Togliersi la maschera

Per essere veramente integri con ogni aspetto di noi stessi, occorre trovare il coraggio per destare la propria nudità e autenticità, come ci spiega Manuela Maria Mancini in questa intervista.

– Cosa significa portare una maschera?

La “maschera” è un modo per mediare fra noi stessi e l’altro, è un intermediario tra un essere e un altro essere, tra una energia ed un’altra energia. Portare una maschera significa nascondere qualcosa e, in un certo senso, lo si fa comunque per proteggersi in quanto ci si sente vulnerabili.

Può essere una richiesta di amore, anche inconscia, nel senso che si indossa una maschera per mostrarsi “migliori” di come ci riteniamo, in funzione delle aspettative e degli schemi che abbiamo su noi stessi e che pensiamo gli altri abbiano su di noi. Ci poniamo, cioè, in quella che pensiamo essere la maniera più “accettabile” per poter ricevere l’amore di cui abbiamo bisogno… Anche se, in realtà, non è possibile mostrarsi migliori di quello che si è, nel senso che ognuno è il meglio di sé. Chi è veramente se stesso è il massimo che possa essere.

Oppure, può essere una modalità agita per nascondere coscientemente la verità, al fine di ottenere in maniera più bieca determinati risultati ed obiettivi.

– Quindi la maschera viene indossata sia consapevolmente sia inconsapevolmente.

Certamente, può essere vissuta in entrambi i modi: alcune persone indossano una maschera e sono consapevoli di farlo, altre ancora non lo sono: possono vivere nella propria personalità un “sé primario” e ignorare invece i propri “sé rinnegati” di cui non hanno consapevolezza, anzi a volte sono proprio vittime di questa modalità mascherata. Non a caso, i lavori che si fanno in terapia sono tutti mirati ad affrontare questi aspetti nascosti.

– In che senso si è “vittime della propria maschera”?

Un esempio: magari sto con un ragazzo a cui so di piacere in un certo modo, cioè quando porto la gonna e con una determinata pettinatura, e sebbene io mi senta più a mio agio con i jeans e i capelli sciolti, tendo a vestirmi come so che a lui piace; indosso questa modalità per cercare di essere amata da lui.

– Eppure agire per accontentare l’altro apparentemente sembra qualcosa che facilita i rapporti fra le persone…

Si indossano delle maschere nell’illusione che ciò porti ad essere amati di più ma in realtà non è proprio così… Il lavoro che faccio con le persone è quello è quello di togliere le maschere, levare i veli e le illusioni anche rispetto a noi stessi e rispetto a quello che noi pensiamo di essere e che invece non siamo, perché siamo qualcos’altro. Le maschere non aiutano nel senso che sono un intermediario, un qualcosa che si mette in mezzo come un filtro e che quindi non lascia passare tutte le informazioni.

Si può imparare ad amare le proprie maschere e ad onorarle perché ci sono servite fino al punto in cui siamo arrivati, ma poi è necessario andare oltre nel nostro percorso e avere il coraggio di toglierle, di destare la propria nudità, fragilità, verità… Una persona così, che si lascia vivere, che segue la corrente, il “vento”, se stessa e affronta quello che c’è senza senza bisogno di doversi schermare, credo che sia un essere autentico. Ed è questa autenticità che veramente aiuta i rapporti e costruisce una reale comunicazione: se io mostro la mia verità allora posso condividerla con l’altro e creare veramente qualcosa insieme.

– Perchè in genere è difficile essere autentici?

Siamo stati educati a compiacere, a non essere amati per quello che siamo ma per quello che facciamo… perché “siamo bravi”, “siamo buoni”, siamo tante altre cose… la famiglia, la società, la scuola ci hanno messo addosso una specie di imprinting, cioè una serie di schemi a cui ci siamo adeguati e che ci hanno condizionato a indossare determinate maschere.

Infatti, per molte persone il vero percorso della vita è quello in cui si tolgono le maschere, in cui si comincia ad andare al “contrario” – come diceva anche Osho – così come si fa in ogni terapia che porta avanti questo discorso di tornare a risentirsi, riconoscersi, esprimersi e rispettarsi, addove il rispetto
è legato alla verità
 : se sono vero, sono nella luce allora sono anche rispettoso di me e dell’altro.

– Come posso accorgermi delle mie maschere?

Il primo avviso è il disagio, che sentiamo in modo immediato, senza pensarci. Queste maschere pesano molto e in realtà sentiamo benissimo quando c’è un’incongruenza e il disagio che ne deriva. “Incongruenza” significa pensare una cosa e dirne un’altra, voler fare qualcosa e fare qualcos’altro ancora… tutto ciò crea distonia, crea un’interruzione del “canale” all’interno di noi… ma la persona sa molto bene quando sta dicendo una cosa e ne pensa un’altra, lo sente da qualche parte, è come avere una piccola spia che si accende.

E nel momento in cui ascoltiamo l’incongruenza e il disagio, che c’è sempre, è come se ci prendessero per mano e ci portassero verso l’uscita di un labirinto, permettendoci di tornare integri, congruenti (quindi unici, veri) nei pensieri, nelle parole e nelle nostre opere..

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