Il processo della morte nel Buddismo Tibetano

 

Chamtrul Rinpoche ci parla del processo della morte nel Buddismo Tibetano.

Secondo il Buddismo Tibetano il processo della morte segue vari stadi di dissoluzione.

La natura del corpo fisico e della coscienza mentale sono totalmente differenti.

Il nostro corpo fisico normale, un oggetto solido e tangibile, è composto da quattro elementi, in particolare dall’elemento della terra. Il sangue del nostro corpo è composto dall’elemento dell’acqua, il respiro dall’elemento dell’aria e la temperatura del corpo dall’elemento del fuoco.

Durante gli stadi di dissoluzione della morte, saremo dissolti nello stesso punto in cui ebbero inizio gli stadi della creazione degli elementi sottili.

Durante la morte l’elemento della carne si dissolverà nell’elemento della terra, l’elemento del sangue in quello dell’acqua, il respiro si dissolverà nell’elemento dell’aria e la temperatura del nostro corpo si dissolverà nell’elemento del fuoco.

Così finisce, si dissolve, il corpo fisico. Ma la coscienza è di una natura diversa e diversi sono gli stadi della sua dissoluzione.

Ognuna delle coscienze dei cinque sensi si dissolve gradualmente nella coscienza mentale.

La coscienza mentale è di due tipi: concettuale e non concettuale. La mente concettuale si dissolve gradualmente nella mente non concettuale, di quest’ultima ci sono tre diversi aspetti: la mente delle afflizioni emotive, la coscienza base di tutto e la “chiara luce”.

La mente delle afflizioni si dissolverà nella coscienza base di tutto, poi alla fine questa coscienza si dissolverà nella chiara luce.

Il termine “chiara luce” designa ciò che è dietro i diversi tipi di coscienza grossolana, e per il buddismo tibetano si tratta della natura di Buddha, cioè la natura primordiale, pura e vacua, di tutti gli esseri senzienti.

Così, la natura vacua della mente ha come essenza la luminosità, la chiara luce nella quale alla fine si dissolve.

Il momento della morte è quando avviene la separazione della coscienza mentale dal corpo fisico. Il corpo fisico diviene cadavere, mentre la coscienza, già dissolta nel suo elemento sottile, prosegue il suo percorso in base alle impronte karmiche costruite, passando dall’ultimo momento di chiara consapevolezza di questa vita allo stato intermedio del divenire.

Dallo stato intermedio del divenire, che può durare fino a 49 giorni e in cui non esiste un corpo fisico, attraverso il potere dell’energia karmica immagazzinata la coscienza prosegue verso una nuova vita.

Se l’energia karmica accumulata è virtuosa e le condizioni sfavorevoli non sono forti, la coscienza potrà trovare rinascita in una vita felice, nel reame umano o divino. Ma se sfortunatamente le impronte delle nostre azioni negative sono forti e incontrano condizioni favorevoli al loro sviluppo, allora la nostra coscienza viene trasportata a una rinascita infelice in uno dei tre reami di esistenza inferiori.

Per cui la prima cosa da fare durante il processo della morte per quanto possibile è preparare mentalmente la persona morente a concentrarsi in modo univoco su delle emozioni positive e aiutarla a liberarsi dalle emozioni negative, per favorire la rinascita in uno stato positivo.

Risulta così molto importante, durante gli stadi della dissoluzione della morte, mantenersi positivi e coltivare il più possibile le emozioni positive.
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