Chi attraversa un’esperienza drammatica come quella del Suicidio, spesso non ha la lucidità e la consapevolezza del proprio cammino, e ignora di dover “tornare” ad affrontare i propri nodi… Ecco il punto di vista del mondo degli Spiriti, così come canalizzato da Maria Carrassi.
Alcune sere dopo l’episodio del 15 Novembre, ci venne la curiosità di conoscere la condizione dei suicidi. Eravamo già in contatto ed allora facemmo questa domanda all’Entità che si era manifestata come Entità P.
Questa la risposta…
R. Chi si toglie la vita, deve affrontare un lungo cammino fatto di preghiera e convincimento, perché, spesso, non si compie un gesto con chiara mente e quando poi ci si ritrova nella condizione di Spirito, non si accetta di aver compiuto quel gesto. L’uomo è un essere debole e sa che spesso compie azioni senza averne l’intenzione.
D. E allora, per accettare la propria morte cosa fare?
R. Per poter accettare la propria morte, l’uomo spesso è aiutato da altri spiriti più evoluti che lo aiutano a superare quel distacco traumatico dal suo corpo. Questo non è un compito facile, perché lo Spirito suicida, ancora legato fortemente alla terra, non è docile ed è chiuso spesso nel ricordo del dramma che lo ha portato a suicidarsi. I sentimenti che albergano in lui sono ancora quelli terreni, che spesso in questi casi sono quelli che hanno determinato la causa prima del fatto.
Finchè lo Spirito non riesce a superare i sentimenti di gelosia, rancore, odio, vendetta e via dicendo, finché cioè non riesce a spiritualizzarsi o meglio a vedere le cose da un punto di vista spirituale, ogni intervento di aiuto sarà faticoso e spesso non risolutivo. Per lui si fanno quindi preghiere, si invoca l’aiuto di Dio o dei Santi protettori, e con esempi si cerca di fargli prendere coscienza della logica del gesto compiuto.
D. Quale logica può esserci in un gesto folle?
R. Anche in un gesto insano c’è una logica che guida l’azione, è una logica assurda sicuramente ma in quel momento sembra la più logica in assoluto. Se non fosse così nessuno si ucciderebbe. È vero però che gli uomini non conoscendo il percorso doloroso che li attende dopo un simile gesto, agiscono d’impulso senza riflettere, dominati come sono dalla mancanza di lucidità.
D. Stai parlando di dolore, ma io ricordo che, dopo il suicidio del 1792, nella condizione di Spirito non soffrivo ma ero solo impedita ad andare oltre una certa soglia (Ndr – l’autrice racconta nel suo libro “Alla ricerca della verità” di aver ricordato tre vite precedenti, di essersi uccisa per due volte di seguito, e che nella condizione di Spirito provava solo quello che aveva chiesto di “chiarire”).
R. Anche se il peccato sembra uguale, il percorso può essere diverso, tutto dipende dalle motivazioni che hanno prodotto un risultato e dai sentimenti verso Dio.
D. Spiegati meglio…
R. Prendiamo ad esempio te. Nelle tue vite non hai mai conosciuto la felicità, ed il tuo gesto è stato generato da grande debolezza nell’affrontare le prove della vita, non c’era quindi cattiveria in te o diffidenza verso un Sé Superiore. Diciamo che non conoscevi bene le regole che legano la vita dell’uomo a Dio suo Creatore, perciò per poter capire la negatività di un tale gesto, dovevi necessariamente imparare a conoscere le regole fondamentali della vita. Tu non credevi di soffrire, perché non conoscevi cosa significa essere felice, solo con questa consapevolezza si può fare il paragone.
Facciamo un esempio: Se ad una persona viene impedito di andare in un luogo o di fare ciò che gli piace, può essere felice? Certamente no, ma se non ha mai conosciuto la felicità, non sa cosa significa essere felice e quindi pur vivendo in una misera condizione, non soffre perché non può fare paragoni.
Tutto è relativo e connaturato con le esperienze individuali, ma quando si esprimono dei concetti generali, ognuno deve capire in che misura quanto viene detto possa riguardare la sua persona.
D. … Allora spiegami perché una persona che ha commesso un gesto tanto folle per ignoranza delle regole, poi si trova ad affrontare una seconda vita di infelicità. La sua posizione dovrebbe essere alleggerita.
R. Anche il concetto di infelicità è molto relativo. Ognuno quando nasce ha in sé delle spinte interiori che lo stimolano in una certa direzione. Ma la maggioranza degli uomini non sa ascoltarsi, e procede guidato spesso dal miraggio di cose impossibili. Questo inevitabilmente porta verso una vita di sofferenza, che si manifesta nel contrasto tra quello che si è e quello che si vorrebbe. Non tutto si può avere così come lo si desidera, ma l’ostinazione dell’uomo è grande e quando non riesce ad ottenere ciò che vuole, si scoraggia e si sente sfortunato o infelice, spingendosi talvolta fino all’assurdo… Dovrebbe invece accettare ciò che la vita gli offre senza fare paragoni con altri o desiderare cose impossibili.
Se l’uomo imparasse ad accettare ciò che è e tendesse con consapevolezza a migliorare se stesso, non si troverebbe mai nella condizione di infelicità che può spingerlo a gesti folli come il suicidio. Inoltre dovrebbe capire che il suicidio interrompe un processo di crescita e di evoluzione e rinascendo si troverà ancora ad affrontare la stessa problematica.
Prendiamo il tuo esempio: se ti sei uccisa per amore, era in questo senso che doveva andare la tua vita e poiché il vero amore è quello che possiamo rivolgere a Dio, nostro Padre, e ai nostri fratelli, tu sei stata condotta a prendere coscienza di questo, attraverso una serie di avvenimenti dolorosi legati a quel sentimento che ha guidato tutte le tue vite. Poiché da sola non saresti riuscita a liberarti da quella angosciosa ricerca, e due volte hai ripetuto lo stesso gesto suicida, sei stata guidata passo dopo passo a prenderne coscienza.
D. Voi avete usato l’inganno… mi avete fatto false promesse per condurmi dove ora sono, perché?
R. Far credere a volte è l’unico mezzo che abbiamo per convincere. La falsa speranza porta gli uomini a compiere anche l’impossibile e tu non potevi diversamente capire quello per cui eri nata, perché eri ancora fortemente legata ai sentimenti guida delle tue vite precedenti. L’unico modo per convincerti a fare delle scelte era quello di assecondare i tuoi sentimenti e così siamo riusciti ad aprire la tua mente verso nuovi orizzonti.
D. E’ vero quindi che non c’è libero arbitrio…
R. Se per libero arbitrio intendi perpetrare all’infinito gli stessi errori, occorre che qualcuno intervenga per aiutarti a capire. Nelle scelte che gli uomini fanno c’è sempre la speranza di un tornaconto personale, e questo spesso non è rispondente alle scelte di vita fatte prima di nascere, quando ognuno sceglie liberamente il percorso più consono alla sua possibilità di evoluzione… perciò se un uomo, dimentico della sua scelta, non riesce da solo a uscire dalla rete nella quale è intrappolato e non riesce a trovare la direzione in cui andare, allora intervengono le Guide come nel tuo caso.
Noi, però, abbiamo potuto far sentire la nostra voce, perché c’era in te disponibilità all’ascolto, ma quando un uomo si trincera dietro pregiudizi o drastiche posizioni razionali, cercando prove che difficilmente potrà avere, allora diventa molto difficile per noi aiutare chi non vuole essere aiutato, perché ha il cuore chiuso all’ascolto. Allora noi nulla possiamo fare e lui sarà costretto a ripetere l’esperienza terrena (la stessa) più volte fino a quando non avrà imparato ad ascoltare, abbandonando orgoglio e presunzione.
Solo un atteggiamento umile verso chiunque abbia da dire qualcosa è la chiave per l’evoluzione.
Il tuo errore è stato un errore per grande amore e questo sentimento è quello che dovrebbe animare tutti gli uomini per poter vivere in pace e fratellanza. Il tuo era un amore sprecato per un uomo solo che nel tempo lo considera come una catena, perché l’amore, quando è grande, come tu sai nel cuore, deve potersi espandere verso tutti perché molti hanno bisogno di essere amati. Non si può rifiutare di dare, quando il cuore trabocca di amore.
D. Come si può dare amore agli altri se si è infelici?
R. L’infelicità, già ti ho detto, è mancanza di consapevolezza… c’è quando ci si ostina nel desiderare qualcosa di irrealizzabile. Come per tanti altri la tua vita necessitava di evolversi, l’obiettivo era “rinnovarsi”, per andare avanti, mentre tu rifiutavi l’aiuto per restare impantanata nel sogno di una vita senza speranza. Prendere coscienza della realtà è doveroso, non si può vivere ignorando la verità. Tu l’hai sempre cercata, ma ancora oggi, nonostante i nostri ripetuti interventi, tentenni nel portare a termine il tuo compito. Prendere coscienza del proprio percorso evolutivo non è obbligo, ma necessità!.
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