Continua il viaggio di Chiara Corriga nella rubrica Rivoluzioni dell’Essere, ispirata al suo libro pubblicato con Anima Edizioni. Dopo aver esplorato il ruolo della Vittima, in questa sesta puntata Chiara affronta un archetipo tanto scomodo quanto rivelatore: il Carnefice, o Giudice, o Critico.
Il “cattivo” della storia vive anche dentro di noi
Quante volte ci è capitato di puntare il dito contro qualcuno pensando “ecco il cattivo della storia”? Spesso il Carnefice ci appare come l’altro da noi: il capo che umilia, il genitore che giudica, l’amico che fa sentire in colpa. Tuttavia, come spiega Chiara Corriga, questo ruolo non si manifesta solo all’esterno, ma anche e soprattutto dentro di noi.
Il Giudice interiore è quella voce che sussurra: “non sei abbastanza, hai sbagliato di nuovo, non ce la farai mai”. È la stessa voce che, anche nei momenti di successo, ci convince che sia stato solo un colpo di fortuna. Così il Carnefice si insinua nella mente e nel cuore, trasformandosi in un meccanismo invisibile di autocritica e sabotaggio.
La paura che muove il Carnefice
Alla base di questo archetipo si nasconde spesso un bisogno di controllo, nato da una paura profonda di non essere al sicuro. Il giudizio e la critica diventano allora strumenti per gestire l’insicurezza, un modo per sentirsi forti e protetti. Ma questa forza è solo apparente: più cerchiamo di controllare, più diventiamo prigionieri del nostro stesso giudizio.
Nel mondo del lavoro, il Carnefice può essere chi critica senza pietà invece di proporre soluzioni. Nelle relazioni, può essere chi sottolinea continuamente i difetti del partner. Online, si manifesta nei commenti di chi si erge a unico detentore della verità. Eppure, come ricorda Chiara, ognuno di noi può cadere in questa dinamica — spesso senza accorgersene.
Il Giudice interiore e il mito del tradimento dell’Anima
Ogni volta che ascoltiamo quella voce interna che ci sminuisce, stiamo tradendo la nostra essenza più autentica. È quello che Chiara chiama “il mito del tradimento dell’Anima”: il momento in cui smettiamo di onorare la nostra vulnerabilità, di accettare i cambiamenti e di riconoscere il nostro valore.
Il linguaggio del Carnefice si impara presto. A scuola, per esempio, attraverso voti ed etichette: “sei bravo, sei pigro, sei intelligente, sei scarso”. Categorie che confondono valore personale e performance. Da adulti, finiamo per ripetere lo stesso linguaggio, usandolo contro gli altri o contro noi stessi.
Guardare in faccia il Carnefice per liberarsene
Il primo passo non è negare il ruolo, ma riconoscerlo. Guardarlo in faccia, come suggerisce Chiara, con compassione e consapevolezza. Solo così possiamo interrompere il gioco del Triangolo Drammatico, che ci tiene incastrati finché restiamo inconsapevoli delle sue regole.
Come nel film Jumanji, l’obiettivo non è vincere la partita ma uscire dal gioco. E nel farlo, recuperiamo la nostra umanità: la capacità di accogliere le imperfezioni, di apprezzare la fragilità e di riconoscere il valore che nasce dal nostro stesso limite.
Un invito alla libertà interiore
Il Carnefice non è un nemico da abbattere, ma un ruolo da smascherare. Quando lo riconosciamo, impariamo a dialogare con la nostra voce critica e a trasformarla in presenza e libertà. È un viaggio che richiede coraggio, ma che apre alla possibilità di vivere con più autenticità e leggerezza.
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Guarda il sesto episodio completo della rubrica Rivoluzioni dell’Essere con Chiara Corriga: Il Carnefice e la paura dell’incertezza
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