Sincronicità

Sincronicità

La cultura occidentale considera la sincronicità, ossia il fenomeno delle coincidenze significative, frutto del caso. Eppure le coincidenze hanno un valore su cui bisognerebbe interrogarsi, perché sono portatrici di messaggi soggettivi, diretti a colui che le vive.

In Oriente l’immagine del mondo è prevalentemente imperniata sulla metafisica. Viceversa, nel moderno pensiero occidentale, lo spazio maggiore è riservato al principio di causalità, che per altro è stato conquistato solo negli ultimi due secoli, grazie all’influenza livellatrice del metodo statistico e al successo delle scienze naturali. A causa di questa situazione, di là delle più recenti scoperte della fisica, che rimangono però ancora molto distanti dal sentire comune, l’opinione corrente nella collettività e nella cultura nega un qualche valore, anche solo a titolo d’interesse sperimentale, al fenomeno delle cosiddette coincidenze. Le motivazioni sono molteplici: da un lato la convinzione diffusa della loro totale irrazionalità, della loro casualità. Dall’altro, i metodi accreditati dalle scienze che avvalorano solo ciò che si può ripetere statisticamente secondo leggi e parametri di sistematicità. Non vi sono quindi altre possibilità?

Da occidentali, siamo obbligati ad arrenderci al dominio imperante della nostra formazione, senza la possibilità di uno scambio reciproco tra la componente scientifica, empirica e razionale e il modello mistico orientale? Come abbiamo visto è la scienza stessa a offrire un punto di contatto, una porta gigantesca su un universo fino a qualche decennio fa, impensabile. Vogliamo perdere questa occasione? Certamente no, ed è per questo che è nostra intenzione procedere in tale direzione. Tuttavia, il modello scientifico è caratterizzato da limiti precisi. Quindi, senza voler mettere in discussione la validità di un metodo che per tanti aspetti si rivela centrale e prezioso, ci chiediamo su che basi sia possibile offrire un punto di vista diverso e più ampio, che tenga conto di una visione d’insieme. Per noi occidentali i particolari contano solo in sé e per sé, per lo spirito orientale essi integrano sempre un quadro generale.

Partendo dal presupposto che la cosiddetta concezione scientifica, che fa del teorema di causa-effetto un postulato fondante, non è l’unica possibile, ci domandiamo come dobbiamo considerare, in una realtà osservata con respiro olistico, quei fatti unici e rari, definiti coincidenze, che sono esistenti e dunque meritevoli di comprensione e di indagine, seppur apparentemente privi di una loro legittimazione statistica. È possibile presupporre l’esistenza di un legame tra eventi di natura diversa da quella causale? Ammesso che ne esista uno, ci domandiamo quale criterio interpretativo dovremmo adottare per la sfera del caso, apparentemente non legato da un rapporto di causa col fatto coincidente. Come tentare di intendere questi episodi particolari che sembrano trovare nella storia del pensiero filosofico e tradizionale una precisa base teoretica?

Il termine Sincronicità, moderno solo per quanto riguarda la terminologia, deriva dal greco syn-chrónos che vuol dire insieme nel tempo. È questo il tratto essenziale della coincidenza significativa, che risulta possibile proprio perché uno stesso senso (cioè qualcosa di razionale) si adatta, in un medesimo tempo, a entrambi i termini.

Jung analizzò diffusamente l’argomento nell’omonimo trattato Sincronicità dove descrisse il noto esempio di una sua giovane paziente in un momento decisivo della terapia. La donna, nel corso di una seduta, stava raccontando di un sogno in cui riceveva in dono uno scarabeo d’oro. Durante il racconto egli udì alle sue spalle un rumore, come se qualcosa stesse bussando piano contro la finestra. Aprì il vetro e prese al volo l’insetto che in quel momento aveva deciso di penetrare nella camera dove si stava svolgendo l’incontro: si trattava di una Cetonia aurata, il comune coleottero delle rose, l’esemplare più simile (a quelle latitudini) allo scarabeo d’oro. È per eventi come questo che lo studioso formulò il seguente postulato:
I termini di una coincidenza significativa sono legati da contemporaneità e senso.

Nel suo aneddoto i due eventi si erano manifestati insieme nel tempo ed erano caratterizzati da un significato chiaro e preciso rispetto a ciò che stava accadendo nella stanza, cioè erano significativi per i protagonisti del fatto, Jung e la paziente. Sebbene il coincidere “casuale” comporti un’improbabilità che, in termini statistici, andrebbe espressa mediante una grandezza incommensurabile, come dicevamo già in precedenza e com’è ampiamente risaputo, la maggior parte degli esseri umani, nella vita quotidiana non dà alcun peso a questi fatti, trattandoli alla stregua di vicende prive di reale valore o tacciando di ingenuità chi sostiene che abbiano un significato. Sono ben pochi coloro che s’interrogano sul valore delle coincidenze che capitano loro. In più l’esperienza comune ci insegna che, anche a proposito del caso e della coincidenza, si è soliti ipotizzare una spiegazione causale la cui mancata individuazione è alla base della definizione dell’evento quale, appunto, casuale.

La nostra assuefazione al principio di causa-effetto è tanto soverchiante che ci spinge a porlo come fondamento di tutto. Eppure, poiché tale assioma ha validità relativa, sebbene la stragrande maggioranza dei fatti sia spiegabile in tal senso, deve esistere un “residuo diverso”, a-causale o la cui spiegazione non possa essere fatta derivare immediatamente dal classico rapporto di causa-effetto. Ecco, in sintesi, le due tipologie:
Rapporto causa-effetto: bicchiere spinto fuori dal tavolo – bicchiere che cade e si rompe
Rapporto sincronico: sogno con lo scarabeo – coleottero scarabeo che entra nella stanza

Per tutti i motivi menzionati, se si volessero indagare tali episodi, oggi tendenzialmente considerati fenomeni irrazionali o semplici fatalità, si potrebbe pensare che l’unica strada possibile sia l’accumulo di un lunghissimo elenco di casi curiosi, di unicità come quella descritta nel racconto dello scarabeo. Tuttavia ciò condurrebbe solo a una raccolta dal sapore bizzarro, forse affascinante e interessante ma certamente incapace di penetrare più in profondità. Il punto quindi è: esiste un criterio ermeneutico fondante per queste manifestazioni?

La teoria della Sincronicità, nella sua formulazione, ci indica che vi è rappresentato un nesso di senso, soggettivo e specifico per l’osservatore (o gli osservatori), che si palesa grazie a una simultaneità. Chi sperimenta in prima persona una coincidenza, avverte anche solo intuitivamente, oltre al possibile e legittimo stupore, una sensazione particolare. Si tratta del fatto che la coincidenza, soprattutto laddove sia stata pienamente significativa, produce una brevissima interruzione, una sorta di sconnessione della coscienza ordinaria, alla stregua di un piccolissimo shock, che ha lo scopo di farci riflettere sul perché di questo accadimento.

Certamente per molti tutto ciò passerà inosservato. Altri invece s’interrogheranno sulle sue ragioni materiali: perché si è incontrata la tal persona, in quel preciso luogo, in quel determinato momento ecc. Altri ancora, i più accorti, esamineranno il possibile collegamento col proprio destino (la Scienza dei segni) o rifletteranno sulle questioni ontologiche ed esistenziali della Sincronicità in sé e per sé, cioè sul suo significato più arcano e profondo (ovvero la connessione col Tutto).

Stiamo trattando così diffusamente l’argomento perché i fenomeni sincronistici si verificano con regolarità e frequenza nei casi di procedure intuitive e “magiche”, come i Tarocchi. Per essere più precisi, non solo avvengono ma sono in verità alla base del loro funzionamento! Tuttavia, come ci ricorda lo stesso Jung, in questi ambiti l’aspetto caratterizzante è che “i fenomeni sincronistici appaiono soggettivamente convincenti alla persona coinvolta nella pratica ma risultano di impossibile formulazione statistica, almeno per il momento”. Sono cioè dotati di senso soggettivo e contemporaneità, ma non di provabilità oggettiva, circostanza che limita enormemente la possibilità di una loro classificazione di natura più scientifica.

Senza nessuna presunzione crediamo sia arrivato, rispetto a tale definizione, un tempo nuovo. Infatti, grazie all’individuazione della Struttura Cifrata dei Tarocchi, il loro specifico utilizzo assume un valore profondamente diverso. Questo impiego ci consentirà un parallelismo nuovo e totalmente inaspettato che porterà un contributo eccezionale alla dimostrabilità oggettiva della Sincronicità.

Estratto dal libro Il Codice dei Tarocchi (Anima Edizioni) di Carlo Bozzelli

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Sito web di Carlo Bozzelli: www.tarocchi.net.

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