“Poco e di tutto” è in genere il consiglio che si riceve dai nutrizionisti e dai medici per quanto riguarda l’alimentazione, eppure per vivere in buona salute occorre adottare proprio il comportamento opposto…
Uno dei consigli saggi tra i più abusati, di provenienza tipicamente medica, è quello del mangiare poco e un po’ di tutto. Ma tale idea non è affatto brillante, e ci sono gravi errori in entrambi gli aggettivi “poco” e “di tutto”. Vale piuttosto, in alternativa, l’esatto contrario, ovvero il mangiare molto e di poco. Il molto è chiaramente da scegliere tra le cose buone del momento e del luogo a propria disposizione.
Perché mai i medici e i nutrizionisti insistono sul concetto del mangiare poco? Il “poco” viene raccomandato da quei medici e da quei nutrizionisti i quali, non sapendo essi stessi quale sia la regola, ovvero quali sono i cibi giusti e quali i cibi sbagliati, li accettano entrambi, fanno mescole oscene e rovinano i propri intestini (hanno il diritto di farlo, trattandosi dei loro intestini), rovinando, il che è ancor più grave, pure quelli degli altri.
Chiaro che, a quel punto, avendo fatto già l’errore di includere nella loro dieta il non-cibo, il cibo proteico animale, il junk, il cotto e lo stracotto, sono costretti a correre ai ripari, a inserire un tocco di temporanea e circoscritta saggezza a rimedio della loro negligenza iniziale. Ecco allora che ricorrono al concetto del “poco”.
Hanno messo il “di tutto”, che in realtà non è una ampia gamma di scelte, ma solo un numero ben limitato e circoscritto di opzioni, che si contano sulle dita della mano, tutte chiaramente vietate e incompatibili, e pure consumate in modo improprio, e rimediano ricorrendo al “poco”, in modo tale che le conseguenze negative e i danni siano meno gravi.
Di sicuro è vero che mangiare una bistecca fa meno male che mangiarne tre. Ma non è così che si ragiona, quando si punta alla perfezione. Un nutrizionista serio e responsabile deve puntare al meglio, e non alla meno peggio, deve inseguire la perfezione e poi insegnarla e trasmetterla, mentre spesso si limita a fare il ripetitore di vizi e di mediocrità che sono già troppo diffusi tra la massa.
Perché il “poco” fa male
Tutti noi abbiamo in casa una bicicletta. La adoperiamo poco e magari pretendiamo che sia sempre lì pronta a condurci dovunque ci comoda. Apriamo il cancello e via per la ciclabile, ma poi ci accorgiamo che le gomme sono piuttosto sgonfie. E’ la cosa peggiore che ti possa capitare, perché vai piano e devi mettere più forza nei pedali. Consumi più energia e consumi più gomma. E, come già non bastasse, c’è pure in più il rischio triplicato di forare. Questo perché i pneumatici sono fatti per operare con una determinata pressione.
Ora, il nostro sistema intestinale, pur non essendo paragonabile a un pneumatico, ha caratteristiche di flessibilità e di espansività per cui, entro certi limiti, funziona al meglio quando lo riempiamo, sempre a patto che lo si faccia con sostanze compatibili, vive, ricche di fibra naturale, capaci di facilitare sia l’assimilazione dei nutrienti che l’espulsione delle scorie.
In conclusione è meglio mangiare di più, basandoci su qualche specifico prodotto naturale (una manciata di diversi vegetali che vanno dalla frutta alle foglie verdi, dai vegetali più amidacei, tipo zucche e patate, alle noci e ai cereali), e mangiarne a volontà. La variazione, l’arricchimento proveniente dalle diverse specie vegetali, si può e si deve attuare giocando sull’alternanza tra colazione e merenda per la frutta, e tra pranzo e cena per vegetali, cereali e noci, ed anche sull’alternanza tra un giorno e l’altro, tra una settimana e l’altra, tra una stagione e l’altra, tra una località e l’altra.
Del resto, fanno così anche gli animali, perennemente guidati da quella saggezza divina che è l’istinto, l’intuito, l’intelligenza naturale. Vedi ad esempio i merli, che alternano giorni interi alla cura delle more, poi a quella del sambuco, a quella delle ciliegie, a quella dell’uva, a quella del miglio e a quella del girasole.
Mangiare tanto, purché non sia alto-proteico (cioè animal-proteico). La digestione e l’assimilazione delle animal-proteine nel corpo umano rappresentano non una routine ma una autentica emergenza (guidata e gestita dal sistema immunitario). Le alto-proteine sono quelle di origine animale (carne, latte, latticini, pesce, uova), mentre le basso-proteiche sono quelle di origine vegetale, presenti chiaramente in ottima quantità bilanciata ed equilibrata, cioè a misura d’uomo, in tutti i prodotti che crescono sotto la luce del sole.
Alla fine, tutti gli aminoacidi si equivalgono e si confondono, col triptofano animale e il triptofano vegetale, ad esempio, sullo stesso piano. Ma, in fase digestivo-assimilativa, le differenze sono enormi, poiché mentre le proteine vegetali vengono assimilate velocissimamente e senza problemi, a costo digestivo zero, le proteine animali, racchiuse e incapsulate in molecole lipo-proteiche, devono essere disgregate con l’uso abbondante di acidi (di cui lo stomaco umano è scarsamente dotato).
Ed è anche per questo che la digestione e l’assimilazione della animal-proteine nel corpo fruttariano dell’uomo, rappresentano non un fatto normale e di routine, ma una autentica emergenza, come dimostrato ampiamente dagli esperimenti di Kautchakoff nel 1930.
Anche per gli acidi grassi polinsaturi Omega-3 ci sono marcate differenze. Nessun problema digestivo-assimilativo con gli Omega3 vegetali, che derivano da PG (prostaglandine) positive di tipo I e III, ottime sotto tutti i punti di vista, prive di effetti collaterali e di complicazioni digestive, ed in più consumate allo stato crudo, ma molti problemi invece con i tanto declamati Omega3 di origine animale (soprattutto dal pesce), che derivano dalle PG (prostaglandine) negative di tipo II, dove l’assimilazione è scarsa e il conto energetico-digestivo e il conto depurativo da pagare alla fine sono molto alti.
Macchina umana frutto di un preciso progetto mirato, funzionante al meglio con determinati carburanti.
Frutta a rapida combustione e vegetali amidaceo-proteici a lento rilascio di energia.
Chiaro che, essendo la macchina umana frutto di un preciso disegno e di un coerente progetto, essa presenta esigenze precise e particolari. Essa è una vettura che va a carburante super e pulito, ovvero va a carboidrati, cioè a zuccheri, e più precisamente a succhi biologici zuccherini vitaminizzati e mineralizzati naturalmente, o se vogliamo all’acqua biologica arricchita da tutti i micronutrienti ivi contenuti.
Chiaro che questi carburanti, dolcificati naturalmente, sono prodotti a veloce combustione, a rapido rilascio di energia calorica. Ed è per questo che madre natura ha saggiamente messo a disposizione dell’uomo altri carboidrati di tipo amidaceo e amidaceo-proteico, che sono sostanze a lenta combustione, in quanto rilasciano energia in modo più prolungato nel tempo. E ci riferiamo agli amidi naturali come quelli dei rizomi e delle radici (patate, patate dolci, rape, carote, ravanelli, tapioca), dei frutti (zucche, castagne, avocado, banane), dei vegetali amidaceo-proiteici (noci, pinoli, pistacchi, mandorle, nocciole, arachidi).
L’alimentazione umana è razionale, conveniente, redditizia quando è basata su cibi ad alto rendimento, ovvero ad alta produttività calorica accoppiata a costo digestivo bassissimo. Questo si ha quando il carburante usato è quello giusto, quello ritagliato a misura per l’apparato gastrointestinale e per tutto il sistema idraulico umano, basato su liquidi non densi ma il più possibile scorrevoli.
Gli unici carburanti che rispettano tali criteri di convenienza, di alto rendimento, di costo digestivo-assimilativo vicino allo zero, sono la frutta e la verdura freschi e allo stato naturale, i quali, se assunti in modo corretto, vale a dire a stomaco e a intestino vuoto e liberi da scorie intestinali proteiche (soprattutto quelle della carne, ma anche quelle dei cibi cotti e devitalizzati), mandano i loro micronutrienti mineral-vitaminici a circolare nel sangue nel giro di una mezz’ora.
Cibi di origine animale, cibi concentrati, cibi devitalizzati, cibi cotti, cibi salati e zuccherati, comportano tutti invece pesanti costi energetici in fase digestrivo-assimilativa, in fase immunitaria (vedi processi leucocitosici innescati dalla carne e dal pesce) e in fase depurativa.
Le ultime novità della Proteomica molecolare e cellulare
La amiloidosi, nuova forma di intossicazione cellulare da eccesso proteico
La amiloidosi cerebrale preoccupa in quanto legata allo sviluppo dell’Alzheimer
Nel numero di Panorama del 6 Novembre 2008, c’è a pagina 99 una interessante intervista di Gianna Milano alla dr. Francesca Lavatelli, ricercatrice presso il Policlinico San Matteo di Pavia. Si chiama amiloidosi – la malattia in cui diverse proteine (chiaramente di origine animale), anziché essere disgregate ed assimilate regolarmente (come succede ad esempio con le proteine vegetali, aggiungiamo noi per chiarezza), vanno ad accumularsi in organi e tessuti sottoforma di fibrille, di depositi che si chiamano amiloidi. Esistono amiloidosi sistemiche, che colpiscono organi come cuore, fegato, intestino, sistema nervoso periferico, rene, e sono considerate malattie rare, dando luogo ad esempio in Italia a 800 nuovi casi/anno, solitamente in età matura…
Più note invece le amiloidosi cerebrali, dove i depositi di fibrille di amiloide sono ritenuti importanti nello sviluppo dell’Alzheimer, la cui incidenza cresce con l’aumentare delle aspettative di vita, ma soprattutto con l’aumento della alimentazione carnea, ed anche con la diffusione crescente del morbo BES (mucca pazza). Le proteine in questi casi si aggregano sia all’interno che all’esterno delle cellule, determinando un effetto tossico che causa una severa riduzione funzionale dell’organo interessato. Ogni tipo di proteina dà luogo al suo specifico e diverso tipo di amiloidosi. L’obiettivo delle cure è rallentare rintracciare il tipo di proteina che ha formato i depositi, perché la terapia è diversa per ciascun tipo di amiloidosi.
La prima cosa virtuosa da farsi, ovviamente, sarà quella di rallentare o arrestare il fenomeno, di bloccare ogni ulteriore flusso di quel materiale proteico, evitando così ogni accumulo aggiuntivo di proteine inquinanti.
Come non bastassero i disastri dell’acidificazione del sangue (e conseguente osteoporosi), gli sconquassi della putrefazione intestinale, lo scatenamento di crisi ossidative (generanti radicali liberi e gravi malattie), gli avvelenamenti da acido urico (gotta) e gli accumuli di omocisteina nelle arterie (derivanti dall’aminoacido metionina, cioè dalla carne, dal pesce, dalle uova e dal latte), la “malaproteina animale” va ad aggiungere altri trofei ed altri scalpi umani al suo già impressionante e tragico palmares.
La scienza se ne sta accorgendo in continuazione e a ritmo crescente. Chi però continua a non accorgersene, a non capirci un’acca, a non fare le dovute deduzioni, a non trarne le logiche conseguenze comportamentali, rimane l’uomo della strada, il consumatore, il deficiente, lo sprovveduto, quello che viene considerato la carne da macello finale dai manipolatori di regime.
Macello a monte contro gli animali, e macello a valle contro gli uomini: questa l’equazione abominevole, aberrante, folle e farabutta, che sta distruggendo la vita sul pianeta Terra. Con la benedizione di papi e cardinali, con l’appoggio di istituzioni e stati, con l’insegnamento di scuole prive di cultura, con il tradimento infame e continuato del potere sanitario, con la complicità criminale di stampa e televisioni.
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