“Volevo essere un duro”: fare spazio alla nostra umanità

Sono consapevole del fatto che la canzone Volevo essere un duro che Lucio Corsi, insieme a Tommaso Ottomano, ha presentato al 75° Festival di Sanremo non abbia bisogno di nessun tipo di presentazione, avendo toccato non solo il mio, ma all’unisono, il cuore di moltissimi italiani. Tuttavia, da psicologa sono accompagnata dal desidero di provare ad addentrarmi in un’analisi di ciò che, secondo la mia personale percezione, rende questa canzone un’opera musicale profonda e terapeutica. Ci troviamo davanti a un testo che già nel suo incipit accompagna il nostro sguardo a spostarsi dentro di noi: lì dove è possibile incontrare una dissonanza tra ciò che sogniamo (o crediamo) di voler essere e ciò che in realtà siamo.

Il brano inizia con un sogno:

Volevo essere un duro
Che non gli importa del futuro
Un robot, un lottatore di sumo
Uno spaccino in fuga da un cane lupo
Alla stazione di Bolo
Una gallina dalle uova d’oro

Ma attenzione, non un sogno personale, ma un sogno in parte collettivo, il sogno idealizzato e magnificente caratteristico della nostra epoca, quello tenuto in vita dalla società narcisista nella quale viviamo. Il sogno di essere grandiosi in quanto a forza, potere, immagine, produttività… Non pertanto quello di diventare persone capaci di sviluppare la propria forza interiore, ma di divenire forti come un lottatore di sumo; non quello di diventare persone abili nella produzione di qualcosa di utile, ma produttivi come una gallina dalle uova d’oro.

Nella strofa successiva invece, incontriamo la realtà ovvero chi in realtà siamo: esseri umani dotati anche di fisiologiche limitatezze.

Però non sono nessuno
Non sono nato con la faccia da duro
Ho anche paura del buio
Se faccio a botte le prendo…

Ecco dunque offertaci su un piatto d’argento la possibilità di iniziare a riconoscere che nella sostanza siamo portatori di qualcosa che con questo sogno grandioso in fondo fa anche un po’ a pugni. Unqualcosa che profuma di umano e che riguarda la sfera dei nostri sentimenti e delle nostre fisiologiche fragilità, sfera a cui in molti, abbiamo dovuto rinunciare per cercare di rientrare nello standard del sogno utopico. Alla base di questa inconsapevole rinuncia non vi è soltanto lo zampino del pensiero dominante della nostra società narcisista ma anche un tipo specifico di ferita emotiva umana mai risolta che pertanto continua a succedersi di generazione in generazione.

La ferita di chi ha dovuto puntare tutto sullo sviluppo della propria prestazione a discapito della propria autenticità per poter ricevere amore, in primis l’amore genitoriale. Nessun bambino infatti sceglierebbe volontariamente di mettere da parte le proprie parti sensibili. Se fossimo stati liberi di scegliere, non avremmo ma voltato le spalle a queste parti di noi perché i sentimenti, così come le nostre umane limitatezze, sono anch’esse parte della ricchezza che possediamo.

Tuttavia il mondo nel quale viviamo e in cui siamo cresciuti ha preso una direzione tutta sua, quella che ha scelto di mettere sul piedistallo l’uomo tutto d’un pezzo, il quale, per poter illudersi di esistere, ha dovuto buttare nel pozzo i sentimenti teneri e le umane fragilità. Ma è bene renderci conto che l’uomo duro, che nel nostro immaginario collettivo è diventato sinonimo di forza, in realtà non incarna una virtù ma manifesta un blocco, un blocco che parla di un’importante repressione al nostro interno.

Il brano continua con un’altra perla preziosa:

Ma non ho mai perso tempo
È lui che mi ha lasciato indietro

Un invito a comprendere che accorgerci di essere portatori anche di altro rispetto al sogno che abbiamo nutrito verso noi stessi, è davvero importante perché può far accadere due cose di straordinaria bellezza. Da un lato ci aiuta a smettere di perdere tempo, in quanto smettiamo di investire in qualcosa di illusorio e allo stesso tempo ci permette anche di comprendere che il tempo in cui viviamo – con le sue idee su come dovremmo essere – altro non fa che lasciarci indietro allontanandoci dal nostro sé più reale.

Io personalmente ritengo che noi esseri umani siamo per natura sia magnifici sia vulnerabili e che il vero benessere nasca dalla possibilità di far nuovamente riunire tra loro queste polarità. Una magnificenza però che non è quella legata al sogno illusorio.

Siamo magnifici nel senso di capaci di creare opere davvero grandiose in qualsiasi ambito in cui la creatività umana può esprimersi, ma anche magnifici in quanto depositari di inclinazioni e talenti straordinari. E vulnerabili perché l’essere umano è fisiologicamente depositario di limiti, i quali non sempre sono ostacoli da dover superare, ma caratteristiche della nostra personalità da accettare e amare per quello che sono: la definizione della persona unica e irripetibile che siamo.

Caro Lucio, caro Tommaso, mi è impossibile concludere questo articolo senza menzionare i vostri girasoli con gli occhiali da sole, simbolo del discernimento, qualità umana donataci a mo’ di guida interiore affinché il nostro sguardo possa ricordarsi che non tutto ciò che ci viene propinato per luminoso e vincente, in realtà lo è del tutto.

I girasoli con gli occhiali da sole mi han detto
“Stai attento alla luce”
E che le lune senza buche
Sono fregature

Vi ringrazio anche per aver ricordato che continuare a fuggire dalle nostre paure non serve a nulla se non ad accentuare la nostra sofferenza.

Perché in fondo è inutile fuggire
Dalle tue paure

Oltre alla via della fuga infatti, ne esiste un’altra, non così semplice da percorrere ma senz’altro sana perché non illusoria. È quella che ci riporta a riprendere contatto con quelle parti semplici, umane ed emotive che abbiamo dovuto rifiutare dentro di noi perché rifiutate in precedenza dal nostro contesto famigliare e sociale di appartenenza. La strada ci insegna a poter ora ascoltare e dialogare con queste parti, facendoci da loro raccontare il dolore che continuano a portare addosso perché ostacolate nella loro naturale espressione. È la via terapeutica.

Che la musica di questi due artisti possa continuare a essere strumento di disvelamento e di presa di coscienza.

Un caro saluto e al prossimo articolo.

Wilma Riolo

Autrice del libro La vita dentro – Il viaggio interiore in gravidanza

La vita dentro

 


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