Oltre le etichette

Un invito potente a guardare dentro di te, a liberarti delle catene del passato e a scoprire la tua verità più profonda. Estratto dal libro Psiche e Leggi Universali di Clodét.

L’essenza delle persone altamente sensibili e la verità oltre le etichette

Dopo il periodo di profonda crisi mistica che attraversai, ci fu un momento in cui mi trovai di fronte a una definizione che mi colpì: Persona Altamente Sensibile (PAS). Una psicologa, nel tentativo di aiutarmi a comprendere meglio il mio mondo interiore, mi spiegò che ero una di quelle persone che percepiscono tutto a un livello molto profondo, sia a livello emotivo che energetico. Fu un’illuminazione, ma al tempo stesso, un’etichetta che portava con sé una serie di riflessioni su chi ero veramente.

Cosa significa essere una persona altamente sensibile

Le Persone Altamente Sensibili (PAS) sono individui dotati di una spiccata sensibilità verso le emozioni, gli stimoli esterni e le energie sottili. Dal punto di vista psicologico, una PAS vive le esperienze emotive con una profondità maggiore rispetto alla media, assorbendo tutto ciò che la circonda, come se i loro “sensori” fossero più affinati rispetto ad altre persone. Le PAS tendono a reagire più intensamente alle situazioni, siano esse positive o negative, e hanno una spiccata empatia verso gli altri. A livello energetico, queste persone sono come antenne che captano le vibrazioni sottili attorno a loro.

La loro sensibilità le rende in grado di percepire cambiamenti energetici, emozioni nascoste e disarmonie che passano inosservate alla maggior parte delle persone. Sono individui che, per loro natura, possono sentire l’energia degli altri e dell’ambiente in maniera amplificata. Questo li rende spesso vulnerabili agli stati emotivi altrui, ma anche capaci di connessioni profonde con il mondo intorno a loro.

Oltre le etichette: la non-dualità e l’autenticità individuale

Nonostante la comprensione del concetto di persona altamente sensibile mi abbia inizialmente aiutato a dare un nome a ciò che provavo, col tempo ho capito che le etichette possono anche essere limitanti. Definirsi una PAS può aiutare a trovare risposte temporanee, ma la verità è che siamo molto più delle definizioni che ci attribuiamo. Nella visione della non-dualità, l’essenza stessa delle etichette cessa di avere senso.

Non esistono categorie nette, non esiste una divisione tra chi è “sensibile” e chi non lo è. Ognuno di noi è un essere unico con una propria autenticità, e nessuno può essere completamente racchiuso in una definizione. L’universo non opera con distinzioni rigide, ma con un fluire costante in cui ogni singola entità serve a completare l’altra. Siamo tutti pezzi di un puzzle, ognuno con la propria forma e funzione, e tutti insieme contribuiamo all’armonia complessiva.

L’importanza di ognuno nel grande puzzle dell’universo 

Ogni persona, a prescindere dalla sua sensibilità, è un tassello importante in questo grande disegno cosmico. Non esistono “maggiori” o “minori” sensibilità; esistono soltanto diversità. Ognuno di noi, con le sue caratteristiche uniche, contribuisce a completare un quadro più ampio. Le nostre peculiarità, che siano legate alla sensibilità emotiva o alla razionalità, sono essenziali per il funzionamento dell’universo.

C’è spazio per tutti, e nessuno è più o meno importante dell’altro. L’idea che alcune persone siano “più sensibili” o “meno sensibili” crea una divisione che, dal punto di vista della non-dualità, è priva di significato. Siamo tutti parte di un sistema interconnesso in cui ogni singola vibrazione, ogni piccola differenza, contribuisce a mantenere l’equilibrio universale.

Etichette e la percezione della diversità nella società moderna

La società moderna ha una tendenza innata a etichettare tutto ciò che non rientra nei canoni della normalità. Che si tratti di disturbi psicologici, come l’ansia o la depressione, o di condizioni neurologiche, come l’ADHD o l’autismo, ogni diversità viene spesso vista come una mancanza o come qualcosa da “aggiustare”. Le etichette sono utili dal punto di vista diagnostico e clinico, ma c’è un pericolo insito nel far sì che queste definizioni limitino la nostra percezione della persona.

Molti di noi, me compresa, hanno vissuto sulla pelle il peso di queste etichette. Le diagnosi possono essere utili per identificare problemi che richiedono intervento, ma spesso diventano un fardello. La società ci abitua a concentrarci su ciò che non va, su ciò che è rotto, e questo sposta l’attenzione su un’immagine distorta di chi siamo.

Un nuovo sguardo: dai disturbi alle doti

 Nel corso della storia, molti dei tratti che oggi vengono etichettati come disturbi, in epoche passate erano considerate doti. Pensa, per esempio, alla sensibilità e alla capacità di connessione con il mondo invisibile. In tempi antichi, coloro che avevano queste caratteristiche erano spesso considerati sciamani, guaritori o visionari. Oggi, invece, qualcuno con quelle stesse qualità potrebbe essere classificato come “troppo sensibile” o addirittura “disfunzionale”. Questo vale per molte altre caratteristiche.

Una persona con ADHD, per esempio, potrebbe essere vista come dispersiva e incapace di concentrarsi, ma cosa accadrebbe se guardassimo a questa caratteristica come a una capacità innata di cogliere molteplici stimoli contemporaneamente? In altre epoche, queste persone potevano essere apprezzate per la loro capacità di adattarsi rapidamente a situazioni diverse e per la loro creatività fuori dal comune. La società contemporanea ha perso la capacità di vedere oltre l’etichetta, di abbracciare le differenze come parte integrante del nostro essere umani.

Le etichette sono create per descrivere, ma spesso finiscono per limitare. Ed è qui che, a mio avviso, dobbiamo fare un passo indietro e iniziare a vedere l persone per ciò che sono, non per ciò che non sono.

Clodét

Estratto da libro Psiche e leggi universali

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