La coscienza è un capolavoro

 

Intervento di Gian Paolo Del Bianco al convegno Dialoghi sulla Coscienza organizzato da Centro Mosaica a Lido di Camaiore (LU) il 12-13-14 aprile 2019. Tema: “La coscienza è un capolavoro – Quando parole immortali raccontano la consapevolezza”.

 

Per dare spazio alla coscienza serve il silenzio. Insieme al silenzio serve un certo tipo di ascolto, l’ascolto partecipato.

La nostra società non ci allena a questo tipo di ascolto, ma anzi ci spinge a restare sulla superficie, appresso alla velocità.

I capolavori di qualsiasi arte sono a loro volta portali che ci permettono di accedere a stati di coscienza più ampli.

Le emozioni, che si agganciano alle esperienze che facciamo, sono ciò che ci può avvicinare o viceversa allontanare dalla connessione con la coscienza.

Verga nella novella “La lupa” racconta la storia di una donna soprannominata “la lupa”, posseduta dalle proprie emozioni, emozioni che la portano lontano da sé. La lupa fa perdere la testa a tutti gli uomini che incontra, che la temono e allo stesso tempo la desiderano. Un giorno lei incontra un ragazzo bellissimo di cui si innamora e al quale si dichiara. Lui però la deride e le dice che invece vuole la figlia di lei. E lei accetta, pur di stargli vicino in qualche modo.

La parola “passione” etimologicamente richiama la sofferenza. La lupa più che dalla passione è spinta dalla sofferenza e probabilmente da un copione del passato che è costretta a riprodurre.

Ognuno di noi cerca il suo posto, ma spesso finisce per occupare un posto assegnato dal sistema. Il baratro non è solo la morte, è la spinta coattiva che ti porta a incarnare inconsciamente e sempre di più quel ruolo che il sistema ti ha assegnato.

Dove ci portano le emozioni che proviamo? Quale realtà stanno creando?

Esiste anche la tempesta perfetta, quella che nasce dal dolore ma genera una coscienza più alta. Un esempio ci è dato da un passaggio narrato dal Manzoni ne I promessi sposi, nella scena in cui una giovane madre sta per consegnare la figlia morta a un monatto, l’incaricato al trasporto degli appestati defunti.

Questa donna in realtà è autorevole, è andata oltre perché è allineata con un portale altro. Non è preda della disperazione, ma è presente a ciò che vive. Qui la coscienza si fa capolavoro.

 

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