Il “mio” compagno di viaggio oggi è “malato”.
Che succede quando il “tuo” compagno di viaggio è “malato”? Il tempo si ferma. Un altro tempo compare.
Lui torna bambino, accetta nomignoli, chiede tenerezze. Ti spinge a proseguire il viaggio mentre lui aspetta… Vai in spiaggia, prendi il sole… Tornerai più tardi… Lui ti aspetterà nel dormiveglia della febbre.
Ma in fondo perché? Perché andare via?
Un giro in bicicletta per prendere qualcosa che serve… Assapori il sole, la brezza, il mare invitante. Eppure hai voglia di tornare.
Non è che pensi “devo tornare” o “torno così lui è contento”… oppure “torno perché ha bisogno di me”. Non ha bisogno di te, può benissimo riposare da solo, e tu potresti godere del sole e del mare anche senza di lui.
Ma è il vostro viaggio. Ha senso così. Con quello che porta.
Il tempo della sua “malattia” cosa conterrà che parla di voi? Cosa condurrà da sperimentare? Nulla è negativo di un viaggio. È la storia di quel viaggio. Il resto, banalità.
Le virgolette su “mio” e “tuo” all’inizio del post, perché non possediamo nessuno e nessuno ci possiede. Possediamo soltanto il presente mentre lo viviamo.
Le virgolette sulla “malattia” perché la malattia non esiste, è una risposta intelligente a un conflitto, un messaggero che porta un messaggio.
È per quello che è così interessante…
Erica F. Poli
Concordo pienamente quanto ha esposto in modo semplice e diretto, ho letto anche quanto sostiene sulla felicità ed a momenti mi commovuevo per quanto mi sono sentito compreso mi sono detto allora non sono pazzo ad essere felice nonostante non abbia un buon lavoro, una buona relazione familiare, una bella macchina, la possibilità di andare al ristorante tutte le settimane, la mia squadra per cui tifo sono anni che non vince lo scudetto avrei quasi tutto per essere infelice ma non lo sono .
Questo post, oltre ad essere una spiegazione squisita di una coppia san(t)a e di un san(t)o rapporto con sé stessi, è una poesia, Erica. E come tale mi ci perdo… e me la gusto.