Intervento di Salvatore Brizzi al convegno Dialoghi sulla Coscienza, organizzato da Centro Mosaica a Lido di Camaiore (LU) il 12-13-14 aprile 2019. Tema: “La via della bellezza – La differenza tra arte sociale e arte evolutiva”.
Normalmente l’arte viene usata per esprimere qualcosa a livello di personalità.
In origine l’arte aveva una funzione evolutiva. Gli artisti non facevano arte per passare il tempo, racimolare denaro o esprimere la loro interiorità, ma per farsi canale dell’Uno ed elevare la coscienza altrui.
L’arte moderna è soprattutto mentale ed esprime dei concetti. Con l’arte sociale le persone mettono in scena situazioni sociali e così facendo fanno opera di denuncia. C’è anche l’arte emotiva, che spinge l’artista a realizzare un’opera dedicata per esempio alla nascita del figlio o a mettere in scena la loro depressione.
La musica e le danze non arrivano a caso. La musica sudamericana ha molto successo in Occidente perché smuove i centri del primo e secondo chakra, legati alla sessualità e ai rapporti.
Chi costruiva qualcosa di materiale, quindi anche un artigiano, era comunque un artista. Una volta non esisteva la produzione industriale e ogni pezzo era unico.
Le cattedrali sono un esempio di arte che vuole stimolare determinate energie spirituali.
Ascoltare un tipo di musica piuttosto che un altro non è solo una questione di gusti ma dipende dal proprio livello di coscienza. Se scelgo una certa musica o un certo tipo di divertimento non è solo per una questione di gusti, ma è perché voglio risuonare con determinate frequenze.
La vera arte è collegata alla presenza. Oggi viviamo il paradosso per cui un artista può non essere intuitivo ma esprimere solo un disagio interiore o sociale, e qualcuno che non è un tipico artista può essere invece tale che ogni suo gesto è artistico.
Ci sono degli iniziati in giro per il mondo che non sono artisti né scrivono libri, ma operano nei ruoli più impensati.
Esprimere la bellezza attraverso i propri gesti significa migliorare il mondo.
La capacità di vedere la bellezza nel mondo è ciò che ci porta l’illuminazione, non il viceversa.
Se non si fa un lavoro su di sé, rimane ben poco della persona dopo la morte. È il corpo di gloria a essere immortale; gli altri corpi della personalità vengono persi.
Due pilastri del lavoro su di sé… Il primo riguarda l’aspetto volontà. È il lavoro che si fa con il ricordo si sé, è vivere nel qui e ora.
Qualsiasi cosa fatta in consapevolezza diventa un atto artistico.
Se ci mettiamo a canticchiare di colpo una canzoncina, senza che l’abbiamo deciso noi, è perché non siamo consapevoli. La stessa cosa accade quando ci parte un’emozione negativa per cui vorremmo reagire e picchiare qualcuno, senza che avessimo deciso di farlo come atto di volontà.
In realtà non è difficile stare nel qui e ora, è difficile ricordarsi di starci.
Il secondo pilastro del lavoro su di sé è l’amore.
L’amore si sviluppa attraverso l’amare i nemici e pregare per i persecutori.
Disciplina significa portare la propria “macchina biologica” a fare ciò che automaticamente non farebbe.
Il nemico è qualcuno che ti dà fastidio, per esempio, sul lavoro, oppure un personaggio politico.
Perché mai la personalità dovrebbe pregare per qualcuno che gli ha fatto del male? Costringendola a farlo, la disciplini.
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