Sembra la trama di un film eppure è successo realmente: medici e dirigenti di una clinica milanese risultano coinvolti in una grave inchiesta, che vede decine di pazienti mandati sotto i ferri con l’unico scopo di ottenere rimborsi “gonfiati”.
L’indagine era partita già a gennaio del 2007, ma solo ieri la Guardia di finanza ha avuto istruzione di procedere con l’arresto di ben quattordici persone di cui tredici medici, tutte operative presso la casa di cura Santa Rita di Milano. Inizialmente si erano riscontrate varie anomalie fiscali, ma poi l’indagine ha portato in luce ulteriori reati di cui alcuni estremamente gravi. Infatti, è emerso che sono state “alterate” diverse cartelle cliniche per far sembrare la condizione di molti pazienti peggiore di quanto non fosse realmente, comportando in tal modo interventi chirurgici non necessari.
Ecco allora che una donna di novant’anni è stata mandata sotto i ferri per ben tre volte, mandandola incontro a morte sicura, quando sarebbe bastato un solo intervento. Alcuni pazienti malati di tubercolosi sono stati spediti in sala operatoria per l’asportazione di un polmone senza che ve ne fosse effettiva necessità. Non pochi i casi di diagnosi di tumore alla mammella e conseguente asportazione del seno che ha coinvolto molte giovani donne, tra cui una diciottenne, che di fatto non avrebbero avuto bisogno di un tale intervento. Tanto per citare degli esempi.
Tutto questo con il solo scopo di ottenere una maggiore quantità di denaro attraverso il sistema dei DRG (Diagnosis Related Group), un codice che caratterizza la categoria di pazienti e le relative risorse ospedaliere necessarie. In pratica, la condizione del paziente veniva aggravata “sulla carta” di modo che la struttura ospedaliera potesse ottenere rimborsi più alti da parte della Regione e del Servizio Sanitario Nazionale, così come previsto per i casi più gravi… A quanto sembra, i ricavi “extra” venivano poi smistati fra il personale coinvolto.
Le accuse sono di truffa aggravata ai danni del Servizio Sanitario, falso in atto pubblico e, per alcuni medici, di grave lesione e omicidio volontario. Una clinica dell’orrore – hanno detto alcuni. Una clinica dove guarire non è conveniente. E viene il dubbio che non sia un caso isolato, che essere sani “non conviene”: non fa guadagnare a chi vende medicinali e soluzioni da bisturi, a chi dovrebbe essere mosso dal solo interesse per la salute dei pazienti.
Forse, un po’ più di attenzione da parte di ciascuno di noi nei confronti della propria salute potrebbe aiutare a prevenire situazioni del genere, evitando così di affidarsi ciecamente alla prima diagnosi che prescriva la dipendenza da una pillola o la via dell’intervento chirurgico. Informarsi è un diritto e un dovere per noi stessi e gli altri; è una presa di coscienza, e come tale un atto di libertà. E come direbbe il buon medico di famiglia, “prevenire è meglio che curare”… e possiamo credergli, soprattutto se non lavora al Santa Rita..
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