Lamentarsi significa attribuire sempre la responsabilità del nostro stare bene o stare male all’esterno, permettendo così che la nostra gioia sia condizionata da qualcosa che sta al di fuori di noi… Articolo di Elsa Veniani, dal suo libro Fibromialgia
Questo è un punto che tocca davvero un nervo scoperto per molte persone e non vi nego che, quando mi è stato posto come oggetto di una seduta di coaching da Vittoria, ho avuto una reazione di risentimento nei suoi confronti. Come a dire: «Come ti permetti di assurgere l’idea che mi stia comportando da vittima?». Ma non potevo certo controbattere dicendole di provare a sperimentare quello che stavo passando io, avendo lei stessa sofferto di fibromialgia da molto più tempo di me!
Ci pensate mai a quanto spesso ci lamentiamo o diamo la colpa ad altre persone o a Dio del nostro malessere!? Ho compreso che incolpare gli altri o gli eventi di tutti i mali di cui soffriamo finisce solo per alimentare sentimenti molto negativi, come rancore e rabbia, non ci sentiamo responsabili di nulla e quindi non ci resta che lamentarci assumendo il ruolo di «povere vittime», riuscendo così ad attirare anche l’attenzione degli altri.
In effetti disidentificarmi dalla malattia, accettare che avesse un messaggio per me e sapere che era in mio potere attuare il cambiamento che quella missiva mi indirizzava ad adempiere, mi ha permesso di compiere un altro enorme passo avanti: eliminare la rabbia! Perché se non assumi questa consapevolezza, è chiaro che vivi la malattia come un evento negativo che chissà quale destino ha voluto riservare proprio a te, come fosse una punizione! Vi invito a consultare gli innumerevoli testi che illustrano l’effetto devastante che la rabbia prolungata, non rilasciata, trattenuta a lungo, covata come rancore ha sul nostro corpo!
Ho appreso quanto sia davvero importante non drammatizzare mai, non cadere dentro quella spirale vittimistica che diviene un vortice che ci spinge verso il basso, non dolersi in continuazione, perché lamentarsi significa attribuire sempre la responsabilità del nostro stare bene o stare male all’esterno, permettendo così che la nostra gioia sia condizionata da qualcosa che sta al di fuori di noi.
Ho compreso in realtà che la gioia non è legata agli eventi felici che la vita ci riserva, ma si attiva nel momento in cui abbiamo la propensione a migliorarci sempre, rispettando la nostra essenza e il nostro sentire, arrivando a fare della nostra vita un’opera d’arte, permettendoci così di vivere le esperienze positive come quelle negative con un atteggiamento di dono. È fondamentale oltrepassare la dinamica duale per cui siamo portati a classificare ogni evento come bello o brutto e porsi di fronte alla vita con un atteggiamento che ci induce a credere fermamente che tutto ciò che siamo chiamati a sperimentare serva per arricchire in qualche modo la nostra vita. Trovo che questo concetto sia magistralmente espresso nelle parole di Erica Francesca Poli quando afferma che «le cose non si spiegano, si vivono! Accadono e si sentono!».
Ogni crisi nella nostra vita spalanca le porte per operare un cambiamento che, ovviamente, genererà un momento di caos, perché si tratta di destrutturare e riorganizzare la propria personalità sulla base di nuove convinzioni. Prendere coscienza dei propri errori o dei propri difetti è la premessa per assumersi le proprie responsabilità e rimboccarsi le maniche. Ritengo che finché non si accetta la fibromialgia, finché gli opponiamo resistenza, il cambiamento non possa avvenire e la realtà continuerà a essere un quadro plumbeo e funesto in grado di trasmettere solo dolore e tristezza. La realtà si accetta soltanto quando diventiamo responsabili! L’accettazione di voler operare un cambiamento è il più grande segreto per eliminare immediatamente la sofferenza che è causata proprio dalla lotta, dalla resistenza, dalle lamentele, dal vittimismo.
Ulteriore precisazione: non cadiamo mai nella trappola del senso di colpa! Apprendere che noi abbiamo il potere di portare benessere a noi stessi attuando i cambiamenti necessari, può indurre nella nostra mente l’insinuarsi di quel pensiero che ci vuole responsabili della malattia che ci ha colpiti: niente di più falso!
Adoro questo insegnamento di Vittoria: «Ognuno fa il meglio che può, con gli strumenti che ha»! La fibromialgia è arrivata a me non perché sono stata un’incapace! Semplicemente non avevo consapevolezza di tutto ciò che vi sto narrando ora, quindi ho vissuto quel periodo della mia vita utilizzando gli strumenti che avevo a disposizione! E la malattia è proprio l’esperienza attraverso la quale ho dovuto passare affinché me ne venissero forniti di nuovi, atti a compiere ulteriori passi avanti, per progredire nella mia evoluzione.
Elsa Roberta Veniani
Dal libro Fibromialgia – Come una malattia può insegnarti la gioia di vivere
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