‘Anawe’el

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Nell’aspetto materiale delle cose è il nodo che devo sciogliere

Dal 30 gennaio al 4 febbraio

Vasto, esigente, impetuoso, l’Arcangelo ‘Anawe’el impone talenti talmente impegnativi, che la maggior parte dei suoi protetti ne rimane sgomenta e addirittura paralizzata a lungo. Da un lato, gli ‘Anawe’el si scoprono, fin dall’infanzia, animati da un’intensa spiritualità, da alti ideali di purezza, bontà, abnegazione, e dal desiderio di una felicità libera e profonda, per sé e per tutti; dall’altro, si accorgono sempre più chiaramente di desiderare e di saper accumulare la ricchezza materiale – che secondo tutte le nostre grandi religioni, almeno da qualche millennio a questa parte, è notoriamente incompatibile con le elevate aspirazioni spirituali dell’individuo. Ma non solo: crescendo, gli ‘Anawe’el avvertono in sé anche una tumultuosa aggressività, una vera e propria carica di violenza guerriera, e al tempo stesso un’indubbia Energia “terapeutica” – il bisogno cioè di capire, curare, interpretare i mali altrui. E infine, a complicare ulteriormente la situazione, si aggiunge una prepotente vocazione, se non proprio al potere, perlomeno al ruolo di leader, di personaggio pubblico, che impedisce loro di tenersi per sé le proprie contraddizioni: «Risolvile!» sembra ordinare loro l’Arcangelo che li protegge, «e mostra alla gente come si possa uscire da un simile labirinto!»

A lungo, dicevo, molti ‘Anawe’el tentano di cavarsela reprimendosi, mantenendo cioè le loro forze al più basso livello possibile, che riduca allo stato di latenza almeno una parte di quei loro talenti. Ma è come cercare di nascondere tigri e leoni nell’armadio. Fremono, tumultuano. Quei talenti repressi producono in loro disturbi d’ogni genere, fisici o psichici; danneggiano, anche, le scelte principali della vita – nella professione, nei sentimenti – come se non volessero permettere agli ‘Anawe’el nessuna vera realizzazione, fino a che non avranno fatto i conti con tutti i compiti che sono stati loro affidati.

Fare quei conti è molto difficile, sì, ma non impossibile. Si tratta di accettare l’idea d’una vita strapiena ed entusiasmante: il conflitto tra la spiritualità e l’amore per la ricchezza, per esempio, si può risolvere lasciando che l’abilità finanziaria agisca (e metterla in moto è per gli ‘Anawe’el una gioia indicibile), e accumulando capitali non per sé stessi, ma per qualche impresa utile a molti. E se l’Energia “terapeutica” avrà preso la forma della vocazione per la medicina, l‘Anawe’el creerà cliniche, ospedali o finanzierà coraggiosamente le proprie ricerche; se invece avrà preso la forma d’una vocazione teatrale, l’‘Anawe’el diverrà una star estremamente combattiva, e appunto come tale potrà favorire iniziative benefiche o sostenere forti e luminosi ideali. Quanto all’aggressività guerriera, può tornare utile anch’essa, come impeto per estendere sempre di più la propria sfera d’azione: per superare resistenze  e ostacoli, e infondere vigore nei propri collaboratori. È un programma troppo ambizioso? Sì, per un io che tema di mettersi in gioco e che si preoccupi di se stesso – della propria purezza, bontà e mitezza – più che del benessere del suo prossimo. Qui infatti è la chiave: ciò che può frenare o complicare le immense possibilità degli ‘Anawe’el è soltanto l’egoismo, che rimane tale anche quando si maschera di modestia o umiltà. Una volta che siano riusciti a eliminarlo alla radice, nulla e nessuno li fermerà più.

Ma tengano presente, gli ‘Anawe’el, che non verrà loro perdonato nessun compromesso. Come sappiamo, ogni Angelo trasforma in rischi o difetti le qualità che i suoi protetti hanno avuto in sorte e che non usano: e l’Arcangelo ‘Anawe’el non solo non fa eccezione, anzi, si segnala per speciale durezza. L’‘Anawe’el Franz Schubert, per esempio, volle vivere ritirato, dedito soltanto alla sua dolcissima musica, e più volte gli capitò, tutt’a un tratto, di abbandonarsi a eccessi di violenza, quando in qualche locale pubblico qualcosa gli dava ai nervi. Il presidente americano Roosevelt – ‘Anawe’el anche lui – usò magnificamente i suoi talenti di leader, di economista, di promotore di ideali e di stratega, salvando l’America dalla Grande Depressione e contribuendo a salvare il mondo dal nazismo: ma trascurò la sua Energia “terapeutica” e fu poliomielitico. Clark Gable fece capolavori con la sua Energia “terapeutica” nel cinema, impiegò la propria aggressività come carburante per la conquista del successo, affascinò le folle, accumulò moltissimo denaro, ma trascurò la componente altruista e fu tormentato per decenni da un’avarizia ossessiva nevrotica, ossessiva. Un ‘Anawe’el felice fu invece Rabelais, che fece proprio tutto: dapprima francescano, poi medico, poi curato (ovvero ricco leader locale, alla sua epoca) e al tempo stesso maestro di pensiero del Rinascimento francese, e narratore, guarda caso, di storie di titani irruenti, come Pantagruel e suo padre Gargantua.

Conviene dunque rimboccarsi le maniche e non intimidirsi dinanzi a nessun lato di se stessi. Ai giorni nostri, ciò che più frena gli ‘Anawe’el è probabilmente il timore che nutrono verso gli elementi aggressivi del loro carattere (e che appaiono loro tanto più agghiaccianti quanto più li reprimono); ma sarebbe relativamente semplice placarli: sfogandoli per esempio in qualche arte marziale, o nel tiro con l’arco. E semplicemente rendendo omaggio in tal modo, un paio di volte a settimana, a quel loro animal spirit, otterrebbero l’effetto di rischiarare l’orizzonte delle proprie profonde esigenze e vocazioni: perché non provare? Poi si potrebbe proseguire risvegliando l’Energia Yod, e poi approvando e cominciando a mettere all’opera la propria voglia di ricchezze, e poi tutto il resto verrà certamente da sé.

 

 

Testo per gentile concessione di Igor Sibaldi, estratto dal Libro degli Angeli

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