La strada da percorrere

La strada da percorrere

A partire dalla lettera di una sua estimatrice, l’autore sottolinea i valori di coscienza e sensibilità, che sono alla base dello stile di vita vegano…

Piacere di aver fatto la tua conoscenza

Ciao Valdo! Mi permetto di dirti ciao perché tu, i tuoi insegnamenti, e soprattutto le tue e-mail, ormai fanno parte della mia quotidianità. Anche perché il rispetto non sta certo dietro il lei. Dopo aver letto avidamente ogni tuo scritto, parlo o racconto agli altri dei tuoi articoli come se tu fossi una persona che conosco personalmente. Un amico. In realtà la nostra conoscenza è solo virtuale, ma ringrazio Dio, il destino, il web, e qualsiasi altro fattore che mi ha permesso di conoscerti.

Stai diffondendo verità

Se poi ripenso alle prime e-mail intercorse tra noi, mi viene da ridere. Io che facevo domande per assicurarmi che tu non fossi uno dei tanti ciarlatani, e tu che ribattevi chiedendomi se andavo in cerca di te come persona o di te come titoli accademici. Questo messaggio è soltanto per dirti grazie ancora una volta. I due allegati di oggi (Altrimenti il Principale si incazza e La maternità rubata) mi hanno colpita al punto che devo per forza scriverti. Devo farti sapere che stai diffondendo un qualcosa di enorme, un qualcosa che non ha paragoni. Diffondi la vita!

Sono ancora lontana dalla meta, ma verifico che giorno dopo giorno mi ci sto avvicinando

Io sono ancora lontana dal raggiungere risultati decenti, perché purtroppo ogni tanto vengo presa da voglie assurde di pollo allo spiedo o di uova. Ma almeno vedo e verifico che, giorno dopo giorno, queste pazzie si allontanano sempre più da me. Giorno dopo giorno mi avvicino, studio, provo e perfeziono l’uso di alimenti naturali come ad esempio la soia, l’avena. O altri che, non essendo mai stata abituata ad usare, mi risultano sconosciuti sia come gusto che come utilizzo. Allora li compro dove sono sicura di trovarli sani e faccio esperimenti. Alla fine inserisco loro ed elimino quelli dannosi.

Mi hai dato consapevolezza e mi hai indicato la strada

Però la mia felicità sta nel fatto che, grazie a te, so quale è la strada da percorrere. So che è questione di tempo ma arriverò a dare al mio corpo quello di cui veramente necessita. Dico il mio corpo, ma naturalmente anche la mente viene coinvolta in questa evoluzione alimentare. Insomma solo vantaggi. Non business, ma amore per la vita! Ero partita da Costacurta e già stavo convinta di aver visto la luce.
Ora che ti seguo ho visto altro che la luce! Mi sa che mi hai dato la chiave della totale consapevolezza.

Grazie e buon lavoro

Beh, volevo dirti solo questo. Ogni tanto credo faccia piacere ricevere ringraziamenti, ed io sono dell’idea che se mi sento di volerti dire grazie, devo farlo!!! Non mi piace tenermi dentro sentimenti belli come questi! Vale la pena di esternarli! Quindi caro Valdo, grazie, grazie, grazie!
Buon lavoro e buona vita!
Daniela

Uno tsunami di dolcezza che vale più delle banconote

Cara Daniela, ti fai sentire di rado. Ma, quando lo fai, sei davvero uno tsunami di dolcezza. Un messaggio come il tuo ha per me il valore di 1000 libri venduti e di diversi assegni a cinque cifre accreditati sul mio conto bancario. I danari sono importanti, nessuno lo può negare. A volte sono essenziali e permettono di sopravvivere. Ma, alla fine della giornata, stanno freddi ed anonimi nei depositi di una banca, o magari investiti ed impliciti nelle cose materiali delle quali amiamo circondarci.

I buoni sentimenti sono il vero segreto della salute

I sentimenti invece, l’affetto che ci arriva dall’esterno, penetra in noi e ci pervade tutti, dal sangue, alle cellule, al cervello, a quella cosa impalpabile che chiamiamo anima. I sentimenti, alla fine, non sono come la salute. Sono la salute. Ed è per questo che chi si butta a capofitto nel salutismo, ricercando forsennatamente la vitamina e l’ormone giusti, la proteina nobile e il polinsaturo fondamentale, la pozione ed il trucco miracolosi e capaci di moltiplicare le sue performance, lasciando però fuori della porta l’etica, non raggiunge mai il suo obiettivo e spreca il suo tempo al pari di chi si intestardisce a far girare le pale del mulino dalla parte contraria.

Graziano Ganzit ha capito molte cose dell’alienazione agricola

Il mio caro amico Graziano Ganzit, ex-pilota aeronautico ed oggi presidente di una benemerita Associazione di prodotti agricoli sani e virtuosi di Beano (Codroipo-Udine), esportati regolarmente in diversi paesi europei, ha capito ad esempio il motivo per cui gli agricoltori moderni sono nervosi, irascibili e scontenti, pur avendo spesso soldi in banca, trattori potenti, abbondanza di campi, e stalle in teoria moderne ed avanzate. Non è solo una questione di quote latte e di irascibilità politica, ma anche e soprattutto un sentimento di alienazione dalla stessa natura nella quale sono pure immersi.

Il contadino sereno ed armonizzato dei tempi andati

Il contadino dei tempi andati aveva un rapporto armonico con la natura. Non era solo una questione di sfruttare i buoi per far trainare il carro agricolo e rivoltare le zolle in continuazione. Il cavallo e il bue, ma anche il porcello e l’anatra e il coniglio, erano i suoi amici e la sua anima. Egli parlava e dialogava con loro allo stesso modo con cui si parla alle persone.

Dormiva spesso accanto alla sua mucca

Spesso dormiva in stalla, disteso nel fieno a contatto diretto della sua mucca. Dava a ognuno di loro un nome, e conosceva persino il carattere dolce o vivace, prepotente o geloso, di ogni animale della sua stalla e del suo cortile, non meno di quanto conoscesse le tendenze caratteriali dei propri figli. Non discriminava tra il cane e il vitello, tra il gatto e il maialino, tra pappagallo e gallina. Erano tutti membri della sua vasta famiglia.

Meno retorica e meno idealizzazione, anche allora esistevano le macellerie

Qualcuno dirà che questo è un discorso retorico e capzioso, e che vogliamo idealizzare un passato inesistente, seguendo le tracce di Ermanno Olmi, mentre gli animali venivano sfruttati, maltrattati e sgozzati anche in quel tipo di agricoltura, visto che pure allora esistevano, magari meno organizzati e meno sgangherati, i macelli e le salumerie.

Giusto, ma non c’era la discriminazione tra animali domestici da amare e vezzeggiare e animali da carne da brutalizzare

Non ha tutti i torti a pensarla in questo modo. I contadini dei tempi andati non erano dei santi, come non sono dei farabutti quelli di oggi. Ma almeno essi non discriminavano tra l’amatissimo animale domestico e l’animale cosiddetto da carne. Volevano davvero bene alle proprie bestie.

Ogni animale col suo specifico carattere e la sua diversa anima, esattamente come noi umani

Sapevano che con un certo cavallo potevano legargli un carro o un calesse per andare al mercato, e con l’altro no, perché era troppo vivace ed irrequieto. Sapevano che il porcello scuro amava rincorrere una gallina grigia che, chissà perché, gli stava antipatica, mentre lasciava in pace le colleghe dalle piume bianche. Sapevano che mungere la mucca Giovanna era uno spasso, mentre con l’ultima arrivata di razza Pezzata Bruna, dovevano addirittura legarla perché era dispettosa e ti rovesciava addosso anche il secchio del latte.

Le lacrime nascoste e la sofferenza intima

Gli animali rappresentavano l’immagine vivente della natura e della creazione. E quando veniva il momento di prelevare una bestiola per destinarla al macello comunale, succedeva spesso che il contadino si rifugiasse nell’orto ad asciugarsi qualche lacrima, all’insaputa dei figli e della moglie. Era una sofferenza interna, intima, un malessere imbarazzante, ma sordo e reale, che si guardava bene dal lasciar trasparire. Che non era disposto a dettagliare nemmeno al prete, in fase di confessione.

C’erano di sicuro altre strade ed altre possibilità di sviluppo sano e virtuoso

Da quel tipo di agricoltura imperfetta ma umana, c’era sicuramente la possibilità di evolvere in un modo diverso da quello demoniaco e farneticante dei giorni nostri. Sarebbe bastato guardare a Est piuttosto che a Ovest. All’India piuttosto che all’America. Sarebbe bastato guardare indietro piuttosto che avanti. A Pitagora, Dante e Leonardo piuttosto che a Simmenthal e Manzotin. A Nuvola Rossa, Penna Bianca e Toro Seduto piuttosto che a McDonalds, Monsanto e Rockefeller.

La grandezza di una nazione non sta nelle Ferrari e nelle Maserati che produce

Guardando a Est avremmo incontrato un certo Gandhi, tanto scalzo e squinternato in apparenza, quanto immenso e nobile nella sostanza. Ci avrebbe insegnato che la grandezza di una nazione non sta nel prodotto interno lordo, nelle Ferrari e nelle Maserati che facciamo correre nelle nostre autostrade, nella ricchezza apparente ed illusoria che produciamo, nel calcio miliardario che fa riempire gli stadi, nel Valentino Rossi che fa sognare i giovani con le sue peripezie sulle due ruote, nell’alta moda di Armani e Valentino, ma molto di più nel modo in cui trattiamo gli ultimi. Nel modo in cui trattiamo i bambini e gli innocenti, gli sguarniti e gli indifesi, e soprattutto gli animali, all’interno del nostro perimetro statale.

Guardando a Ovest abbiamo incontrato gli Yankee, ovvero la fotocopia delinquenziale e violenta di noi stessi europei

Guardando a Ovest abbiamo incontrato i nemici acerrimi ed implacabili della natura, gli Yankee sterminatori dei bisonti e del popolo più naturale e religioso del pianeta. Sterminatori di quel magnifico popolo che seppe esprimere dei capi come Chiefe Seattle, capaci di lasciare ai posteri e a noi stessi documenti di enorme valore morale.

“Uomini e animali sono parte della stessa anima”
firmato Chiefe Seattle, 200 anni fa.
Un documento che vale più di 100 sbarchi sulla Luna.

Documenti che pesano e valgono più di 100 missioni spaziali e di altrettanti sbarchi sulla Luna.
“Come sola condizione per la cessione dei nostri territori all’Uomo Bianco, chiedo che egli tratti gli animali di queste terre come fossero suoi fratelli. Anche perché, qualunque cosa accade agli animali, essa accadrà pure agli uomini. Se sarà una scure, sarà una scure. Se sarà una carezza, sarà una carezza. Uomini e animali sono parte della stessa anima e dello stesso fato.”
Era suppergiù il 1809, vale a dire duecento anni fa. Quella era la vera America da seguire. Quella era l’unica America dei valori.

La necessità assoluta di poesia nella propria vita

Amo ripetere spesso una frase di Charles Baudelaire. “Si può resistere senza acqua e senza cibo per diversi giorni, ma non si può campare più di due giorni senza poesia”.

Due mesi fa è venuto spontaneamente a trovarmi Bruno, un ex-allevatore del Nord-Est. Per vie traverse aveva letto qualche mio articolo e poi il mio solito libro. Una persona abituata ai convegni agricoli e ai ministri delle politiche agricole, ai soldi e alle banche, alle stalle e ai macelli, ai viaggi all’estero ed ai riconoscimenti statali e regionali.

Un uomo grande e grosso con le lacrime agli occhi

Seduto davanti a me, è venuto a raccontarmi la sua esperienza, trasformatasi poi in due tesine dal titolo “La vera storia di Lola” e “Le confessioni segrete degli allevatori”. Vedere un uomo grande e grosso di 50 anni, seduto davanti alla mia scrivania, estrarre il fazzoletto ed asciugarsi le lacrime che inondavano il suo viso, mi ha commosso ne più né meno di quando ho perso il conforto di mio padre e di mia madre.

I moti dell’anima si trasferiscono in modo contagiante

Il contagio di batteri e virus, con tutta l’attuale vergognosa campagna vaccinatoria, è una grande mascalzonata di Big Pharma e dei suoi servi e valletti, denunciata in ritardo persino da Luigi Pasteur, ma il contagio dei sentimenti invece è reale. La commozione, la gioia, il dolore, l’esperienza vera e viva, l’amore per la natura e gli animali, si trasmettono in modo irresistibile. E non c’è vaccino che tenga per prevenire questi fenomeni. Quando Bruno se ne è andato oltre il mio cancello, ho capito di aver trovato un uomo vero ed un grande amico. Gli ho stretto la mano e non ho potuto fare a meno di copiarlo, ricorrendo al mio fazzoletto.

Tu stai trasmettendo un’iniezione di bontà e di poesia

Come credo tu sappia, o abbia inteso bene dai miei scritti, non frequento chiese, non faccio segni di croce o altri segni. Ma credo molto invece alla telepatia, alla trasmissione intercomunicante del pensiero e dell’affetto, sia tra gli umani che tra gli umani e gli animali, tra gli umani e le stesse piante, tra gli umani e chi ci governa dall’alto. Quello che tu mi stai trasmettendo è un’iniezione di bontà e di poesia. Oro colato in questo mondo che spesso dipingiamo a tinte fosche ed aride.

L’importante presa di coscienza di essere in errore

Ma non capirmi male. Pubblico per intero la tua mail non per tutte le cose belle che mi hai detto, che sono tutto sommato private e quasi imbarazzanti, ma perché le tue parole sono di grande importanza per i diversi lettori/lettrici che sono nella tua stessa situazione o addirittura in una fase antecedente, in un piano evolutivo ancora più basso.

Quello che trovo di più bello in te è la confessione dei tuoi errori, la presa di coscienza di essere ancora lontana dalla perfezione, con voglie strane che fanno di tanto in tanto capolino, incluso quella del pollo allo spiedo e delle uova.

Più tenerezza che rabbia

Mi fai pensare alla cara amica friulana Alida di Martignacco, che è nella tua identica situazione, che ha intravisto il giusto percorso, ma che al momento cruciale della crisi di fame, si precipita ancora sull’irresistibile fetta di formaggio, allo stesso modo con cui i ragazzi si buttano sul gelato o la Nutella. Sono cose che mi fanno più tenerezza che rabbia. E’ un po’ come vedere il fumatore disperato, che scende dall’aereo e parte veloce verso la prima saletta fumatori disponibile presso l’aereoporto di arrivo.

Le voglie improvvise non sono affatto assurde

Oppure come il pseudo-carnivoro umano che, preso dalla crisi proteica, si butta nel primo rifugio McDonalds ad addentare la sua psuedo-salvezza, consistente in un Big-Mac arricchito da un rimasuglio inanimato di un manzetto brutalizzato un mese prima nei macelli della Cremonini. Per queste voglie, che tu chiami assurde mentre assurde non sono, sto martellando da diverso tempo in favore del consumare di più, del non andare mai in situazione di fame.

Mangiare spesso e non cadere nelle insidie della fame, della salazione e della zuccherazione

Troppa gente raccomanda cose strampalate tipo mangiare poco e di tutto, bevendo poi molto.
Bisogna mangiare invece molto e di poco (di cose cioè giuste), e bere il minimo indispensabile, ovvero quasi niente se prima ci riforniamo degli adeguati quantitativi di acqua biologica, cioè di molta frutta e di molta verdura cruda, con la concessione di qualche buona fetta di pane integrale, di noci e mandorle, di carrube, di patate, di patate dolci, e di tutto quello che la natura viva è in grado di offrirci.

Solo così non cadiamo nella morsa del grasso e del proteico, nella trappola della salazione e della zuccherazione.

Essere orientati significa essere motivati e felici

La cosa più importante che hai detto è Sono felice. Sono felice di conoscere con sicurezza quale è la strada da percorrere. L’essere umano non ha bisogno di essere sempre perfetto ed inappuntabile, che è cosa praticamente impossibile. Quello di cui ha invece costantemente bisogno è l’orientamento.
E tu sei una persona orientata, cioè una persona di valore che non fa del male e non si fa del male. Non so se il merito di averti dato la chiave della consapevolezza sia di Costacurta o Lezaeta o addirittura mio. L’importante è che tu continui su questa direzione, coinvolgendo le persone che ti sono vicine.

Non è affatto vero che noi vegani siamo necessariamente migliori dei carnivori.
Porto l’esempio concreto di mio padre.

E’ tutta una questione di presa di coscienza e di sensibilità, di simpatia e telepatia. Non è che noi vegani siamo necessariamente migliori degli altri. Mio padre Valter Vaccaro mangiava carne, eppure era il simbolo della bontà in Terra. Da militare ne aveva prese di paure. Se l’era fatta addosso al primo lancio avventuroso col paracadute a Viterbo, privo dell’indispensabile e graduale preparazione tecnica. E guidare un drappello di uomini armati per due anni nell’enclave carsica alle falde del Monte Nevoso, circondato giorno e notte dai micidiali ed infoibatori partigiani di Tito, non doveva essere stata una passeggiata.

Una decina di mitragliatrici cariche pronte a sparare

Nemmeno tornare a casa e trovarsi un annuncio di prelevamento notturno da parte dei partigiani di Udine, perché lui era un sottufficiale proveniente dal fronte orientale (e quindi nella logica scimunita e distorta della cosiddetta Resistenza, un automatico servo del regime), era stato facile. Tanto che piazzò una decina di mitragliatrici cariche e pronte a sparare intorno alla botola che si era ricavata sotto il tetto, deciso a vendere carissima la pelle se i balordi che lo minacciavano avessero osato profanare la nostra porta di casa.

L’intervento risolutore di un capo comunista, con la testa sulle spalle

Lo salvò un ammonimento scritto di un capo partigiano comunista, ma con la testa sulle spalle, come Ciro Pigani, che denunciò l’imbecillità e la demenza politica di chi aveva ordito quelle minacce.
“Un figlio del popolo di Tavagnacco, che serve la patria e fa il suo dovere, non può essere scambiato per nemico della classe operaia. Se farete con lui quanto avete fatto con Cristofoli (nda – padre di tre figli, tirato fuori dal letto da tre bravi eroi, massacrato e fatto scomparire in quei medesimi giorni lungo il greto del torrente Cormor), mi dimetterò in tronco dalla Resistenza Friulana.”

Due ulcere allo stomaco, e la piantaggine giornaliera per i suoi coniglietti

Alla fine di tutte quelle peripezie, fatte di notti all’addiaccio e di ranci a base di carne in scatola, si ritrovò con una prima ulcera e una stomacotomia eseguita male in un ospedale di guerra, e un’operazione riparatrice successiva all’ospedale di Udine, con asportazione di metà apparato digerente, e assurda raccomandazione medica di consumare carne fino alla fine dei suoi giorni.

Teneva dei conigli nell’orto. Tutte le sere, tornato dal lavoro dalle Officine Bertoli, andava a raccogliere le erbe preferite per le sue creature, soprattutto stellina e tarassaco, cerfoglio e piantaggine.

Il rito sacrificale della domenica mattina

La domenica mattina non andava a Messa. Aveva un altro tipo di celebrazione da compiere. Era un rito che durava almeno un’ora. Il coniglio prescelto veniva preso per le orecchie ed estratto dalla gabbia. Poi si siedeva e se lo coccolava a lungo sulle proprie ginocchia. Gli dava qualche altro filo d’erba da masticare. Lo guardava e lo accarezzava, passando con le dita lungo la calda peluria della bestiola, grattandogli la testa e le orecchie. Gli baciava entrambi gli occhi almeno 10 volte.

Una lunga predica alla vittima di turno

Ricordati che io sono un tuo grande amico. Vai pure a dirlo al tuo Dio dei conigli. Voglio bene a te quanto ai miei bambini. Le sorti della vita ti mettono qui nelle mie mani e so che oggi dovrai andare verso il cielo con la tua bella e gentile anima. Purtroppo nessuno mi ha insegnato ancora a sopravvivere mangiando sano come fai tu, rosicchiando carote ed erba medica. Mi hanno persino imposto di mangiare carne. Perdonami caro coniglietto. Sei l’essere più gentile del creato. Ti prometto che non soffrirai. Vedi questo pezzo di legno?E’ duro quanto il metallo. Sarò preciso e avrò la mano ferma.
Un colpo in testa ti tramortirà. Non sentirai più nulla, te lo prometto. Una lunga nanna e poi basta.

Più o meno questa era la predica a voce alta, che impartiva settimanalmente nell’orticello di casa, ed in lingua fiulana, alla vittima di turno. La bestiola lo guardava incuriosita e tranquillizzata. Sembrava aver capito. Gli si accovacciava contro in segno di amicizia. A quel punto lui staccava la spina dei sentimenti e diventava per 10 secondi boia esecutore. Un fulmineo e secco colpo di karate alla nuca, e il coniglio era esanime.

Oggi la gente non è cambiata, ma ha subìto un infame processo di rimozione mentale. Ad ogni secondo che passa, il mostruoso rito si ripete 6000 volte.

Oggi la gente non è cambiata. L’uomo continua ad essere sensibile di fronte al dolore e all’ingiustizia. Il problema è che, con l’aiuto di una cultura cinica ed infame, materialista e venale, alienante e
de-responsabilizzante, dichiaratamente ammalante e medicalizzante, è diventato autore e vittima nel contempo di un enorme processo di rimozione cognitiva, mentale, psicologica e spirituale.

Ha rimosso dalla testa e dal cuore un problema, fingendo che esso non esista affatto. Ad ogni secondo che passa, su questa pallina dell’universo chiamata Terra, si ripete 6000 volte lo stesso rito mostruoso di una mano umana che nasconde tra le dita un lurido coltello e schianta 6000 diverse creature innocenti.

Un allagamento rosso di 30 milioni di ettolitri al giorno, senza contare delfini, tonni e balene

Tanto bene è riuscito questo processo di rimozione, che i macelli non esistono. Non si vedono e non si sentono. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Stanno da altre parti. Il sangue? Certo che fa senso e fa impressione. Rassomiglia al nostro! Ma chi l’ha mai visto? Qualcosa come 30 milioni di ettolitri di sangue al giorno. Un vero e proprio allagamento rosso.

Quando l’uomo comincerà a vergognarsi davvero, sarà un grande giorno per tutti

Tanto bene è riuscito questo processo di rimozione che il resto mortuario si mastica disinvoltamente in pubblico, e col sorriso sulle labbra. Non si chiama cadavere o salma, ma ha altri nomi, tipo fettina, prosciutto, culatello, musetto, pancetta, trippa, mortadella, salame, bistecca, spezzattino, ragù, roastbeef, fiorentina, bolognese. Il crimine e la profanazione in bocca e nelle proprie viscere. La violenza e la sopraffazione normalizzata e legalizzata, trasformata in stile gastronomico e distinzione, in momento di socializzazione e in lugubre status symbol, in sagra popolare e precetto religioso.

Quando l’uomo comincerà ad arrossire ed impallidire per i suoi crimini continuati… Quando l’uomo comincerà a vergognarsi veramente di occupare da cafone opportunista la terra su cui cammina, sarà un grande giorno per chi lo ha creato, ma anche per se stesso.

Valdo Vaccaro
Direzione Tecnica AVA-Roma (Associazione Vegetariana Animalista)
Direzione Tecnica ABIN-Bergamo (Associazione Bergamasca Igiene Naturale)

Scritto in data: 2 ottobre 2009

 .

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Lascia un commento con Facebook

Torna in alto