Amore e innamoramento, autenticità e bisogno dell’altro, sessualità e aspettative… Ne abbiamo parlato con Andrea Zunino in questa intervista dedicata ai rapporti d’amore.
– Rapporti, amore e sessualità: cosa si può dire in merito?
Siamo in un ambito estremamente interessante e allo stesso tempo molto confuso e travisato. Innanzitutto, si tende a pensare all’amore e alla sessualità come due dimensioni diverse; inoltre, quello comunemente definito “amore“ è più che altro innamoramento, e tra le due cose v’è una profonda differenza. L’amore è, a mio avviso, quella capacità, che va coltivata e appresa, di accogliere l’altro a cui doniamo noi stessi in maniera autentica.
Molti pensano che l’amore significhi adattarsi ai bisogni dell’altro, ma questo innesca dei meccanismi distruttivi perché prima o poi l’altro si “stufa” della non autenticità, oppure noi stessi diventiamo insofferenti nell’adattarci continuamente ai suoi bisogni. In realtà, la cosa migliore che si può fare è donare se stessi, in maniera autentica, non per “amore dell’altro”, bensì per una sana forma di naturale sincerità.
L’amore non è egoismo ma un dono disinteressato, quindi radicalmente diverso dall’innamoramento che, invece, è molto più “biologico”. Ad esempio, quando “lei” è innamorata di “lui”, una ideale freccia posta ad indicare il movimento energetico andrà da “lui” verso “lei”, a rappresentare il fatto che quando siamo innamorati desideriamo, attendiamo o abbiamo bisogno di qualcosa dal nostro “amato”. In tal frangente, agiamo in modo egoistico (cioè eminentemente motivati dal “me”), anche se tutto ciò viene normalmente descritto come qualcosa di romantico e meraviglioso. Si può dimostrare inoltre che l’innamoramento ha molto a che fare con la biologia e con la chimica del corpo… comunque si tratta, in pratica, di un atto di sano egoismo.
L’amore, al contrario, si può rappresentare con una freccia che indica in senso opposto. Il Sole dona luce e calore, indipendentemente che ci sia qualcuno a ricevere la sua energia o meno: questa è la gratuità dell’amore che, secondo me, si può vivere solo nello spazio della fedeltà a se stessi. Essere fedeli a se stessi significa manifestarsi per quello che si è… senza negare o nascondere parti di noi per risultare più graditi. Compreso ciò per se stessi, lo si comprende anche per l’altro, e si evita di pretendere che sia diverso da ciò che è.
– Dunque per amare non c’è altra via oltre all’autenticità?
L’autenticità è, a mio avviso, una condizione essenziale. In questo spazio di gratuità, di libera e fedele espressione di sé, gli individui possono realizzare se stessi e possono, conseguentemente e proprio per questo, vivere relazioni d’amore autentico. Se, invece, lasciamo entrare un pensiero del tipo “amare vuol dire accontentare l’altro… seguire l’altro… dare all’altro ciò di cui ha bisogno“, ecco che abbiamo intrapreso la via della distorsione mentale di “ciò che è”, con inevitabili conseguenze. La distorsione viene essenzialmente dal dimenticare che la relazione d’autentico amore è possibile solo con l’effettiva presenza di entrambi, nel rispetto della verità di ciascuno.
Sono sostanzialmente due gli atteggiamenti che impediscono l’amore autentico, speculari ed opposti:
1) essere eccessivamente focalizzati sui propri bisogni (comunemente inteso come egoismo);
2) essere eccessivamente focalizzato sui bisogni dell’altro.
Dei due, il primo è di più facile individuazione, mentre il secondo è normalmente inteso come manifestazione di altruismo e di amore incondizionato. A mio parere si tratta, invece, del medesimo eccesso, nelle due opposte direzioni; entrambi allontanano dall’autenticità di “ciò che è” ed entrambi finiscono per negare l’essenza stessa dell’amore, che nasce e prospera nel noi, e non nell’io o nel tu.
Bisognerebbe chiedersi: “come faccio a sapere veramente di cosa ha bisogno l‘altra persona?“ – È una domanda interessante perché, in realtà, possiamo solo sapere ciò che pensiamo essere il bisogno dell’altro. Sono due cose diverse! Per solito, si fabbrica un’enorme quantità di errate deduzioni che conducono a incomprensioni e a disastri colossali.
Secondo me, l’unica vera e autentica possibilità è di essere fedeli a se stessi. In questo è possibile scoprire se siamo veramente adatti per stare insieme al nostro partner e se il rapporto funziona. Diversamente, è meglio lasciar stare.
– Come conciliare da una parte la libera espressione di se stessi, e dall’altra le esigenze del proprio compagno?
Essere fedeli a se stessi significa mostrarsi per ciò che si è. Nel nostro modo di essere ci sarà anche attenzione per la delicatezza e per la chiusura dell’altro, e se non è presente significa che siamo troppo centrati sull’io e conseguentemente non a sufficienza sul tu. Delicatezza e chiusura dell’altro sono accettabili se intese come una sua esigenza e non come “contro di me”, fino a certi limiti… oltrepassati i quali, si scopre che, forse, l’altro è troppo centrato su se stesso. Il meccanismo è, ovviamente, bilaterale.
Posto che essere in relazione con l’unico obiettivo di soddisfare i propri bisogni è comunemente inteso come una cosa che non funziona, è interessante indagare un po’ meglio cosa accade con l’estremo opposto.
Essere in relazione con l’idea di soddisfare il bisogno dell’altro non è (come comunemente inteso) segno d’amore incondizionato, ma significa piuttosto non manifestare spontaneamente quello che siamo, ed essere eccessivamente focalizzati sull’altro. Per diretta conseguenza, plasmiamo il nostro comportamento in base a ciò che pensiamo di aver letto nell’altra persona… e qui non c’è autenticità! La realtà è che faremmo cose diverse, diremmo parole diverse… però modifichiamo la nostra autentica espressione pensando di fare cosa gradita al partner. Prima o poi, l’altro si stufa della non autenticità, o siamo noi stessi a stufarci nell’adattarci ai suoi bisogni…
– Come mai c’è ancora tanta inconsapevolezza nei rapporti d‘amore? Come siamo arrivati a questo?
Sono convinto che ogni volta che una creatura nasce, così com’è stata creata da Dio, è in realtà perfetta e non gli manca niente. Quello che dobbiamo fare è semplicemente manifestare a livello pratico ciò che già siamo, ciò che già sappiamo… ecco perché nei Sufi il rito fondamentale si chiama di rammemorazione: io non devo incontrare Dio, devo solo ricordarmi che Dio è già qui.
Nell’amore accade lo stesso. Il mondo è pieno di gente che ha la pretesa di dirci come dovremmo essere e di spiegarci come funziona la realtà. Questo ci allontana dal semplice “vivere quello che è“, il che sarebbe molto più sano ed utile. Ci s’incammina verso l’esperienza della vita pieni di idee preconcette su “come dovrebbe essere” e, prima di poter prendere contatto con la realtà, ne siamo già stati vaccinati “a fin di bene”… Quanto ai genitori, è naturale che cerchino di evitare ai figli brutte esperienze, ma spesso trasmettono loro condizionamenti molto pesanti.
– Vuoi dire che li privano della possibilità di scoprire un‘esperienza?
Non necessariamente e comunque non solo loro. Per certo, taluni genitori privano i figli della possibilità di pensarla diversamente da loro, e questa è una chiave di lettura di molti rapporti nelle famiglie. Ci avviciniamo all’esperienza della vita con un enorme bagaglio d’idee e preconcetti trasmessi da genitori, nonni, maestri e professori di vario genere, preti, giornalisti, libri e giornali, la televisione ecc.… una folla d’individui che ha la pretesa di dirci come dobbiamo pensare . Un simile pesante insieme di credenze impedisce e/o distorce un contatto diretto e genuino con la realtà… pensiamo di “sapere già” cosa sia, ma si tratta delle idee di qualcun altro, che non abbiamo mai verificato.
L’amore è proprio uno di quegli argomenti su cui sono state spese montagne di parole. Siamo pieni di spazzatura – per usare una parola “educata” -, di roba che non ci serve, di idee di qualcun altro. E come facciamo a progredire verso il futuro se continuiamo a ragionare con le idee che vengono dal passato? Il nonno, il papà, la mamma, i professori… è tutta gente che viene dal nostro passato… e tutti i fiumi di libri e di poesie scritti sull’amore mettono in scena l’idea diversa di tantissime persone. Evviva il conoscere l’opinione di altri, ma da questa alla realtà v’è ancora parecchia strada e questo passaggio, purtroppo, sfugge ai più.
Ecco che dobbiamo tornare all’autenticità, cioè alla capacità di stare in pieno contatto con quello che sentiamo di essere, sapendo che è questo ciò che possiamo offrire. Se cerchiamo di offrire qualcosa che non siamo, di offrire cioè un’immagine diversa ma che crediamo risponda meglio al desiderio dell’altra persona, allora stiamo di nuovo mettendo in scena un’idea di come pensiamo (o ci hanno fatto pensare) debba essere l’amore. Pensiamo di capire la necessità del partner e di offrirgli quello che vuole, ma è una sciocchezza perché stiamo offrendo una versione alterata di noi stessi basata sul presunto desiderio dell’altro.
– E se abbiamo la convinzione che il nostro modo di comportarci non verrà gradito…?
Possiamo cercare di contenerlo, ma nel rispetto di quello che siamo e ci appartiene. Negarlo per soddisfare un presunto bisogno dell‘altro nega a costui la possibilità di entrare in contatto magari con qualcosa con cui deve fare i conti, e nega a noi stessi la nostra autenticità.
– Dopo la “conquista iniziale” capita che si perda interesse nel rapporto. Immagino che anche in questo caso ci sia di mezzo la mancanza d’autenticità.
Certamente; vi sono meccanismi e condizionamenti di ogni sorta. Pensiamo ad un uomo che voglia conquistare una bella donna… Come farà? Prima analizzerà la donna cercando di capire quali sono i suoi “vuoti”, cioè i suoi bisogni, e che tipo di uomo vorrebbe avere accanto… e poi si comporterà di conseguenza per conquistarla. Vi è una profonda carenza di autenticità, innanzitutto perché non si tratta di una libera manifestazione di ciò che egli è, ed in secondo luogo perché egli presume quale sia il bisogno di lei.
Il presumere passa inevitabilmente attraverso la nostra interpretazione, che inevitabilmente attiva i meccanismi di proiezione (“fa così per questo motivo” riflette normalmente il motivo per cui io mi comporto così, ma l’altro è diverso da me). Per solito tale interpretazione è fuorviante e conduce ad incomprensioni sempre più profonde. In ultimo, è possibile che il bisogno della donna sia quello di un uomo che, se pur diverso da lei, sia se stesso e le offra quello che è; con l’atteggiamento descritto, l’uomo finisce per negarle tale possibilità.
Tutto questo per che cosa? Per conquistarla. E una volta che la conquista è stata fatta, il gioco è finito. Un gioco che dura fin tanto che è in palio la conquista (discorso che vale naturalmente per ambo i sessi). Quando l’altra persona è conquistata, si verifica un avvicinamento e le carte vengono necessariamente scoperte: la mancanza di autenticità emerge e fa vacillare il rapporto, contro ogni tentativo di tenerlo unito.
All’inizio di un nuovo incontro cerchiamo automaticamente di sembrare più belli di quelli che siamo e di piacere all’altro, per tutta una serie di timori e di insicurezze. Infatti, quando vogliamo “dimostrare” qualcosa è perché siamo i primi a crederci insufficienti in quell’ambito. Detto così è molto riduttivo, in verità c’è un bel po’ di materiale emotivo e psicologico da considerare e che riguarda il vissuto di tutta una vita.
– All’inizio di quest’incontro hai affermato che l’amore e la sessualità non sono separati. Puoi chiarire?
Se ci concediamo all’altro pensando di fargli piacere, non siamo nello spazio dell’autenticità. Se vediamo l’altro come unico strumento del nostro piacere, cioè non è molto diverso dal “masturbarsi con il corpo dell’altro”. Entrambe le posizioni si rivelano lontane dall’autenticità e, di conseguenza, dall’amore. In questo modo, il sesso può diventare qualcosa di molto triste e limitato.
Se c’è piacere reciproco, se il rapporto è onesto e libero, la sessualità diviene un dono meraviglioso ed, infine, un atto d’amore. Tutto dipende dall’autenticità che i partner mettono nella relazione. Non ci sono schemi prefissati, tappe obbligate da percorrere… Non è detto che dall’aperitivo si deve passare alla cena, dalla cena al cinema, alla notte insieme, alla vacanza insieme, al matrimonio… eppure molti sono proiettati in questa catena temporale. Per loro ogni singolo vissuto non ha valore in sé, ma ha valore all’interno di questa catena… uscire a cena allora diviene l’aspettativa e l’impegno per qualcos’altro, e non il piacere di stare insieme proprio in quel momento. C’è uno spostamento verso un ipotetico futuro, che allontana dal “qui e ora“.
Se siamo nel qui e ora, significa che proprio in questo momento siamo presenti con il nostro partner, magari lo accarezziamo, lo baciamo e facciamo l’amore insieme perché è un dono reciproco che decidiamo di farci. In questo modo il sesso non è altro che una diversa sfumatura dell’amore.
Per me, questa è l’unica sessualità che dà soddisfazione. Ogni momento è vissuto in base alla voglia di viverlo. Non importa se la relazione durerà anni o una notte soltanto, quello che importa è la nostra capacità di esserci, in modo autentico.
In un’esperienza sessuale di questo genere, scegliamo noi stessi in modo autentico e scegliamo la bellezza di un atto d’amore. Chiaramente, un atto sessuale prevede due persone – e Dio è saggio – perché il completamento si ha soltanto nell’unione del maschile e del femminile. Se in quest’unione c’è egoismo, manipolazione, dipendenza… c’è rapina. Se c’è invece il libero dono, si fa esperienza di una dimensione meravigliosa.
L’amore è un’infinita scala di possibilità, dalla sessualità all’amore estatico. Capisco che sia diverso farsi delle carezze, fare l’amore o provare un’attrazione estatica per Dio, ma trovo che si tratti di sfumature e manifestazione di un’unica Energia. Ecco allora che sessualità ed amore non possono essere distinti… sono semplicemente piani diversi di uno stesso palazzo. Chiaramente la sessualità è un’espressione di un certo tipo rispetto al sentimento più ampio dell’amore, ma il palazzo è lo stesso, e può stare in piedi solo sul terreno dell’autenticità..
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