Conferenza del prof. Giuseppe Girgenti.
Giuseppe Girgenti (Palermo, 1967) si è formato presso l’Università Cattolica di Milano, ove si è laureato in filosofia nel 1989 sotto la direzione di Giovanni Reale, con una tesi dal titolo Platonismo e Cristianesimo in San Giustino Martire. I suoi studi si sono indirizzati sin da subito alla storia del platonismo pagano e cristiano, in un terreno di confine tra Antichità e Medioevo, tra filosofia e teologia. Dal 2002, ossia dalla data della sua fondazione, insegna alla Facoltà di Filosofia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele.
Tra gli argomenti del video:
L’assoluto si può intendere come ciò che è sciolto da qualunque relazione, come una totalità che include tutti i molti.
L’individuo è parte dell’assoluto. Non esiste individuo che sia separato dall’assoluto.
Da una parte abbiamo un approccio olistico, che ha origine dalla sapienza orientale, dall’altra abbiamo il mondo occidentale figlio della filosofia greca e della scienza moderna, orientato verso la frammentarietà e i molti individui.
L’approccio sapienziale orientale invita l’individuo a trovare la propria collocazione armonica all’interno del cosmo, superando il proprio egoismo, attraverso l’annullamento della volontà o il superamento della sofferenza.
Il mondo occidentale è mosso dalla “volontà di potenza” e dall’autoaffermazione, dove la realizzazione è legata alla sopraffazione degli altri.
La filosofia greca ci consente uno sguardo che fa luce sia sulle radici del pensiero moderno sia sui suoi sviluppi futuri.
L’individuo etomologicamente significa ciò che è indivisibile. L’atomo di Democrito richiama ciò che non può essere diviso, essendo la particela ultima della materia.
Parmenide annulla ogni individualità inserendola in un essere omnicomprensivo, una sfera assoluta e costante.
L’essere di Parmenide e l’atomismo di Democrito sono visioni solo apparentemente contrapposte.
Parmenide aveva immaginato l’assoluto come un uno, un essere unico, immobile ed eterno al di fuori del quale non vi è nulla.
Leucippo e Democrito fanno esistere il nulla come spazio vuoto infinito. Inoltre, pluralizzano l’essere di Parmenide negli infiniti atomi. Ogni atomo è ingenerato e indistruttibile, ma si incontra e si separa con altri atomi dando vita ai mondi infiniti.
I due modelli atomistico e dell’essere parmenideo non sono dunque veramente contrapposti. In seguito tuttavia le distanze si ampliarono.
Platone prova a sviluppare l’idea parmenidea assoluta, salvando nel contempo i fenomeni divenienti per sottrarli al caos.
Platone sviluppa una filosofia dell’unità, ma all’interno della quale ogni ente trova la sua ragione di essere proprio grazie alla sua relazione con l’uno.
Per Platone, ogni individuo non è costituito di per sé, in quanto tale, ma nelle relazioni che ha con il resto dell’esistente.
L’identità di una cosa è sempre in relazione agli altri. Non esiste l’individuo in quanto tale, ma solo in relazione a tutto il resto.
Aristotele, l’allievo di Platone, sviluppa una logica diversa. Egli afferma che ogni sostanza è prima di tutto in sé, dopo di che le si possono attribuire anche dei predicati, tra cui la relazione.
Nel Timeo, Platone narra con un dialogo della nascita del cosmo. In esso si parla anche del Demiurgo, colui che fa il mondo, e dell’anima del mondo, come principio unico della vita.
Il Demiurgo è presentato come un pensiero che pensa tutti i possibili contenuti, tutte le possibilità e tutte le idee.
Nella ripresa neoplatonica, tutti i possibili molti stanno insieme nell’unità del divino assoluto, che nel suo pensiero pensa il tutto… Essere e pensiero qui coincidono.
Il Demiurgo insuffla nel cosmo un principio vivificante che è l’anima del mondo, fonte prima della vita. Tutti i viventi hanno dunque una stessa radice vitale.
Da questa visione ne deriva una etica cosmocentrica, dove ciascuno di noi è inserito armoniosamente all’interno del tutto.
I Pitagorici ne traggono un’etica animalista, proponendo di non uccidere gli animali, nella consapevolezza che le anime trasmigrano.
In Platone, questa relazione di tutti con l’uno si traduce, in termini etici, in tutte quelle forme di legame che rendono i molti uno, o comunque una comunità, e che sono le varie forme dell’amore.
Il bene allora si raggiunge nella relazione di ciò che è diviso, in modo tale che venga recuperata l’unità.
Tutto il platonismo, e tutte le forme di religiosità, spiritualità e gnosticismo, alla fine intendono il rapporto dell’individuo con l’assoluto non come un annullamento dell’individuo stesso, ma come una relazione con gli altri e con il tutto, dove tale relazione articolata conduca sempre più gli individui verso il centro.
Plotino immagina l’assoluto come un’orchestra: se i musicisti sono scoordinati, non si riesce a dare vita a quell’armonia musicale che è il risultato del seguire le direttive del direttore dell’orchestra, che è il Demiurgo. Nel seguire il Demiurgo, l’orchestra produce quell’armonia che è un’immagine dell’assoluto stesso.
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