Il ruolo primario della coscienza

L’uomo, grazie al progresso scientifico e alla riorganizzazione della conoscenza, sta riscoprendo il ruolo primario della coscienza, intesa come dimensione basilare all’origine di ogni forma esistente sui differenti piani universali.

 

La visione della scienza ufficiale è stata fino a poco tempo fa interamente permeata da un’impostazione del pensiero deterministico che può essere riassunto brevemente come segue: “L’universo con tutto ciò che è in esso – la creazione – è un orologio di proporzioni cosmiche, in cui ogni parte è causalmente e quindi deterministicamente correlata a ogni altra; questo universo può, quindi, essere descritto matematicamente attraverso un’equazione che rappresenta istante per istante le condizioni iniziali, velocità e direzione di ogni fenomeno contenuto in esso.”

Questa concezione ha influenzato pesantemente l’impostazione e l’evoluzione del pensiero culturale e della tecnologia; tutt’oggi, per molti di noi non è facile svincolarsi da questo tipo di impostazione.

La nostra visione della realtà si attualizza all’interno di limiti di diversa natura: quelli dei nostri organi di percezione, quelli di ordine neurofisiologico e di natura psicologica, nonché di ordine culturale, poiché col variare dei contesti culturali variano anche i sistemi di riferimento.

Nella seconda metà del secolo scorso si è aperta una nuova corrente di pensiero che ha portato alla riorganizzazione di molte conoscenze all’interno di una visione probabilistica di realtà: infatti, gli scienziati hanno preso atto che le leggi della fisica classica non possono essere utilizzate per indagare i livelli subatomici della materia e, con l’avvento delle teorie quantistiche, si sono aperti nuovi orizzonti che ci permettono di comprendere la realtà in termini energetici, con riferimento agli aspetti vibrazionali od ondulatori della materia.

Le teorie sono patterns mentali, stati della mente, spesso tanto potenti quanto le influenze culturali o le stesse religioni, e comunque esse non hanno valore globale: possono essere considerate come punti di vista del mondo, ma non corrispondono alla realtà. La concezione newtoniana sembra essere quell’eccezione che conferma la regola: essa è divenuta parte del nostro bagaglio culturale, ha assunto impropriamente caratteri di globalità e ha influenzato profondamente la nostra modalità di pensare, le nostre emozioni e il nostro inconscio.

Le teorie sono patterns mentali in qualche modo parzialmente strutturate nel nostro cervello: così come alcuni processi connessi con la maturazione e l’apprendimento del linguaggio si strutturano nella prima infanzia, allo stesso modo gli elementi culturali, religiosi o procedure legate alle teorie si strutturano profondamente nella psiche umana durante le fasi maturative. Quindi, le modalità interne con cui noi analizziamo le informazioni sono profondamente radicate nel nostro interno, non perché esatte e accurate in quanto tali, ma perché facenti parte delle nostre modalità di organizzazione del pensiero; sradicarle, quindi, richiederebbe uno sforzo e un’energia che soltanto poche persone possiedono.

Il nostro sistema nervoso è plasmato da driver archetipici e da influenze ambientali e, in relazione a questa capacità plastica di modellare attraverso processi interattivi all’interno, nella nostra complessità psichica, possono essere elaborate diverse definizioni di realtà. Noi accettiamo solo ciò che si adatta al nostro sistema di riferimento interno; qualunque altra informazione viene ignorata in relazione alla struttura archetipica e psicologica che condiziona la nostra visione di realtà.

Ciò che è accaduto sino a oggi è che gli scienziati hanno letteralmente scotomizzato o non hanno dato nessuna importanza ad alcune realtà non lineari che incontravano nel loro percorso di ricerca, poiché tali realtà non si adattavano al determinismo logico, considerando quindi come poco interessanti eventi e fenomeni che non potevano essere spiegati. Sino a oggi la scienza moderna ha focalizzato l’attenzione soltanto sull’oggetto di indagine, non tenendo in alcuna considerazione le influenze che lo sperimentatore e il processo di sperimentazione potevano avere sull’esito delle indagini.

L’attuale progresso scientifico comincia ad aprirsi a una nuova prospettiva che rivaluta l’importanza dell’agente nell’indagine scientifica e delle influenze di quest’ultimo sul processo di conoscenza, considerandoli quali densità di un unico campo di energia infinitamente dinamica.

Il progresso tecnologico ha consentito di fare notevoli passi in avanti nel campo dell’osservazione scientifica, permettendo alla scienza di scandagliare i livelli più sottili dell’esistenza con le relative utilizzazioni nei diversi campi dell’organizzazione scientifica. In questo slancio verso le tecnologie più avanzate, verso la conoscenza del particolare si è progressivamente persa la visione di insieme: quella visione olistica – nel caso dell’uomo – o degli ecosistemi o dei sistemi più ampi che, in gergo scientifico, sono individuati come sistemi adattativi complessi. Essi sono costituiti da elementi di base con capacità di aggregazione e rappresentazione di configurazioni possibili, la cui validità può essere verificata nel mondo reale e memorizzata, determinando un rafforzamento della relazione tra loro; questo è valido per le sinapsi del cervello, ma anche per altri tipi di ecosistemi.

Attraverso il salto quantistico assistiamo a una nuova riorganizzazione della conoscenza, a una riproposizione nuova dell’uomo in un equilibrio planetario e cosmico. Questa nuova riorganizzazione del sapere oltre a offrire nuove integrazioni fra il sapere filosofico, religioso e scientifico, rappresenta la base culturale dell’uomo alle soglie del terzo millennio; un uomo che, grazie al progresso scientifico, riscopre il ruolo primario della coscienza, intesa come dimensione basilare all’origine di ogni forma esistente sui differenti piani universali.

Einstein era convinto che alla base dell’esistenza cosmica e di tutte le leggi di natura esistesse una struttura unificata dalla quale ogni elemento potesse emergere sul piano del relativo. Possiamo dire che nella storia recente della fisica le scoperte e le teorie hanno condotto all’ipotesi di una progressiva unificazione dei livelli fondamentali dell’organizzazione dell’esistenza sino a culminare nella recente teoria del campo unificato di tutte le leggi di natura e delle qualità di questo desunte matematicamente, poiché, a quel livello, la fisica utilizza necessariamente un linguaggio matematico.

Oggi i fisici si interrogano sulla relatività teorica, sulla gravitazione sperimentale, sull’astrofisica e sulla cosmologia. La ricerca sviluppa le intuizioni di Einstein, tentando di conciliare la relatività generale con la meccanica quantistica per creare dei modelli cosmologici. In questa direzione, una prospettiva più ampia ci consente di osservare come i livelli più superficiali dell’esistenza si strutturano sull’equilibrio e il dinamismo di livelli fondamentali, che a loro volta emergono da quello che oggi è chiamato il campo unificato di tutte le leggi di natura; in una visione di tipo orientale, l’Ātman universale.

Bruno Renzi

Estratto dal libro La mente in Ayurveda.

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