Il Solstizio d’Estate è un momento pieno di speranza e di magia… lo sapevano bene gli antichi che dal Cielo traevano ispirazione e saggezza. Ce lo raccontano anche i miti, che attraverso le loro battaglie celesti incarnano le energie del Cosmo, oppure basta ascoltare il nostro stesso cuore, quando gli occhi si perdono nella vastità del manto stellato…
Sin dalle sue origini l’uomo ha scrutato il Cielo ed è rimasto affascinato da uno spettacolo senza eguali: l’unico che poteva infondergli un profondo senso di assoluto e di divino. Le origini dello studio del moto degli astri e dell’astrologia si perdono dunque nella notte dei tempi: è probabile che le tradizioni astrologiche più antiche risalgano a più di 8000 anni fa, in oriente nell’attuale penisola indiana e in Cina.
La culla dell’astrologia occidentale invece è senza dubbio la Mesopotamia, tra le fertili valli irrigate dai fiumi Tigri ed Eufrate. Le prime osservazioni del cielo nell’area mediterranea furono fatte da popoli di agricoltori come gli Egizi ed i Caldei al fine di potere stabilire con più precisione possibile l’inizio e la fine delle stagioni e poter programmare così le attività produttive legate principalmente all’agricoltura.
Siccome gli scopi dell’osservazione del Cielo erano principalmente legati alla lavorazione della Terra i primi moti celesti ad essere studiati furono quelli del Sole e della Luna poiché più direttamente collegati con il ciclo stagionale. Tuttavia anche il ritorno di alcune stelle in alcuni punti particolari del cielo e in determinati periodi dell’anno fu di grande interesse per i popoli del mediterraneo: la danza delle costellazioni e dei singoli asterismi forniva infatti un ottimo orologio annuale.
Ma com’era il cielo duemila anni prima di Cristo quando queste popolazioni, germe della civiltà odierna, lo osservavano? Cosa di così stupefacente può aver fatto identificare agli antichi il Cielo, e più in particolare gli Astri con il concetto di divino?
Certamente il cielo degli Antichi era qualcosa del tutto diverso dalla visione pallida e offuscata dall’ingente inquinamento luminoso che si paventa oggi ai nostri occhi alzando la testa verso l’alto.
Il Cielo notturno, fino alla rivoluzione industriale, è stato una visione che offuscava qualsiasi dimensione terreste. Camminare sotto le stelle significava avere sopra il proprio capo una luce naturale che faceva da guida e che addirittura produceva ombre.
La sensazione che il Cielo fosse, come è in realtà, un immenso serbatoio di vita era più che mai presente nei nostri avi. Tale vivida sensazione di essere immersi in un Universo pullulante di risorse doveva sicuramente trasmettere agli uomini antichi una grande fiducia e l’autentica certezza di essere protetti, guidati e integrati ad un mondo più vasto e più potente, in cui le capacità e la vita umana non erano che un debole riflesso.
Storie di dei, di eroi e di miti si generarono dall’osservazione diretta del Cielo spingendo l’uomo ad accrescere le proprie qualità invocando o evocando queste forze universali e naturali ma prestando nel medesimo tempo un grande rispetto, mistero e devozione alle meraviglie e alla potenza cosmiche.
Lo sconforto, l’arroganza, la mancanza di guida, i disordini emotivi e psicologici che affliggono l’uomo moderno sono in parte dovuti anche alla mancanza della panacea che la visione del Cielo notturno donava agli antichi prima di coricarsi, infondendo loro speranza, portando profezia e visione attraverso sogni lucidi e vividi.
Con l’avvicinarsi dell’estate, per le popolazioni dell’emisfero boreale, il Cielo offre, guardando verso sud, in condizioni di assenza di inquinamento luminoso, una delle visioni più brillanti di tutto il periodo dell’anno solare. Nel periodo del Solstizio d’Estate vi invito dunque, cari lettori, a scrutare il cielo ed affidare agli astri i vostri desideri più sinceri ed autentici proprio come facevano i nostri antenati. E’ sicuro che sarà in ogni caso esaudita la nostra pace interiore e che, dopo una notte sotto le stelle, potremo sognare più intensamente, essere più intuitivi ed aperti.
Guardanto verso Sud troveremo ancora le costellazioni primaverili: il Leone, che va volgendosi sempre più verso l’orizzonte, Bootes con la brillantissima stella Arcturus e la Vergine.
A sinistra di Bootes troveremo un semicerchio di stelle che compongono la corona boreale mentre verso est comincia ad essere visibile il bellissimo triangolo estivo formato dalle stelle Vega, nella costellazione della Lira, Deneb, nella costellazione del Cigno ed Altair nella costellazione dell’Aquila che ci accompagnerà per tutta la bella stagione fino a settembre.
Con l’avanzare dell’estate potremo poi osservare sempre meglio la brillante costellazione dello Scorpione con la stella gigante rossa Antares, il Sagittario, il Serpente…immerse nello splendore della Via Lattea.
Guardando a nord distingueremo le costellazioni circumpolari visibili tutto l’anno. Tra esse l’Orsa Maggiore che dalla fine dell’estate si trova capovolta, più in basso la doppia V formata dalla costellazione di Cassiopea e sotto di essa Perseo ed Andromeda…
Alcune figure, come il Leone e lo Scorpione, possono essere distinte anche da chi non è esperto mentre altre possono difficilmente essere indovinate facendo riferimento ai loro nomi.
La maggior parte delle denominazioni attribuite alle costellazioni fa riferimento alla mitologia greca, la quale a sua volta fu in parte derivata da quella degli assiri-babilonesi.
Il primo filosofo che ci parlò delle costellazioni fu Arato nel III secolo a.c. ma il fatto che i gruppi di stelle che descrisse non fossero visibili alla latitudine delle zone in cui visse il filosofo ma bensì dalla Mesopotamia conferma il fatto che molte delle conoscenze astronomiche dei greci sono di derivazione assiro-babilonese.
Nel secolo scorso furono infatti rinvenute nella zona dell’antica Babilonia delle tavolette d’argilla che descrivevano le costellazioni di Arato opera degli Accadi, un popolo vissuto due secoli prima in Mesopotamia.
L’osservazione del cielo attestò nei secoli una scienza, l’Astrologia, che doveva riunire in sé conoscenze pratiche ed empiriche, filosofiche e spirituali presentandosi come una sintesi sublime della conoscenza universale.
Col passere dei secoli e specialmente nell’epoca moderna, questo tipo di conoscenza è andata perduta soprattutto per l’impossibilità per l’uomo di osservare ad occhio nudo gli splendidi Cieli che hanno dato origine a queste scienze e la conseguente mancanza di una visione integrata dell’Universo e del sapere.
Scienza, Religione e Filosofia non solo hanno formato delle branche di sapere distinte e spesso non comunicanti ma anche ciò che oggigiorno intendiamo con il termine di “Astrologia” spesso non si riduce altro che a meri calcoli su computer e tabulazioni sulla base di dati elaborati altrettanto astrattamente.
Ancora peggio, questa monotona pratica viene spesso investita di fantasie e di superstizioni svuotando la sacralità di un ufficio che in antichità era riservato ai sacerdoti, personaggi guida dei popoli, detentori del sapere perché devoti osservatori e traduttori dei misteri, della bellezza e della potenza cosmici.
Ancora nei miti, nelle fiabe, nelle leggende e nei simboli astrologici possiamo trovare il ricordo di un mondo vivo fatto di eroi, divinità, potenze cosmiche che l’uomo può ancora evocare in sé alzando gli occhi verso un Cielo luminoso, il Cielo dei nostri Padri.
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