Comprendere la dimensione inconscia

Sappiamo che più del 90% dei nostri comportamenti, azioni, reazioni, opinioni, convinzioni, credenze, è governato dalla nostra mente inconscia, al di fuori cioè dello stato cosciente. L’inconscio non è, di per sé, una cosa subdolamente nascosta: è semplicemente una modalità dell’essere… Articolo di Corrado Ceschinelli, dal suo libro Codice Vitariano.

 

Sappiamo che più del 90% dei nostri comportamenti, azioni, reazioni, opinioni, convinzioni, credenze, è governato dalla nostra mente inconscia, al di fuori cioè dello stato cosciente. L’inconscio non è, di per sé, una cosa subdolamente nascosta: è semplicemente una modalità dell’essere. Possiamo dire che siamo fatti così, dotati di un sistema in grado di processare una moltitudine di dati in pochissimo tempo e di tenere in memoria infinite cose apprese. Pensate se di volta in volta dovessimo imparare daccapo ogni cosa.

Per facilitare la comprensione di quello che sto dicendo userò l’esempio del computer: anche se un po’ impropriamente sono certo che rende bene l’idea.

Quando acquistate un computer, sul suo disco fisso trovate già installati alcuni programmi “base”, il cosiddetto “sistema operativo”, che consente alla macchina di accendersi e spegnersi e, soprattutto, di rendere possibile l’installazione successiva dei “programmi utente”, quelli che ci consentono di scrivere, disegnare, progettare, ascoltare musica, navigare in Internet, guardare foto, film ecc. Ciò che voi realizzate premendo un tasto di comando o cliccando una funzione, che vedete o ascoltate, è il risultato ultimo di un’invisibile, veloce, automatica, elaborazione complessa di dati. È, per così dire, la “memoria inconscia” del computer.

L’analogia con la mente umana sta nel fatto che anche noi veniamo al mondo con alcuni programmi pre-memorizzati, che “accendono” e “spengono”, o meglio, regolano, meccanismi di sopravvivenza e funzioni biologiche; programmi installati da Madre Natura, definiti dall’evoluzione e dall’ereditarietà genetica, che, oltre ad altri compiti, hanno anche quello di consentire l’installazione e il funzionamento dei programmi dell’utente finale, che tutti noi usiamo ormai quotidianamente.

Occorre dire che la “macchina” – computer o uomo che sia – è fatta per “girare”, per funzionare, al meglio delle sue prestazioni, ma ci sono programmi che la rallentano, la “ammalano”, e programmi/ istruzioni che, invece, consentono il suo utilizzo pressoché perfetto. Per quanto ci riguarda, l’installazione di questi programmi avviene lungo il corso della vita, per apprendimento, per ripetizione, nel bene e nel male, fintantoché quel programma “scivola” nella memoria inconscia e agisce in modo del tutto automatico. Nel “bene” quando impariamo a camminare, a parlare e molti altri comportamenti che possiamo definire utili e coerenti con la nostra costituzione e inclinazione; nel “male” quando installiamo programmi contrari alle nostre prerogative o perché, in tempi primordiali, abbiamo sperimentato sofferenze o violenze e, sulla base di quelle esperienze, per noi assolute, creiamo un meccanismo di difesa o di autoconvincimento che finisce nella stessa memoria elaborativa.

La risposta che risulterà sul nostro “schermo”, quello della percezione somatica, emozionale, umorale, che condizionerà la nostra azione/reazione, che sarà nelle nostre giustificazioni e argomentazioni, non sarà nient’altro che il risultato finale di quanto quel programma è stato in grado di elaborare o, se volete, quello che da sempre è abituato a fare. Ogni volta che “cliccate” su quel “tasto”, che incontrate uno stimolo o una situazione analoga o simile, attivate inconsapevolmente quel programma e quella risposta.

Ancora un esempio: per attraversare la strada non ci vuole un programma complesso, ma se ho vissuto un’esperienza traumatica, quell’azione si connoterà di angoscia e di particolare apprensione, ed è probabile che per quella persona attraversare la strada rappresenti un problema più grande della realtà. Per questo si dice che la risposta agli eventi, lo stress che proviamo, è sempre legato alla percezione, al vissuto, ai “programmi” personali. È per questo che Teresa sperimenta un’angoscia terribile al solo pensiero di dover prendere una decisione; che Valeria quando vive una tensione familiare prova nausea e un forte mal di testa per due giorni; che Mario, sotto pressione per una scelta, si sente un’oppressione al petto e una sudorazione esagerata; che Federico, causa la sua insicurezza e disistima, si è ammalato di cuore; che Sergio prova una rabbia smisurata, ed è sempre in un atteggiamento negativo… sono solo degli esempi di elaborati inconsci sui quali nulla possono la loro coscienza e la loro volontà, fintantoché non si interviene nella memoria che li genera, nella “matrice” d’origine.

L’inconscio quindi è quella parte operativa della “macchina” (memoria) che non si vede, e che elabora, con velocità e sistematicità, gli stimoli che incontra, sulla base dell’esperienza pregressa. Non immaginando niente di tutto questo (essendone inconsapevoli) si è portati a considerare solo l’effetto finale e, men che meno, si può immaginare la possibilità di poter “correggere” o “sostituire” il programma limitante. Diventare consapevoli e agire sui programmi dis-funzionali è l’unica via per risolvere in maniera radicale e definitiva i danni o gli effetti collaterali che questa anomalia di sistema provoca e produce. Stiamo parlando delle conseguenze sul piano neurofisiologico e psicosomatico e di quante “false credenze e convinzioni” finiscono nei comportamenti e nelle nostre scelte di vita quotidiane.

Del resto, è una realtà che il trascurare le implicazioni dell’inconscio, e più in generale le potenzialità della mente, ha portato la nostra civiltà, la nostra medicina, a concentrare l’attenzione più sulle cure dei sintomi che non sulle cause che li hanno generati, con la conseguenza indotta di un peggioramento del sistema e della qualità di vita.

Per rimanere nell’esempio dei computer, la differenza tra la mia (ridotta) competenza in campo informatico e quella di mio figlio, essendo lui un ingegnere in questo campo, è che quando ho un problema con il mio computer, non solo sono incapace di porvi rimedio, ma sono anche in balia della disfunzionalità che, inconsapevolmente, ho causato. Mio figlio, che conosce il linguaggio dei computer, la loro condizione ideale, è in grado di apportare immediatamente le opportune modifiche al sistema, installando, ad hoc, i programmi più efficaci ed efficienti per risolvere l’anomalia generatasi.

Lavorare con l’inconscio, è un po’ la stessa cosa. Niente di particolarmente difficile se si conosce come funziona “il sistema” e come si possono apportare le modifiche e le correzioni per uscire da una dipendenza e da un’ignoranza che rallentano la macchina o che inibiscono la sua virtualità espressiva. Io sono diventato, per le dinamiche dell’inconscio, né più né meno, quello che mio figlio è diventato per le dinamiche del computer. I risultati sono, a volte, immediati e sorprendenti. Certo ci sarebbe molto altro da dire e approfondire e lo faremo via via lungo il corso del libro. Per il momento è importante comprendere e capire la dimensione inconscia, perché la possiate ipotizzare e considerare per poi poterla eventualmente alleggerire […] da quei “virus”, da quei “programmi obsoleti” o difettosi, e tornare a poter essere liberi di agire e reagire nel contesto del “qui e ora”, grazie a un’intelligenza capace di guidarci lungo il corso della vita, mantenendoci sempre nella massima espressione creativa e vitale.

Corrado Ceschinelli, dal suo libro Codice Vitariano (Anima Edizioni)

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