Che essere felici sia uno stato di coscienza interiore e non dipenda in realtà da fattori esterni, probabilmente per voi è già cosa nota… E se siete su anima.tv, già sapete che esso dipende soprattutto dalla capacità di essere grati, di stare nel momento presente, di sentirsi in coscienza di unità con gli altri e con il mondo.
Ve lo hanno già detto in tanti, lo avete letto nei libri, sentito nei video di formatori, maestri orientali, trainer, autori… Ma lo mettete in pratica?
Dopo che avete letto un libro lo praticate per qualche ora, qualche giorno e poi… lo perdete, dilavato dal torrente della quotidianità.
Non siete voi a non essere abbastanza bravi. È il funzionamento del vostro subconscio.
E, poiché io di subconscio e affini sono piuttosto esperta, vi posso dire che il subconscio vuole sempre preservare lo status quo, la zona di comfort, anche se non è quella ottimale per voi.
Oltretutto è vero che praticare la felicità è anche un impegno.
Ha ben detto la scrittrice Annabel Buffet che la felicità è una piccola incombenza giornaliera da curare come faresti con un giardino.
Ma a volte le incombenze materiali sono già troppe… A meno che… A meno che io non vi dia qualche buon motivo per farlo. Qualcuno di quei motivi che piacciono tanto alla mente razionale e impressionano l’inconscio. Tutti d’accordo, intelletto ed emozioni.
Sono i motivi che le neuroscienze oggi ci offrono, non perché le neuroscienze siano la panacea di tutti i saperi, non sono così ingenua da pensarlo, ma perché le neuroscienze sono oggi la più forte disciplina di frontiera che raggruppa competenze profondamente diverse accomunate, in alcuni casi, solo dal modello di studio: il cervello, la mente, la psiche. Vi partecipano, e in essa si confrontano, dialogano e discutono, la filosofia e la medicina, la fisica e la biologia, la chimica e l’etica, la matematica e la genetica, la psicologia e la farmacologia. In realtà, probabilmente, poche o nessuna disciplina umana può essere esclusa dal dibattito, per questo vi toccano.
Perciò in questo post io voglio darvi qualche chicca dal mondo delle neuroscienze che renda questo concetto della felicità come stato interiore, di gratitudine, di condivisione, unità, ancora più chiaro in voi, che lo colleghi a qualcosa di pratico e convincente, in modo che questo abbia un effetto immediato su di voi.
Legame tra felicità e reddito
Cominciamo con la questione delle cose materiali.
Bene sappiate che la felicità, se è egoistica, “stressa” l’organismo. Lo dimostra uno studio della University of North Carolina a Chapel Hill: nessuna felicità è uguale a un’altra, e in qualche caso anche quello che potrebbe apparire il migliore dei sentimenti potrebbe aprire le porte alle malattie.
Lo studio, pubblicato su Pnas (Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America), ha indagato l’azione specifica della “felicità” sui geni, scoprendo che la felicità egoistica può provocare una sollecitazione sull’organismo con effetti psicofisici sgraditi.
Pensate che, mentre la felicità generata da un’attività filantropica e al servizio degli altri quanto a scopo, o condivisa con un’altra persona, in altri termini la felicità connessa all’amore in tutte le sue forme più alte, non altera l’espressione dei geni legati allo stress, nel caso di un appagamento generato da un piacere edonistico, cioè materiale, si hanno gli stessi effetti stressanti sui geni e quindi sulle cellule dell’organismo che si avrebbero nel caso di un evento stressante negativo.
Tanto per restare in tema di beni materiali, proseguiamo con la questione relativa al fatto che i soldi non fanno la felicità. Ebbene le neuroscienze ci dicono che la ricchezza non rende felici, ma al contrario la felicità può far diventare ricchi.
È questo il principio di fondo di uno studio secondo cui i ragazzi, e quindi a maggior ragione, i bambini felici guadagneranno di più una volta adulti. È la prima volta, spiegano i ricercatori, che il legame tra felicità e reddito è stato studiato in modo approfondito.
Dallo studio pubblicato su Proceedings of National Academy of Sciences che ha preso in esame 15.000 giovani adulti statunitensi, emerge che ogni punto in più su una scala che misura da 1 a 5 il livello di soddisfazione personale registrato all’età di 22 anni, si traduce in un guadagno di oltre 2.000 dollari all’anno più alto sette anni dopo. Nella ricerca sono stati presi in considerazione istruzione, salute, i fattori genetici, il quoziente intellettivo e il livello di autostima e felicità dei partecipanti.
La relazione tra benessere materiale e benessere psicologico assume così contorni decisamente interessanti anche per i più materialisti. Jan-Emmanuel De Neve, coautore della ricerca, in un’intervista ha proprio affermato che lo studio dimostra che esiste la forte probabilità di una causalità inversa tra reddito e felicità. Insomma, è la felicità che rende ricchi e non viceversa, dunque essere felici conviene!
La longevità
Oltre al denaro, quale altra molla può toccarvi più nel profondo della longevità? Eccovi accontentati. Sorridere allunga la vita: uno studio pubblicato su Psychological Science dai ricercatori della Wayne State University di Detroit, negli USA lo dimostra.
La ricerca è stata condotta sulle fotografie di 230 giocatori della Major League di Baseball, che hanno iniziato a giocare prima del 1950, le cui espressioni facciali sono state esaminate minuziosamente da un gruppo di volontari che ne dovevano classificare il sorriso su una scala da 1 a 3. Al termine dell’esperimento, gli studiosi hanno rilevato che fra tutti gli atleti – la maggior parte dei quali erano deceduti tra il 2006 e il 2009 –, gli unici rimasti in vita (46) erano coloro che nelle foto sfoggiavano i sorrisi più radiosi. Così è risultato che il grado di longevità di chi “non sorrideva” era pari al 72,9, quella di chi “sorrideva parzialmente” del 75, mentre quella di chi lo faceva “intensamente” si attestava al 79,9. I risultati dipendono dal fatto che, secondo gli autori, chi sorride più calorosamente risulta più felice e positivo nei riguardi della vita e ciò lo porterebbe a vivere più a lungo.
Da notare che, essendo una esperta di microespressioni facciali, vi posso assicurare che fingere un sorriso radioso è molto difficile, dunque applicando l’analisi delle espressioni facciali, è possibile distinguere un sorriso vero da uno per così dire falso o di circostanza.
Dunque sorridete realmente di più, cioè siate più felici e vivrete più a lungo.
Convinti? Ancora no? Non ci credo…
Allora aspettate il prossimo post… Sarò felice di condividerlo con voi.
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