La realtà presentataci dalla nostra esperienza come “esterna” è una proiezione interna della nostra mente… Articolo di Daniele Palmieri, estratto dal suo libro Autarchia Spirituale
La nostra conoscenza del mondo pare limitata dalle pareti della nostra mente; in particolare, dalla nostra coscienza.
Definire la coscienza è un lavoro arduo; essa è una componente effimera della mente umana e vi è un acceso dibattito intorno alla sua natura. A un livello molto basilare, potremmo definire la coscienza come l’esperienza in prima persona che ciascun essere senziente ha del mondo (sensazioni sensibili) e del suoi stati interiori (emozioni, credenze, pensieri). Essa, dunque, rimanda a due realtà: una esterna e una interna.
A ben vedere, però, […] la realtà presentataci dalla nostra esperienza come “esterna” è una proiezione interna della nostra mente. Ciò che l’essere cosciente esperisce, dunque, sono stati mentali di due tipi:
1) Stati mentali personali, (pensieri, emozioni, dolore, piacere etc.) la cui peculiarità è quella di non poter essere condivisi con gli altri (nessuno può provare dolore al posto mio) se non a parole.
2) Stati mentali condivisi (l’esperienza del mondo esterno) i quali, pur essendo appannaggio della esperienza prospettica che ciascuno di noi ha del mondo esterno, fanno parte di uno “spazio pubblicamente condiviso”, una realtà in cui ciascun essere vivente si muove, come all’interno di un labirinto, che è l’oggetto e, allo stesso tempo, la “matrice” delle nostre sensazioni sensibili (vista, udito, gusto, olfatto, tatto etc.). È un medesimo oggetto condiviso, in maniera diversa, da tutti gli esseri viventi.
Definire la reale essenza di questa seconda realtà risulta problematico, benché sembri la più ovvia e scontata. Noi non abbiamo mai esperienza immediata del mondo oggettivo; ogni esperienza è sempre mediata dai nostri sensi. Fu Kant il primo a cogliere questo aspetto dell’esperienza cosciente, distinguendo tra “fenomeno” e “noumeno”. Il noumeno è il mondo in sé, che esiste indipendentemente dal soggetto esperente. Il fenomeno, al contrario, è l’immagine di questo mondo così come appare dal soggetto esperente. Ciò che ci è immediatamente accessibile è soltanto il fenomeno, la nostra costruzione mentale della realtà; la realtà in sé (il noumeno) rimane per noi un mistero.
Tuttavia, nella vita quotidiana diamo per scontato che ciò che vediamo sia “la realtà”. Se, mentre pedaliamo in bicicletta, una macchina ci taglia improvvisamente la strada, non ci domandiamo se questa macchina è “un’immagine della realtà dipendente dalla nostra costruzione prospettica”; inchiodiamo all’istante, per evitare di schiantarci. In generale, viviamo quotidianamente dando per scontato che tutto ciò che si presenta nel nostro campo prospettico sia reale, senza porci troppi dubbi in proposito.
Questo perché l’esperienza prospettica cosciente è “trasparente”. Noi non percepiamo di percepire la realtà; percepiamo la realtà “direttamente”, come se non vi fosse alcun filtro tra noi e il mondo al di fuori di noi.
Ci sono dei casi limite, però, in cui tale trasparenza viene meno e il mondo reale, così come esperito da noi, si mostra per quello che è: una proiezione della nostra mente. Sono casi in cui si verifica una sorta di “errore”, una falla nel sistema operativo, che rende evidente la natura soggettiva e prospettica del mondo che viviamo.
L’esempio più semplice è quello del miope che, per la prima volta, indossa un paio di occhiali. Assuefattosi nel vedere una realtà sfuocata, nel momento in cui indossa le lenti ecco che esse correggono il suo errore visivo; il mondo torna nitido, svelando al miope che ciò che aveva visto fino a quel momento era soltanto una costruzione imperfetta della realtà, dovuta a una carenza della sua vista.
Tuttavia, vi sono casi ben più pregnanti, in cui il confine tra l’esperienza costruita dalla nostra mente e la realtà in sé si fa molto labile, quasi impercettibile. Il primo è quello dei sogni; quante volte ci troviamo immersi in un sogno così vivido da sembrarci “reale”? Possiamo vedere delle immagini più o meno confuse che scorrono nella nostra testa come se fossero davanti ai nostri occhi (e, dunque, fuori di noi), quando in realtà esse si trovano tra i confini della nostra coscienza.
Il secondo caso è quello delle allucinazioni. La nostra mente proietta sul mondo reale qualcosa che in realtà non esiste. Tale sovrapposizione può avvenire proprio perché l’esperienza cosciente della realtà si svolge all’interno della nostra coscienza, confine in cui la nostra mente è padrona a tal punto da poter generare entità inesistenti rendendole così vive e tangibili da poter interagire con la proiezione del mondo fuori di noi.
Infine, vi è un tipo di esperienza poco conosciuta e poco studiata, che ha carattere ibrido tra sogno e allucinazione: l’esperienza della deprivazione sensoriale. Essa viene indotta in un soggetto per mezzo di “bare” insonorizzate, all’interno delle quali si trova dell’acqua tiepida in cui il soggetto viene immerso, al buio. In questo modo, viene privato della vista, dell’udito e anche del tatto, visto che l’acqua tiepida (e salata) lo fa letteralmente galleggiare. Cosa accade alle persone che decidono di sottoporsi a tale esperienza? Privando il cervello di ogni contatto sensoriale con il mondo esterno, questo è portato a costruirsi una realtà a sé stante, fatta di immagini, suoni, sensazioni, colori, un vero e proprio universo parallelo. La mente non può fare a meno di costruire una realtà in cui inserirsi, un non-io che, opponendosi a essa, le permetta di affermarsi come un soggetto dai confini definiti. Un fenomeno che avviene quando sogniamo. Il cervello non potrebbe mai passare otto ore senza compiere alcuna attività semicosciente e durante le ore del sonno, quando ci troviamo in uno stato molto simile alla desensibilizzazione, la nostra mente è portata a creare un nuovo mondo con cui confrontarsi. Per questo motivo i sogni risultano confusi e sconclusionati ma allo stesso tempo ambientati in luoghi dai caratteri definiti, che ci ingannano con la loro parvenza di realtà. In tale lasso di tempo la mente genera un universo nuovo, fatto di persone, cose, animali, ma non ha il tempo necessario a organizzarlo in maniera logica e coerente – o, meglio, secondo la logica che regola la nostra esperienza quotidiana. Se il cervello avesse modo di sognare, in maniera perpetua, per più di otto ore consecutive e se il sonno non fosse diviso in fasi di alternanza, la mente sarebbe in grado di generare una realtà coerente, del tutto simile a quella che viviamo tutti i giorni.
Tutti questi esempi permettono di comprendere quanto sia effimero il mondo fenomenico e, soprattutto, dimostrano che la proiezione del mondo all’interno della nostra mente non avviene in maniera meramente passiva. La coscienza non è un semplice ricettacolo di cera sul quale vengono impresse delle impronte con uno stampino, ma un generatore in grado di creare una realtà virtuale; nei casi più semplici, rielaborando i dati sensibili provenienti dal mondo esterno; in quelli più complessi, ingannandoci con delle proiezioni fittizie generate dalla coscienza stessa, una realtà a sé stante indipendente dal mondo (come nel caso delle allucinazioni, dei sogni e delle esperienze di deprivazione sensoriale).
Daniele Palmieri, dal libro Autarchia Spirituale (Anima Edizioni)
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