La tristezza e le depressione sono un male oscuro, ma guarire è possibile… come ci spiega in questa intervista Maria Rosa Greco, psicologa e psicoterapeuta di formazione gestaltica.
– Perché viviamo stati d’animo come la tristezza e la depressione… e perché le donne sembrano esserne più coinvolte?
In realtà gli uomini vivono lo stesso stato d’animo però non lo esprimono così come fanno le donne, lo camuffano con altre modalità… La tristezza è una componente che si associa alla depressione, ma la depressione può originare da varie cause come, ad esempio, un abbassamento del tono energetico. Il piano energetico è inscindibile da quello psicologico, sono intimamente connessi e come terapeuta mi avvalgo di entrambi.
La persona depressa mostra una spinta vitale diminuita, cioè il suo serbatoio energetico – il cosiddetto chi – risulta debole. Questo stato può essere innescato da un evento esterno che “mozza le ali”, che blocca la spinta naturale dell’uomo a creare, a muoversi nella realtà e a vederla con occhi vivi… ma spesso da solo non è sufficiente: occorre anche la “complicità” di un basso livello di autostima, tale per cui un momento di difficoltà si trasforma in una caduta libera…
Le persone depresse che si rivolgono a me per un aiuto, spesso ricevono come risposta da parte mia che “la depressione non esiste” – e per certi versi è proprio così… ci sono delle persone che usano la propria condizione depressiva per attirare l’attenzione e impietosire gli altri, allo stesso modo con cui un bambino amplifica un malessere per agganciare l’attenzione del genitore. Queste persone potrebbero superare i momenti difficili con le loro capacità personali ma si lasciano andare, e ripetono a se stesse: “sono depresso”, “non ce la faccio”, “sto male”… pensieri che, inoltre, muovono la mente nella direzione della stessa depressione e obbediscono a quello che la persona vuole vivere.
– Ma la perdita di vitalità non è a sua volte fonte di “debolezza mentale”, di “stanchezza interiore”?
Purtroppo si innesca un circolo vizioso tra causa ed effetto. E’ normale che nella vita ci siano momenti “up” e momenti “down” però il depresso si trattiene in quest’ultima fase… allora intensifica la sua inattività, il corpo asseconda le scelte della mente che dà spazio ai condizionamenti più negativi…. questi possono attecchire in quanto, come detto, trovano un terreno fertile come quello della bassa autostima ecc. Ad un certo punto, la persona potrebbe riappropriarsi del suo tono e stare bene, ma si auto-convince del suo stato, rafforza le sue credenze e permane così nello stato di depressione, entrando in un circolo senza fine.
– Si può dire che ci sia una volontà non conscia di rimanere nello stato di depressione?
Più esattamente, c’è uno star bene nello star male… Come terapeuta, posso dire che un modo efficace per scuotere la persona da questo stato, è non crederci. Mi spiego meglio: il depresso è abituato a vivere quotidianamente il meccanismo della sua depressione e ad agganciare gli altri attraverso il suo malessere. Se gli confermassi questo meccanismo non potrei fornirgli alcun elemento nuovo; entro quindi in relazione con la persona ma non assecondo il suo “gioco”… per mostrarle, così, che c’è un’altra realtà in cui può attingere alle sue risorse personali.
– Maria Rosa, quali sono gli strumenti con cui lavori sui cali di energia e sullo stato di depressione dei tuoi pazienti?
Uno strumento molto importante è la relazione e l’ascolto. La mia impostazione psicoterapeutica ha come base la gestalt: il cambiamento viene generato attraverso la relazione con il terapeuta. Il mio atteggiamento primario è quello di non credere né consolidare la malattia del paziente, e ciò diventa lo strumento del suo cambiare.
Se una persona ha una mentalità di larghe vedute, o comunque la situazione lo suggerisce, si possono aggiungere trattamenti di carattere energetico, come il Reiki. Anzi, alcuni miei pazienti prediligono questo tipo di approccio, con cui è possibile armonizzare l’energia di una persona.
– Hai un consiglio da suggerire a una persona che voglia uscire dal proprio stato di depressione? Da dove potrebbe cominciare?
Come prima cosa, le direi: “goditi il tuo essere depresso”. Invece di combattere tra il voler fare una cosa e affermare che non si è in grado o non ci si riesce, è meglio vivere totalmente lo stato di depressione o tristezza, con tutte le conseguenze che questo comporta, come rimanere in casa da soli senza voler uscire con gli amici ecc… Occorre attraversare, vivere ed esaurire il proprio buio per poter essere disposti a lasciarlo andare. Se invece utilizziamo subito tutte le nostre energie per capire come uscirne fuori, e lo facciamo troppo presto rispetto al percorso terapeutico, non facciamo che scappare, che rimandare un qualcosa che inevitabilmente tornerà…
– La tua formazione comprende anche strumenti di carattere sciamanico. Vuoi parlarcene?
Infatti mi avvalgo anche di un particolare metodo, il viaggio sciamanico, che è possibile attuare se la relazione intrapresa con il paziente lo permette.
A causa di eventi traumatici possono staccarsi “pezzi” di noi, della nostra integrità, e ciò si avverte come una sensazione di vuoto energetico ed emotivo. In particolare, quando si vivono grandi sofferenze o traumi, accade che l’anima della persona in qualche modo si frammenti e perda parti di sé; questo è il punto di vista sciamanico ed io stessa l’ho riscontrato nella mia pratica terapeutica.
Con il viaggio sciamanico, in particolare attraverso quella che è definita la caccia all’anima, è possibile ricomporre i frammenti dell’anima stessa. Il paziente deve semplicemente sdraiarsi, rimanere rilassato e lasciare che io recuperi per lui le parti dell’anima che si sono allontanate. Si fanno delle “cacce” specifiche: per ogni trauma esiste un viaggio sciamanico preciso.
Riportando indietro quella parte di anima che si era allontanata a causa di un trauma, si recupera una integrazione che risana i sensi di vuoto e, nel caso della depressione, restituisce vitalità alla persona. Si tratta di una tecnica molto potente, più veloce rispetto alla sola relazione verbale, poiché agisce direttamente a livello energetico. Quindi, la persona può non essere consapevole dei dettagli del viaggio ma, al rientro di quest’ultima, ne avverte energeticamente la pienezza e le conseguenze in termini di guarigione.
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