In questi giorni sono tra coloro che assistono agli insegnamenti di Sua Santità il Dalai Lama in Toscana. Quest’anno gli insegnamenti riguarderanno la saggezza e l’etica della compassione. Così ora vi voglio parlare di una forma di compassione, la selfcompassion. Credo che sia la prima che dobbiamo sviluppare…
Provare compassione significa essere toccati dalla sofferenza degli altri, senza evitare il contatto e senza distaccarsi, in modo da lasciar emergere un sentimento di comprensione, gentilezza e desiderio di cura. Provare compassione significa anche offrire un atteggiamento di comprensione non-giudicante nei confronti degli errori che vengono visti nel contesto della condivisione dell’umana fallibilità.
Avere selfcompassion significa essere aperti nei confronti della propria sofferenza, senza evitarla o senza disconnetterci, con il desiderio di alleviarla e di curarci con gentilezza e amorevolezza.
Centrale è il poter guardare con un atteggiamento di non giudizio per le proprie inadeguatezze e i propri fallimenti.
Niente a che vedere con un atteggiamento eccessivamente egocentrico. Tra l’altro spesso le persone egocentriche vivono accompagnate da un dialogo interiore aspro e aggressivo nei confronti di se stesse.
Se abbiamo compassione verso noi stessi, allora abbiamo anche la capacità di provare compassione nei confronti degli altri perché riconosciamo la nostra interconnessione e uguaglianza nei confronti degli altri.
La selfcompassion ci fa anche da base sicura per affrontare ciò che vogliamo cambiare. Nessun cambiamento infatti è possibile se prima non ci sentiamo sicuri, come dimostrano con efficace sintesi le ricerche di Porges e il trattamento sul trauma di Pat Ogden: l’atteggiamento di selfcompassion ci permette di vederci senza timore come siamo e solo da questa base possiamo partire per trasformare ciò che non va.
Eccovi allora le tre componenti della compassione:
- gentilezza verso se stessi che si estende a un atteggiamento non giudicante;
- comprensione della interconnessione tra tutte le persone che rende la nostra esperienza di dolore simile a quella di tanti altri ma, anche, che rende il nostro dolore l’altra faccia del dolore dell’altro;
- mindfulness, ossia la capacità di avere una consapevolezza equilibrata dei pensieri e delle emozioni senza cadere in una sovra-identificazione.
Provate a vedere quanto siete davvero compassionevoli con voi stessi… Potete fare molto per il vostro benessere soltanto cambiando questa attitudine.
Erica F. Poli
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