Un tragitto di riflessione insieme per comprendere e intraprendere la scoperta della nostra realizzazione… Estratto dal libro Trauma di nascita di Francesca Ragni
Si è sempre in tempo per ribaltare la visione della vita, per vedere il bicchiere mezzo pieno, per estrapolare risorse dall’impossibile, dall’ignoto, quando sembra di non farcela, di non avere più voglia di proseguire nella ricerca. Quando lo sfinimento prende il sopravvento perché si è stanchi di tentare, di ricevere delusioni o amarezze. Si può oltrepassare il margine, quell’ottuso, pigro muro di restrizione, con il fragore di un colpo sparato prima di una gara di corsa a ostacoli, e c’è un traguardo da raggiungere, da superare. Mentalmente, metaforicamente, si può contare sulla propria resistenza, sul fiato lungo e sulla velocità delle gambe, sulla solidità dei muscoli.
C’è una parte motivazionale molto importante su cui si basa il nostro potere personale, sul mirare a vincere, a voler arrivare per superare il confine, mettersi alla prova con l’intenzione di realizzare il proprio obiettivo, credendo in se stessi e nel proprio modo di operare, basandosi con molta pazienza in un allenamento costante e mettendo da parte il vittimismo, utilizzando la resilienza per temprarci e trovare soluzioni, come una spinta propulsiva per andare avanti, con la fiducia, la centratura, la voglia di riuscire. La volontà incessante.
E allora è come se l’Universo ci offrisse un motivo per vivere, ci dotasse di ali per sostenerci, per aiutarci a elargire la nostra capacità di accogliere, di capire, di amare, di accettare, di perdonare, e ci permettesse, così, con l’apertura alare, di sollevarci da terra, aumentando le vibrazioni dello stato d’animo e portandoci in alto con il pensiero.
Libertà e lungimiranza! Nuove prospettive! E allora, librarsi e planare, in una danza, girando lo sguardo, chinando il capo dall’alto per guardare in basso: si possono scorgere come minuti granelli quelli che ci sembravano enormi macigni, aguzze forme che impressionavano, cime insormontabili, appezzamenti sconfinati.
Si può scorgere la punta dell’iceberg che fuoriesce dall’acqua per far emergere l’elaborazione di un processo di una nuova consapevolezza, dopo aver integrato le zone d’ombra.
Dall’alto tutto può cambiare in una mentalità elastica, uno scenario dilatato, ospitale, se applichiamo la lente della tolleranza, una visione filtrata dall’amore di cui siamo intrisi, dalla forza elettromagnetica che ci circonda, da quella energia toroidale del nostro cuore che si irradia e valorizza quello che è intorno a noi.
Un’onda di collaborazione, un amplesso possente, colmo di luce che, illuminando quell’oscurità, la fa quasi scomparire. Anzi, la trasforma, l’assorbe, la filtra, ne toglie la sembianza paurosa, dannosa, perché ogni elemento ha un altro lato, l’altra faccia della stessa medaglia.
Il buio esiste perché c’è la luce e dopo la notte sorge il giorno, la quiete dopo la tempesta, e se noi consideriamo questa separazione, questa ambivalenza, se noi distinguiamo questa divisione, possiamo integrare i due aspetti e formare un’unità e allora dove c’era prima odio può coesistere l’amore, in una forma complementare in cui noi siamo un insieme di più parti che si equilibrano, in una giusta equità, e le polarità si allineano per uno scopo proficuo.
[…]
La vita è una tensione continua, come la flessibile corda dell’arco che ha pronta la freccia da scagliare, ma la nostra punta è priva di acume, è arrotondata, è come un cucchiaio colmo di polvere di stelle dorata, raccolta dal firmamento che spande la forza della creazione, i primordiali elementi di cui è costituita la materia. Non è una guerra da combattere, con cuspidi aguzze scagliate dalle balestre e impregnate di veleni come nelle battaglie epocali: è un lancio di tralci di fiori che vengono schioccati in alto, di rami di rose che nell’etere lasciano andare le spine e spandono la fragranza dei petali, in un tappeto di freschezza variopinta, in un tripudio di gioia, di puri valori da distribuire.
Quando si inizia un percorso chiamato “vita”, in cui c’è stata come una “chiamata” a scendere in “campo per espletare un copione”, recitare un ruolo ed esperire fatti, conoscenze, relazioni, progetti… questa è la scuola che ci si appresta a frequentare, appena ci rendiamo conto di essere vivi, individui unici e irripetibili, alla ricerca di se stessi, del bisogno epistemofilico che sollecita. Paladini della propria libertà, condottieri del destino, creatori della nostra realtà, alla ricerca di una verità in cui rifulgere in sani intenti, in cui ci riconosciamo, lasciandoci scorrere in una parte del tempo lineare che, come esseri umani incarnati, utilizziamo nel corso degli eventi, in un frammento di secolo. Vi è anche un tempo circolare, secondo altre teorie, in cui noi viviamo più vite parallele contemporaneamente, in passato, presente e futuro.
Francesca Ragni
Estratto dal libro Trauma di nascita
Francesca Ragni presenta il libro Trauma di nascita lunedì 12 febbraio 2024. Per tutte le informazioni, vai a questo link.
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Un libro che tutti dovremmo leggere per cogliere nuove prospettive del nostro vivere.