda. Egli rappresenta perciò la forza interiore di ognuno, capace di attraversare l’Abisso per ricominciare un nuovo ciclo.

Ma se i cicli agricoli danno all’uomo una nuova speranza nell’analogia con il destino delle forme vegetali che muoiono per trasformarsi e rinascere, una profonda malinconia si apre parimenti all’uomo “dalla contemplazione del mondo vegetale: l’uomo è simile al fiore dei campi…”

A confermare l’ineluttabilità della morte fisica ci penserà col tempo la scienza, anche se l’idea della riduzione dell’intero ciclo della vita umana ad un minuscolo seme capace di germogliare di nuovo, resta comunque presente nella coscienza di coloro che hanno intrapreso un cammino iniziatico di conoscenza e di consapevolezza.

Elisabeth Mantovani
20 settembre 2010

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