Tendere alla perfezione significa anche adeguarsi in modo umile e obiettivo ai tempi e alle possibilità di cui si dispone. Ce ne parla Peter Roche de Coppens in questa breve intervista curata da Camilla Ripani.
– Ci sono persone che non sono mai contente dei loro risultati, quasi avessero un’incapacità di rilassarsi nel momento presente, di accettare e di accettarsi… Il perfezionismo è sbagliato?
(Risposta di Peter Roche De Coppens) Il perfezionsimo presenta due aspetti: uno è fatto di ombra e l’altro di luce. L’aspetto di luce riguarda l’individuo quando, alla fine del suo percorso, arriva a un certo livello di coscienza e di consapevolezza, tale che può diventare una persona completa, santa e perfetta. Questo è il grande traguardo di ognuno di noi.
La parte fatta di ombra, invece, è caratterizzata dall’orgoglio e dall’ansia di essere impazienti, dal voler realizzare nell’immediato un qualcosa che in realtà prende molto, molto tempo. L’impulso fondamentale, quindi, è corretto, ma bisogna anche avere la saggezza di collocarlo nella prospettiva giusta, e avere la pazienza e l’umiltà di saper aspettare e costruire in modo adeguato, senza farsi prendere dal “subito e ora”.
Anch’io ho ancora tante aspirazioni, e voglio andare in una direzione precisa… magari alla fine, anche in altre vite, ci arriverò, ma non subito. Occorre umiltà e obiettività, per poter affermare “aspiro a questo progetto ma al momento non posso ancora realizzarlo, devo accettare questo fatto e quindi accetto anche le mie debolezze”.
Infatti, generalmente il perfezionista ossessivo non accetta le sue debolezze, per questo non le accetta neanche negli altri e spesso mette in moto grossi conflitti.
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