Molto spesso, quando parliamo di genitorialità, pensiamo a qualcosa che bisogna imparare a fare verso i figli affinché il nostro compito educativo sia svolto bene. Nonostante il “fare bene” nei confronti di coloro che abbiamo messo al mondo sia un intento più che buono e giusto, se ci fermiamo a pensare alla genitorialità in termini di prestazione, finiamo per ridurre, anche di molto, la profondità di riflessione su un argomento tanto vasto quanto importante.
Una qualità dell’essere, non del fare
La genitorialità non è una cosa né una mera prestazione a cui assegnare un voto, piuttosto è bene definirla, in prima istanza, una qualità.
Nello specifico si tratta di una qualità interiore, che non solo deve avere il tempo di manifestarsi e rinforzarsi un po’ alla volta in noi attraverso le esperienze che viviamo nell’interazione con i nostri figli, ma deve anche poter iniziare a germogliare, poggiandosi delle basi sufficientemente solide.
Proprio come un bambino, ha bisogno di una muscolatura sufficientemente sviluppata (anche se non perfetta) per riuscire a mettersi in piedi e poi, pian piano, mantenere sempre un po’ più a lungo la posizione eretta.
Pertanto, quali sono le basi che la genitorialità necessita per poter nascere e poi via via crescere? Innanzitutto, il lavoro interiore o psicologico.
Una breve premessa.
I nostri figli per crescere in modo sano hanno bisogno sostanzialmente di due cose: non ricevere giudizi e critiche da parte nostra e sentire che c’è chi gli dona fiducia e sostegno quando necessario.
Senza queste premesse la vita sarebbe più dura del necessario, proprio come è successo a noi, figli di ieri, genitori di oggi.
Anche tu, anche io, se avessimo vissuto e respirato in ambienti familiari ed educativi non giudicanti e fiduciosi in noi, ci saremmo risparmiati molte sofferenze e molte zavorre interiori con cui oggi invece dobbiamo fare i conti. E questo vale anche per i nostri genitori e per chi li ha preceduti. Non trovi?
Questo significa che, tirando le somme, ad oggi, come esseri umani non possiamo considerarci la miglior versione di cui i nostri figli hanno bisogno per crescere in modo sano, tuttavia, come sempre, esiste una buona notizia: possiamo divenirlo.
Ciò è possibile perché nulla si fissa per sempre e tutto è in continuo divenire. Inoltre, io sostengo che ad unire tutti noi ci sia un filo rosso, che unisce la qualità della nostra vita interiore – spesso molto ingarbugliata e disattesa completamente da noi – alla qualità genitoriale che riusciamo a offrire ai nostri figli.
In quest’ottica la genitorialità diventa un atteggiamento sano e pertanto educativo che è possibile riconquistare e che, come poco più sopra menzionato, è strettamente legato a noi, al grado con cui siamo in contatto con la nostra vita interiore e più nello specifico alla nostra madre e al nostro padre interiore.
Ma chi sono costoro?
I genitori interiori
La tua madre interiore potrebbe presentarsi a te dicendoti: “sono quella parte di te che è capace di accogliere con dolcezza e comprensione tutti i tuoi aspetti, anche quelli più fragili che spesso giudichi sbagliati”; mentre il tuo padre interiore, con buona probabilità, sceglierebbe queste parole di dirti: “sono la tua capacità di guidarti con fermezza e fiducia verso la tua auto realizzazione.”
È importante a questo punto prendere coscienza del fatto che ognuno di noi ha in potenza entrambi i genitori interiori tuttavia essi, per svariati motivi, tra cui quelli culturali e sociali, sono molto spesso ancora in uno stato di torpore. Basta pensare a quanto poco siamo stati educati dalla nostra società a prenderci cura di noi stessi, ad accogliere le nostre fragilità, a guardare anche con tenerezza i nostri limiti umani per comprendere quanto la nostra madre interiore non sia affatto in vita ma sia piuttosto qualcosa da riscoprire, da tirar fuori insomma.
Lo stesso dicasi per il nostro padre interiore: quanto siamo stati accompagnati a far nascere in noi una buona base di autostima? La società sostiene la nascita della fiducia nell’essere umano?
E dunque come non renderci conto che non è possibile offrire un ambiente non giudicante ai nostri figli se noi per primi giudichiamo noi stessi e soprattutto le nostre parti umanamente fragili? E inoltre, come sarebbe possibile esser per loro una base sicura e pronta a riversar su di loro fiducia, se noi stessi non l’abbiamo potuta sviluppare in modo sano verso la nostra persona?
La vita dentro
Spinta da queste considerazioni ho scritto un libro: La vita dentro. Il viaggio interiore in gravidanza, un libro rivolto alle donne in dolce attesa, le donne che sono già madri o con il desiderio di divenirlo ma anche certamente i padri curiosi di leggere un libro che parla di “gestazione di sé” oltre che di quella del proprio figlio.
Un libro pensato proprio per mostrare quanto sia importante ma fattibile, partire dal lavoro su noi stessi per accogliere la necessità di prenderci cura della qualità dei nostri pensieri ed emozioni, per incamminarci in modo più sereno verso quell’esperienza di vita che ci vede essere genitori di nuove vite. Perché tutto ciò che iniziamo a fare per noi, per il nostro bene, ha poi un’inevitabile ricaduta positiva sulle persone che ci circondano: in prima istanza i figli.
Buona lettura del libro se vorrai e al prossimo articolo.
Wilma Riolo
Wilma Riolo
Autrice del libro La vita dentro – Il viaggio interiore in gravidanza
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