A che livello vogliamo vivere?

Siamo qui per una ragione e dobbiamo scoprire quale. Non lo scopriremo dormendo, non lo scopriremo rimandando, né delegando o facendo finta di non avere alcun ruolo…

 

Io credo che ci siano due livelli a cui possiamo vivere, o due velocità a cui possiamo viaggiare. Uno è il livello base, del risparmio e del minimo sforzo. È la zona di comfort in cui ci accontentiamo, ci rassegniamo, vivacchiamo e cerchiamo di passare indenni “a tutti gli urti della vita” (come diceva un cantante). L’altro è uno stato di ispirazione e motivazione, che ci porta sempre più in alto nella realizzazione di noi stessi e dei nostri obiettivi. È il livello del “constant push”, in cui ci si fa un mazzo tanto. Ma non parlo di essere fanaticamente assorbiti da obiettivi di chissà quale sorta, parlo solamente della spinta costante da esercitare su se stessi per correggere la rotta ed evitare di tornare nel cimitero degli impulsi vitali.

[…] le distrazioni sono ovunque e sono costanti, perciò anche la nostra azione deve essere costante, perché non appena ci distraiamo, veniamo assorbiti e ricadiamo nel baratro, da cui spesso è difficile uscire. Giusto per fare qualche esempio, io ho letto svariati manuali, seguito corsi online e dal vivo, sperimentato tante tecniche, provato svariati strumenti. Peccato che per molto tempo non sia stata costante, e abbia confinato quella conoscenza a un livello puramente teorico. Mi sono fatta distrarre un’infinità di volte, così come spiega bene Clarissa Pinkola Estés, nel suo fantastico libro Donne che corrono coi lupi, quando parla di un lavoro profondo su di sé che genera la giusta tensione per proseguire:

Se la tensione viene interrotta, bisogna ricominciare quasi dal nulla. Molte sono le ossa per la strada, succose, deliziose, interessanti, selvaggiamente eccitanti. Ma riescono a produrre l’amnesia, tanto da dimenticare non soltanto a che punto siamo del lavoro, ma perfino di che lavoro si trattava. Una cosa buona, in eccesso o in piccola dose, al momento sbagliato può provocare un’imponente perdita di consapevolezza. Allora, ci aggireremo come un professore con la testa tra le nuvole mormorando: “Ma dove diavolo ero?”. Ci vogliono settimane, talvolta mesi, per riprendersi da queste distrazioni.

Il problema è che questo meccanismo si ripete all’infinito, nella vita; e a volte realizzi, in una frazione di secondo, che il più grosso intralcio alla tua evoluzione sei tu stesso, col tuo carico imponente di disagi, paranoie, autogiudizi, lamentele incessanti, inutili digressioni nel passato e un’imperante mancanza di autostima. In quei casi non c’è verso di tirare fuori la parte più “selvaggia”, quella che spingerebbe a uscire dal guscio e manifestare le parti più luminose e preziose di noi. No, vince quasi sempre quella parte in ombra che è condizionata da tutte le credenze erronee su se stessi, del tipo: non riesco, non posso, non ce la faccio, non è da me, non mi riguarda, non sono in grado, non importa, non serve, fa niente, che cambia?, perché dovrei?, a chi serve? Beh, volendo dare una risposta a quest’ultima domanda, la semplice risposta è: A TE! Non ci interessa nulla dei risultati, degli esiti, della perfezione… ci interessa solamente alzare il culo dalla sedia e metterci in moto. C’è chi non si alzerebbe mai dal letto alla mattina, perché non ha un vero motivo per farlo, è semplicemente costretto a farlo. E poi c’è chi non vede l’ora di alzarsi, per svariate ragioni: per inseguire un sogno, o semplicemente per godere della Vita in ogni sua piccola sfaccettatura.

Ecco, bisogna cercare di sublimare la fatica immane di doversi alzare dal letto nell’irrefrenabile impulso di volerlo fare perché, accidenti, siamo qui per una ragione e dobbiamo scoprire quale. Non lo scopriremo dormendo, non lo scopriremo rimandando, né delegando o facendo finta di non avere alcun ruolo. La Saggezza interiore ci sta guidando da qualche parte, dobbiamo solo capire dove, levandoci di mezzo, non essendo più d’intralcio, lasciando che le cose accadano, seguendo i nostri impulsi, assecondando i gesti più istintivi, permettendo alla parte più creativa di emergere, senza vergogna, senza paragoni e giudizi, senza boicottaggi. Gli autosabotaggi avvengono di continuo, il nostro ego è espertissimo in questo: basta una frase in arrivo da un passato più o meno recente, e siamo già alle corde. Basta un ricordo, un’immagine, ed eccoci lì, bloccati o impauriti, insicuri e balbettanti, invece che essere i coraggiosi urlanti delle nostre sacrosante verità.

Elisa Renaldin, dal libro Riaccenditi! (Anima Edizioni)

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