La non-filosofia dell’infinito

Un viaggio straordinario verso la comprensione di te stesso e della realtà che ti circonda. Estratto dal libro Oltre l’infinito di Simone Forzani.

Gli esseri umani presentano caratteristiche tali per cui si prestano alla perfezione per poter essere oggetto di una loro continua suddivisione in categorie; una di queste suddivisioni, però, prevede dei risvolti davvero molto particolari ed è rappresentata da coloro i quali dimostrano di avere uno spiccato interesse verso tutto ciò che viene in qualche modo fatto appartenere a quel faldone contrassegnato come “spiritualità” e da coloro che invece non dimostrano alcun interesse verso questo genere di argomenti, o perlomeno sembrano non dimostrarne in modo esplicito.

Il semplice fatto che alcuni di noi dimostrino interesse nei confronti di quella che viene indicata come “spiritualità” e altri no pare già essere elemento più che sufficiente per far sì che in realtà la suddivisone della quale si sta parlando venga per lo più intesa come una specie di suddivisione tra coloro che si autodefiniscono o vengono definiti “ricercatori spirituali” e coloro che invece non lo sono; ma il motivo per cui una ricerca di questo tipo avrebbe ragione di esistere è inverosimilmente lo stesso che fa diventare quella tra ricercatori e non ricercatori una distinzione in realtà del tutto posticcia: siamo tutti una specie di “ricercatori” e lo siamo anche quando la spiritualità non sembra rappresentare in alcun modo materia di nostro interesse e anche quando siamo certi di non essere dediti a nessun tipo di ricerca orientata alla scoperta di quella che, almeno a livello teorico, dovrebbe in qualche maniera secondo noi costituire la verità “ultima” circa l’esistenza.

 

Lo spazio delle percezioni

Esiste un “luogo non-luogo” estremamente intimo, che sentiamo essere inaccessibile da chiunque a parte da noi stessi e le cui pareti sono costituite dalle nostre percezioni invisibili che prendono il nome di pensieri, intuizioni, sentimenti, emozioni, sensazioni e chissà cos’altro ancora di realmente indefinibile a parole. È proprio in quel “luogo non-luogo” che in realtà ci giochiamo tutte le partite, dove ogni nostra convinzione sembra poter nascere e morire o entrare in conflitto con se stessa.

Un messaggio proveniente dall’infinito non è destinato a qualcuno in particolare, ma è per tutti, non è costruito per attecchire solamente in chi è più “spirituale”, più puro, in possesso di frequenze più elevate, più evoluto, questi si configurano ancora come nostri ammennicoli spirituali. L’infinito è completamente neutro, come anche i suoi messaggi e messaggeri, l’infinito è totalmente privo di giudizio e ha in realtà un solo obiettivo, creare i presupposti affinché le “nozze con se stesso” possano essere prima o poi celebrate, così da poter familiarizzare con le proprie caratteristiche e imparare a non averne paura dalla prospettiva umana. Nascita e morte, anche se magari possono essere motivo di qualche inquietudine, appaiono tuttavia come delle certezze, dei punti fermi, che sanciscono un inizio e una fine, dandoci la distensiva sensazione di essere nella condizione di poter capire il funzionamento della natura. 

Non ipotizzare, capire o accettare intellettualmente, ma sperimentare per via diretta che le cose possono essere in realtà molto, ma molto diverse potrebbe essere equiparabile a una liberazione, ma anche causa di una forte destabilizzazione, è questo il motivo per cui la “camera nuziale” non può essere preparata troppo frettolosamente, ma solo per tappe successive, un processo che noi non possiamo che percepire come qualcosa che si sviluppa progressivamente nel tempo. L’“entry level” per l’infinito consiste nel far comprendere a se stesso di non essere veramente quel personaggio che deve sperare di cavarsela.

Ciò che indichiamo con la parola Dio non è una prerogativa della spiritualità o della religione e neanche un passatempo per la domenica mattina, è semplicemente “quella cosa” a cui tutti dobbiamo tendere. Anche il verbo dovere in questo contesto non trova un suo impiego appropriato, perché lascia intendere l’esistenza di un obbligo, mentre in realtà ciò che per lo più viene indicato con la parola Dio non può essere né un obbligo, né una scelta, né un rifiuto, è ciò verso cui ognuno di noi tende per proprio diritto naturale, che ne siamo consapevoli oppure no, che ci crediamo oppure no, poco importa. 

Anche se di primo acchito potrebbe apparire un gesto intriso di egoismo, in realtà la cosa più utile che puoi fare per migliorare il mondo è realizzare la tua felicità, ossia il vero e unico contributo che puoi dare all’esistenza; ma per realizzarla veramente, devi lasciare che la vita faccia per te fidandoti, contribuire anche alla felicità degli altri allora potrebbe essere uno degli effetti collaterali, sul quale però non ti devi impuntare. L’unica vera nostra missione è portare un tocco di genialità in ciò che stiamo facendo, ma ciò che stiamo facendo ci deve dare gioia, indipendentemente se sia riconosciuto come qualcosa di utile per la collettività oppure no.

Non aspettarti la visita di una delegazione spirituale per annunciarti quale sia la tua missione, non occorrono grandi cerimonie d’investitura, ma piccole tracce da seguire, avvenimenti sincronici di cui fidarsi, strizzate d’occhio provenienti dall’infinito; il tuo talento è la tua missione, non sottovalutarlo, già in diverse occasioni ha tentato di catturare la tua attenzione dicendoti: «Ehi sono qui mi vedi?»; non hai bisogno dell’autorizzazione di nessuno per credere veramente in esso.

Simone Forzani

Estratto da libro Oltre l’infinito

Simone Forzani presenta il libro Oltre l’infinito lunedì 27 gennaio 2025. Per tutte le informazioni, vai a questo link.


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