I 108 saluti al sole: un viaggio tra fatica e rinascita

Un cammino che ci conduce attraverso templi sacri, saggezza millenaria e profonde visioni interiori, fondendo astrologia vedica, medicina cinese e yoga in una narrazione intima e trasformativa. Estratto dal libro L’ultimo respiro del karma di Matteo Sabattini

Il nostro viaggio in India stava giungendo alla fine. Dopo settimane di pratica intensa, studio, introspezione e una dura prova fisica con la malattia, era rimasto un ultimo “ostacolo”, un ultimo rituale, un ultimo passo da compiere per chiudere quel capitolo in modo simbolico e potente: la pratica finale dei 108 Saluti al Sole.

I 108 Surya Namaskara, o “Saluti al Sole”, non erano solo una sequenza fisica. Erano una prova di forza, di resistenza e di determinazione. Una pratica sacra che rappresentava la purificazione del corpo, della mente e dello spirito, un’offerta di devozione alla luce, all’universo e al divino dentro di noi.

Era l’ultima sfida. Dovevamo metterci alla prova, spingere il nostro corpo oltre i limiti e, allo stesso tempo, mantenere la calma, la concentrazione, il respiro fluido. Dopo tutto ciò che avevamo passato, dopo la malattia che ci aveva piegati, questo momento era la nostra rinascita.

La pratica iniziò all’alba, con il primo bagliore di luce che illuminava il cielo sopra il Gange. Il maestro e i suoi assistenti ci guidarono nel rituale, intonando mantra che riempivano l’aria di un’energia vibrante e sacra.

Eravamo tutti allineati, tappetini disposti in file ordinate. Ogni partecipante portava con sé un diverso bagaglio di esperienze, storie, difficoltà. Ognuno di noi sapeva che quella mattina non sarebbe stata facile.

I 108 Saluti al Sole sono un viaggio interiore: ogni movimento, ogni respiro ti porta più vicino ai tuoi limiti, ti costringe a guardarti dentro, a scoprire cosa sei veramente in grado di affrontare.

Le prime sequenze furono fluide e leggere. I corpi si muovevano con grazia, sincronizzati con il respiro e il ritmo dei mantra. Arianna era accanto a me, concentrata e forte, il viso illuminato dalla luce morbida dell’alba.

Ma già al ventesimo saluto, il corpo iniziava a sentire il peso dello sforzo. I muscoli bruciavano, il sudore scendeva lungo la fronte, il respiro diventava più corto. Alcuni iniziavano a rallentare, a fermarsi, a sedersi sui tappetini, incapaci di proseguire.

Io e Arianna ci scambiavamo sguardi silenziosi. Non servivano parole: sapevamo che ce l’avremmo fatta. Avevamo superato la malattia, la debolezza, il dolore. Questo era il nostro momento per dimostrare a noi stessi che la forza non è solo fisica, ma anche mentale e spirituale.

A metà pratica, il vero ostacolo si rivelò: non era più il corpo a essere in difficoltà, ma la mente. Ogni movimento diventava meccanico, ogni respiro più pesante. La mente iniziava a ribellarsi, a suggerire di fermarsi, di lasciare andare. “Perché continuare?” diceva una voce interiore. “Hai già fatto abbastanza” sussurrava.

Ma proprio in quei momenti, guardavo Arianna accanto a me. Il suo respiro era costante, il suo sguardo fermo. Nonostante la fatica, era pienamente presente e questo mi dava forza. Eravamo insieme, e insieme avremmo terminato quell’impresa.

Quando arrivammo al novantesimo Saluto al Sole, il silenzio nella sala era assordante. Molti si erano già fermati, incapaci di proseguire, e i tappetini vuoti intorno a noi sembravano testimoniare la difficoltà della prova.

Ma io e Arianna non mollavamo, le mani che toccavano la terra, i piedi che spingevano verso il cielo, i corpi che si piegavano e si rialzavano in un movimento fluido e continuo, come un’onda che non si ferma mai.

Gli ultimi dieci saluti furono i più difficili. Ogni muscolo del corpo urlava, ogni fibra chiedeva tregua. Ma allo stesso tempo, c’era una leggerezza inspiegabile, come se lo sforzo ci avesse portati in uno stato di grazia, di pura presenza.

In quei momenti, non esisteva nient’altro che il respiro, il movimento e la luce che filtrava nella sala.

Quando terminammo il centottesimo, ci inginocchiammo con le mani giunte al petto, il respiro ancora accelerato e il cuore pieno di gratitudine. Ce l’avevamo fatta.

Guardai Arianna, il viso arrossato dalla fatica, i capelli incollati al viso e un sorriso luminoso che esprimeva una gioia profonda. Era una vittoria per il corpo e per lo spirito.

Il maestro si avvicinò, con il suo solito sorriso enigmatico, e disse solo: «oggi avete lasciato andare qualcosa. Siete più leggeri, più liberi». Quelle parole erano vere: non solo ci sentivamo fisicamente più forti, ma anche interiormente più luminosi, più calmi.

Molti partecipanti non erano riusciti a completare i 108 Saluti al Sole e non c’era nulla di male in questo: ognuno ha il proprio ritmo, il proprio cammino. Per noi, però, portarli a termine significava qualcosa di più: un simbolo di ciò che avevamo superato, delle prove affrontate e della forza che avevamo scoperto di avere dentro di noi.

Dopo la pratica, mentre il sole era ormai alto nel cielo e il Gange scorreva placido sotto di noi, ci prendemmo per mano e ci facemmo una promessa: portare quella forza, quella dedizione, quella presenza nella nostra vita quotidiana.

I 108 Saluti al Sole rappresentavano un rito di passaggio, un ponte tra ciò che eravamo stati e ciò che stavamo diventando.

Con il cuore pieno di gratitudine e i corpi leggeri, ci preparammo per tornare in Italia, pronti a trasformare ciò che avevamo appreso in qualcosa di concreto, qualcosa che avrebbe arricchito non solo la nostra vita, ma anche quella delle persone che avremmo incontrato.

Matteo Sabattini

Estratto da libro L’ultimo respiro del karma



 

 

 

 

Matteo Sabattini terrà la presentazione del libro L’ultimo respiro del karma lunedì 7 luglio 2025. Per tutte le informazioni, vai a questo link.


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