Ogni conflitto è un contrasto fra diversi modi di vedere la stessa verità… Non esiste una verità e una menzogna, ma solo due storie differenti… Non c’è giusto o sbagliato, ma solo modi diversi di fare la stessa cosa.
“C’era una volta un giudice saggio davanti al quale vennero portati due litiganti. Il giudice ascoltò molto attentamente il primo e disse: “Hai ragione”. Poi ascoltò molto attentamente il secondo e disse: “Hai ragione”. A quel punto qualcuno tra il pubblico presente si alzò e rivolgendosi al giudice disse: “Ma giudice, non possono avere ragione entrambi!” Il giudice lo guardò e disse: “Hai ragione anche tu!”
Questa storia ci insegna che per affrontare costruttivamente i conflitti la prima cosa da fare è riconoscere che tutti i punti di vista delle persone sono meritevoli di essere accolti. Sappiamo infatti che ognuno di noi ha una propria personale rappresentazione del mondo e combatterla o toglierle validità non conduce ad alcun vantaggio. Le persone infatti quando sono attaccate tendono a rimanere ancorate ancora di più alle proprie posizioni, che ricordiamo, rappresentano le loro “verità”, il modo attraverso il quale stanno guardando al problema. In questi casi combattere la differente visione del mondo dell’altro non ha altro effetto che condurlo a contrattaccare per difendere la propria posizione, sia nel caso in cui gli venga data ragione, sia nel caso in cui gli venga dato torto.
L’atteggiamento del giudice saggio è invece molto interessante. Se pensiamo a cosa si aspettano due litiganti quando sono davanti ad un giudice, sicuramente la risposta sarà avere giustizia, ma questa giustizia è rappresentata dalla spada del giudice che divide i torti dalle ragioni, possibilmente dando ragione a noi e torto al nostro confliggente. Il comportamento del giudice saggio che dà ragione a tutti viola le aspettative dei litiganti e contemporaneamente anche il senso comune e la logica classica, la quale ci dice che se tutti hanno ragione non si è più in grado di decidere niente, si rimane bloccati.
Ecco che stiamo per rompere uno schema mentale, quello che parte dalla convinzione che due litiganti debbano avere uno ragione e l’altro torto. Il giudice che dà ragione a tutti crea uno spazio in questa convinzione da codice binario introducendo una terza possibilità, la quale crea un altro mondo possibile: tutti hanno ragione. Tale comportamento rompe lo schema perché aggira il sistema (il quale è abituato a ciò che già conosce, ovvero la mente conosce, spesso come unica modalità di gestione del conflitto, l’attribuzione di torti e ragioni) effettuando un movimento paradossale e inatteso: il giudice che dà ragione a tutti. In questo modo vengono disattese e spiazzate le attese non solo dei litiganti, ma anche del pubblico. I litiganti si attendono che qualcuno dirima la loro controversia dando ragione a uno di loro, il pubblico attende la decisione che sa che sarà di separazione dei torti dalle ragioni, ma nel momento in cui la ragione viene data a tutti ciò spiazza, consentendo così di superare le iniziali modalità che conducono alla contrapposizione.
Questa storia ci insegna che davanti a due litiganti è possibile assumere un nuovo e più costruttivo atteggiamento e soprattutto che nei conflitti, per gestirli costruttivamente, non occorre perdere o rinunciare al proprio punto di vista, ma è più interessante risalire dal punto di vista alle premesse implicite (sia nostre che altrui) di cui non siamo consapevoli.
L’assumere che tutti hanno ragione e che tutti i punti di vista siano meritevoli di essere accolti, diventa così la condizione essenziale per fare un passo in avanti, superare il codice binario e rompere così lo schema mentale per assumere un nuovo atteggiamento: per gestire costruttivamente un conflitto occorre considerare che i litiganti non sono portatori di torti e ragioni da dividere con la spada di un giudicante, ma che ogni conflitto è un contrasto fra diversi modi di vedere la stessa verità, che non esiste una verità e una menzogna, ma solo due storie differenti, che non c’è giusto o sbagliato, ma solo modi diversi di fare la stessa cosa.
In questo modo si superano le posizioni dei litiganti, meglio sarebbe dire si riconfigurano e, così facendo, si prepara la strada a un altro importante movimento, ovvero separare le persone dal problema.
Tiziana Fragomeni, estratto dal suo libro Conflitti. Istruzioni per l’Uso (Anima Edizioni)
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