Domande e risposte

Fare una domanda è un po’ come prendere la mira sul bersaglio prima di tirare la freccia: una freccia scagliata a caso non colpirà nessun obiettivo. Allora chiediamocelo: è la domanda ad essere trasformativa o la risposta? È la risposta sulla quale si deve lavorare o sulla domanda?

In un’epoca di grandi cambiamenti, di messa in discussione di vecchi principi e ideologie, e nella quale molti individui iniziano una personale ricerca interiore, trascorriamo la maggior parte del tempo a cercare risposte. Ci informiamo sui fatti, leggiamo libri scritti da qualcuno che probabilmente ne sa più di noi, assistiamo a conferenze, corsi, seminari per trovare risposte che ci aiutino a vivere meglio. Non ultimo, consultiamo oracoli, maghi o attendiamo risposte dalla scienza; risposte – in questi casi – che migliorino la nostra vita senza che noi muoviamo un dito.

Ma quali sono le domande a cui cerchiamo risposte? Non si tratta, troppo spesso, di domande che non guardano più in là del naso del contingente? Domande che troppe volte cercano soltanto un aiuto immediato, e non tanto affinché un problema venga risolto, ma affinché questo lo si possa sopportare con maggiore serenità o addirittura rimuoverlo, dimenticandolo, senza però cambiare i presupposti che hanno creato quel problema.

Oppure, ci confrontiamo con alcune grandi domande, forse troppo grandi per trovare risposte soddisfacenti. Ci chiediamo come si possa essere più ricchi, più amati e più felici, e c’è da chiedersi se questo genere di domande – per via delle risposte vaghe e spesso preconfezionate da altri – non ci tolgano la responsabilità di un agire personale e non ci diano la triste illusione di occuparci della nostra vita. E non solo: le grandi domande, nella maggior parte dei casi sono interrogativi astratti e che poco hanno a che vedere con la nostra realtà quotidiana.

In ogni caso, pensiamo che le vere domande siano poche, e più o meno sempre quelle, e crediamo che ciò che conti realmente siano le risposte. E per questo motivo, con in tasca i nostri soliti interrogativi, giriamo per il mondo in cerca di qualcuno che ci dia quelle risposte. Ma chiediamocelo: è la domanda ad essere trasformativa o la risposta? È la risposta sulla quale si deve lavorare o sulla domanda?

Il Libro delle Domande si pone dalla parte della domanda, spiegandoci che è proprio questa che ci proietta subito nel luogo preciso nel quale pescare ciò di cui abbiamo bisogno, come lo sarebbe il lancio dell’amo in un lago, gettato dal pescatore. Cosa accadrebbe, infatti, se quel pescatore fosse poco abile a individuare il punto esatto del lago in cui proliferano i pesci migliori? Cosa accadrebbe se il punto da lui scelto fosse una parte di lago totalmente carente di pesci? A cosa varrebbe attendere pazientemente?

E non accade questo, spesso? Non accade che molto volte continuiamo a porci la stessa domanda e non ci accorgiamo che è proprio perché continuiamo a porci proprio quella che non potrà mai giungere nulla? Non siamo, in questo caso, come un pescatore che pesca in un lago senza vita?
Il processo del curiosare e del cercare è come quel pescare. Si tratta di una questione di mira, e la nostra capacità di mirare è direttamente collegata con la capacità di porre domande che siano le più esatte possibili rispetto allo scopo che abbiamo, sia esso un desiderio o un disagio.

Per trovare un’altra immagine, potremmo dire che la nostra ricerca sia simile al volo di una freccia; la nostra vita è quella freccia, e se il mirare è la domanda, e il bersaglio è la risposta, ci si chiede: non ci dovremo occupare prima del punto da cui parte la nostra ricerca?
Le domande sono l’occhio dal quale l’arciere che è in noi guarda la realtà, e abbiamo in mano una freccia la quale, essendo la nostra vita, ci indica ogni volta dove ci stiamo dirigendo.
Il bersaglio ci racconta delle soluzioni che abbiamo trovato per giungere dove volevamo.
A che pro cercare bersagli preconfezionati e che spesso non ci appartengono?

Estratto dal Libro delle Domande di Alessandro Sironi, Anima Edizioni.

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