Risvegliare il guerriero che è in noi

Risvegliare il guerriero che è in noi

Questo testo mette in luce l’intima relazione tra aspetti del nostro organismo che tendiamo a considerare separati. Estratto dal libro Yoga metaforico. Forme corporee e immagini mentali tra hatha e jñāna yoga di Mara Valenti

L’immagine della battaglia rappresenta una metafora molto eloquente.

Quella contro i nostri demoni è una battaglia che non vorremmo combattere. Si tratta di una battaglia molto ardua, che non tutti hanno il coraggio di intraprendere. Infatti, molti preferiscono combatterne altre al di fuori, pur di non guardare cosa si agita nel loro personale kurukṣetra. Per affrontare quella battaglia, è necessario, innanzitutto, riconoscere i propri nemici come tali. Per questo, occorre temprare l’animo (tapas) e racimolare tutte le forze (brahmacarya).

A questo punto, bisogna attivare la volontà di sconfiggerli e muovere guerra. Questa è la parte più difficile, pur avendo già fatto passi importanti, perché sconfiggerli non significa scacciarli via malamente, esiliarli dal regno senza cercare di comprenderne le ragioni. Il nemico va guardato in faccia, va decifrato il messaggio che porta con sé. Altrimenti, alla prima occasione si ripresenterà alla porta e noi non lo riconosceremo. Invece, una volta compreso quel messaggio, nulla sarà più come prima. Il “campo” si trasformerà sotto i nostri occhi come in un videogioco multidimensionale: ciò che prima appariva ostile, ora provoca in noi compassione; ciò che prima risultava ostico, ora si rivela nella sua intellegibilità.

Combattere significa spogliarsi dell’armatura che avevamo indossato precedentemente. Dire che per combattere bisogna gettare le armi può sembrare una contraddizione. Ma, in questo caso, le armi che dobbiamo deporre sono quelle che abbiamo imbracciato quando ancora non avevamo terminato la formazione da soldato. Quell’armatura rappresenta le difese che abbiamo eretto nel tempo per proteggerci da situazioni che consideravamo pericolose. Magari, questa armatura un po’ sbilenca ha in passato servito bene il suo scopo: ci ha “difeso” da emozioni che facevamo fatica a sostenere in quanto non avevamo altri strumenti. Ora, però, che siamo dei cadetti, è giunto il momento di deporre la nostra vecchia armatura. Non solo non ci serve più perché la situazione in cui ci troviamo è cambiata, ma può anche rivelarsi controproducente.

Ugualmente stimando piacere e dolore, vincita e perdita, vittoria e sconfitta, apprestati dunque alla battaglia!

Bhagavad Gītā, II.38

Questa dev’essere l’attitudine di chi si appresta a muovere guerra nei confronti dei propri demoni. Vanno ricalibrati i parametri su cui si sono fondate per lungo tempo le motivazioni all’azione, dettate piuttosto da giudizi preconcetti. Ora che abbiamo visto i nemici sul campo di battaglia, smettendo di considerarli alleati, possiamo finalmente affrontare il combattimento. La corretta disposizione da adottare consiste nel mantenere un animo equanime nei confronti delle circostanze, con la consapevolezza che siamo noi stessi ad attribuire loro significato e a connotarle positivamente o negativamente.

Solo abbandonando la convinzione che esista oggettivamente un giusto e uno sbagliato, un piacevole e uno spiacevole, un bello e un brutto, potremo raggiungere quella disposizione d’animo. Dobbiamo attivare quello sguardo equanime che ci consente di vedere che le circostanze attuali sono il risultato di un’evoluzione che non poteva essere diversa da come è stata. I demoni che continuano a inseguirci, allora, vanno sconfitti smettendo di dar loro nutrimento e congedandoli, ma solo dopo aver riconosciuto che li abbiamo invocati noi stessi pensando di proteggerci da un male maggiore. L’atto eroico che ci viene richiesto di compiere ora consiste nel lasciarli andare.

Skandasana. Apprestarsi alla battaglia

Il mondo dell’hatha yoga è popolato da guerrieri, eroi e divinità che combattono battaglie cosmiche. Skanda, per esempio, è il dio della guerra. […] Quando ci mettiamo in skandasana, possiamo provare la sensazione di essere ridotti ai minimi termini.

Posiziònati con le gambe divaricate e sciogli un po’ muscoli e legamenti delle gambe piegandoti alternativamente sul ginocchio destro e su quello sinistro. La pianta del piede della gamba che si piega resta aderente a terra. L’altra gamba si allunga, la parte anteriore del piede si solleva mentre il tallone resta appoggiato a terra. Mentre il bacino si solleva e si riabbassa, le mani possono appoggiarsi a terra davanti al busto. Una volta riscaldate le gambe, puoi assumere la posizione, sollevando il busto.

Le braccia possono stare davanti al petto con le mani in anjali mudrā. Una variante prevede che la mano del braccio che corrisponde alla gamba piegata si appoggi a terra e l’altro braccio si sollevi verso l’alto, mentre la parte anteriore del busto si espande. Il braccio sollevato regge la leggendaria lancia della divinità. È anche possibile eseguire l’āsana in versione legata, portando le braccia dietro la schiena e afferrandosi il polso del braccio che corrisponde alla gamba allungata con l’altra mano. Come per tutti gli āsana che non sono simmetrici, skandasana va poi eseguito sull’altro lato.In questo āsana, c’è tutto quello che serve a un vero guerriero: il radicamento a terra, da conquistare nonostante l’improbabilità della posizione; la flessibilità, attivata dall’apertura delle anche; la forza, data dalla necessaria attivazione muscolare per tenere l’equilibrio; l’apertura del petto, che garantisce una calma percezione; e, infine, l’immaginazione, per capire come sferrare il colpo.

Mara Valenti

Estratto dal libro Yoga metaforico. Forme corporee e immagini mentali tra hatha e jñāna yoga

Risvegliare il guerriero che è in noi

Mara Valenti presenta il libro Yoga metaforico. Forme corporee e immagini mentali tra hatha e jñāna lunedì 22 aprile 2024. Per tutte le informazioni, vai a questo link.

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