In questa intervista, Laura Villa ci spiega come il desiderio dell’infelicità possa essere il risultato di certi automatismi e condizionamenti culturali. E’ possibile uscire da questo circolo vizioso e tornare a fluire nel corpo e nelle emozioni, usando la chiave del respiro.
– C’è chi continua a vivere in uno stato di disagio e infelicità, nonostante sappia come uscirne. Cosa ne pensa?
Sembra un paradosso eppure è proprio così, ed è una modalità diffusa più di quanto si creda. Dobbiamo riconoscere che c’è una sorta di programmazione culturale che ci ha imposto in qualche modo di non essere troppo felici né di stare troppo bene. Questa programmazione avviene su diversi livelli. In ambito famigliare, si crea una sorta di veto inconscio per cui i figli tendono a proibirsi di essere più felici dei propri genitori, come se agire diversamente significasse operare un tradimento. A livello più ampio e culturalmente parlando, troviamo delle impostazioni di origine molto antica e che si rifanno a temi religiosi quali il senso di colpa, il peccato originale, il riscatto attraverso la sofferenza… Quindi anche se a livello conscio facciamo scelte profondamente diverse, subiamo comunque l’influsso di questo imprinting che sembra quasi scritto nel nostro DNA e che agisce in modi molto sottili.
Direi che oggi viviamo in una specie di schizofrenia, perché da una parte la società ci propone il mito della felicità in tutti i modi possibili e immaginabili – fra l’altro anche autodistruttivi perché questo “mito” passa per delle proposte che poi in realtà non sono affatto portatrici di felicità ma tutt’altro – dall’altra, come dicevo, dentro di noi è stata coltivata l’incapacità di poter essere felici per le situazioni reali, che spesso sono quelle più semplici.
Credo, forse anche per la mia esperienza di terapeuta corporeo, che l’unica chiave per poter disinnescare questo imprinting sia collegata al corpo, perché la natura intrinseca del corpo è la ricerca della felicità e del benessere, ma in maniera semplice e diretta.
– In che modo, allora, si può usare il corpo?
Mi riferisco a situazioni veramente semplici come il respirare. Sembra banale, tutti pensiamo che poiché siamo vivi allora respiriamo.. e invece no, tratteniamo il respiro. Poter respirare liberamente aumenta in modo quasi esponenziale il grado di benessere e quindi di felicità. Infatti, la felicità è il risultato del poter stare nel movimento, che la vita stessa ci propone continuamente con i suoi alti e bassi, le aperture e le chiusure, le situazioni piacevoli e meno piacevoli… che si ritrovano in tutto quello che accade. Si tratta di essere fluidi, di assecondare il movimento anziché contrarsi e irrigidirsi di continuo non accettando la realtà.
– Quindi sciogliendo il respiro, sciolgo il corpo e anche gli aspetti più sottili?
Certo, perché sono strettamente correlati. Ogni volta che abbiamo pensieri di preoccupazione per delle situazioni che ci rendono infelici, che non vogliamo o che semplicemente viviamo come delle difficoltà, tendiamo a non respirare e a contrarre tutto il corpo. Viceversa, attraverso l’apertura del respiro si può rilassare questa rigidità fisica ed emotiva, e ciò permette di attraversare molto più agevolmente le varie difficoltà… e spesso non si tratta neanche di situazioni così pesanti come pensavamo, perché era il nostro irrigidimento a farcele percepire come tali. Tutto questo passa principalmente attraverso la capacità di respirare e di lasciare il corpo aperto e fluido.
Per poter uscire dal meccanismo che porta alla chiusura e quindi al malessere, inizialmente occorre un atto di volontà perché non si tratta di qualcosa di spontaneo. Infatti, come accennavo all’inizio, abbiamo “imparato” automaticamente a stare immersi nell’infelicità quindi occorre scegliere consapevolmente di fare qualcosa di diverso; occorre fermarsi un attimo e dire “ok, circoscrivo questa situazione nell’ambito che gli spetta, e la tengo al di fuori di tutto il resto”.
E’ bene cominciare con le situazioni più piccole e, una volta allenati, sapremo attraversare con più facilità anche i problemi più grandi. Ma occorre prima un po’ di allenamento. Spesso siamo consapevoli di cosa fare per poter uscire dalla nostra infelicità eppure continuiamo con i vecchi schemi perché non ce la facciamo ad affrontare tutto, però se iniziamo dalle piccole cose, passo dopo passo, scopriamo che riusciamo a sciogliere anche i blocchi più grandi. Infatti capita spesso che, lavorando sugli aspetti minori, il blocco principale ne guadagni comunque in qualche modo e, non di rado, capita che si dissolva improvvisamente prima di affrontarlo in modo diretto.
E’ come se all’inizio ci trovassimo di fronte ad un grande ostacolo e cercassimo un modo per aggirarlo. Naturalmente, occorre essere consapevoli di questo ostacolo e conoscerlo, per poter prendere fiducia… inizialmente, ci permettiamo di sentirlo in modo graduale, negli ambiti minori, senza mettere subito in allarme tutto il sistema. In questo modo riusciamo a prendere maggiore confidenza con il problema e a sentirci più fiduciosi. In fondo, quando eravamo bambini, nessuno ha preteso che ci mettessimo subito a correre ma abbiamo imparato a camminare passo dopo passo. Funziona così anche nella ricerca personale, nello sviluppo del proprio sé e nella guarigione intesa nel senso più vasto: per me è questo l’unico approccio possibile e sensato..
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